mercoledì 23 ottobre 2013

Xera, la ragazza con la spada (pag.21)

L’oscurità circondò tutto il lago, proprio come in una notte senza luna e questo rese i giovani amici ancor più spaventati, <<È tutta colpa mia!>> disse tremante Elesya, nascondendo la testa dietro le spalle dell’amica, per la paura. <<Cerchiamo di rimanere in silenzio, non voglio che ci punisca come ha fatto con quell'albero dietro di noi>> suggerì Reilhan bisbigliando, ma non finì nemmeno la frase che un altro fulmine piombò così vicino al gruppo, da farli cadere tutti al suolo per il forte boato. 

I ragazzi erano storditi: Keldas posò la sua amata sul prato con molta cura, facendole da scudo con il corpo mentre Xera ed Elesya, ancora vicine, cercarono con gli occhi il resto dei compagni, per accertarsi che stessero bene. La giovane guerriera tentò di dire qualcosa ma prontamente il novizio le suggerì, con lo sguardo, di rimanere in silenzio, <<Voi esseri imperfetti, non avrete più occasione di parlare o di muovervi, siete al cospetto del Signore della Foresta>>.

Il terrore ormai attanagliava i loro cuori; Elesya non riusciva a smettere di piangere e Xera la stringeva a se per farsi coraggio, i due novizi, invece, presero atto della loro debolezza e Keldas il più disperato del gruppo, contro ogni logica si alzò in piedi e disse <<Non volevamo contaminare il lago con la nostra presenza …!>>, 

<<Taci umano!>> gli intimò Chundra, interrompendolo bruscamente, 
<< Come hai osato parlare senza che io te l’abbia ordinato! >>, Keldas, però, continuò <<Io devo confessare! È solo colpa mia se queste persone hanno invaso la tua dimora! Se vuoi punire qualcuno, devo essere io e nessun altro>>. 

Le nuvole si fecero sempre più minacciose e forti tuoni risuonarono nel cielo, tutti ormai temevano la caduta di un'altra saetta da un momento all'altro.  Norwen cercò di afferrare la giovane Leva per indurlo a riflettere, ma fu inutile poiché cadde l’ennesimo fulmine, non lontano dal gruppo, che costrinse l’arciere a indietreggiare. 

<<L’unico che può decidere delle vostre vite è il Signore della Foresta! Non sia giammai scritto, che la divinità della notte sia asservita a un umano, né ora né mai!>> sentenziò e con un rapido balzo, dal centro del lago, giunse dinanzi a loro l’Hulfùr bianco più grande che avessero mai visto.
Il suo manto aveva riflessi argentei, i suoi occhi erano più scuri della notte, il corpo era possente e tutti i muscoli erano tesi e pronti ad attaccare. 
<< Umano, tu sarai il primo, ma non temere, poiché questa notte, non sarai il solo a camminare nel regno eterno, anche i tuoi amici  presto ti seguiranno>>, alzò la zampa sopra la testa di Keldas, ma quando fece per colpirlo una freccia la sfiorò <<Se questo deve essere il mio ultimo giorno di vita, lo onorerò lottando! Ho una reputazione da difendere>> disse l’arciere abbozzando un sorriso.

L’Hulfùr si liberò del dardo velocemente, non essendo stato scalfito nemmeno il manto e in preda all'ira, iniziò a ululare, intonando un selvatico canto di battaglia. Con un altro balzo raggiunse il resto del gruppo e ringhiando loro, fece un rapido movimento con l’arto e li scaraventò a diversi metri: tutti ad eccezione di Shùly, che come nulla fosse accaduto, giaceva ancora lì, inerme, sul prato. 

<<Non toccarla!>> urlò Keldas ma la bestia, fingendo di non aver sentito, si avvicinò alla ragazza, incuriosito. La annusò e continuando a osservarla con molta attenzione, le camminò intorno <<Chi è costei?>> disse la divinità <<è la mia amata Shùly!>> rispose il giovane, cercando di non suscitare ulteriore rabbia nell’Hulfùr. <<La tua amata è condannata: stolta ha respirato il fiore del sonno perpetuo, non c’è più speranza per lei ormai>> decretò e allontanandosi dalla fanciulla addormentata, si diresse verso il centro del lago, senza più alcun desiderio di vendetta. 

<<Dacci le tue lacrime così potrà risvegliarsi>> disse allora disperato, non potendo accettare di perdere la sua fidanzata. L’Hulfùr si fermò improvvisamente <<Per questo siete qui? Per rubare? Depredare? Privarmi della mia sposa? Su di voi ricada l’ira del Signore della Foresta poiché non c’è perdono per i ladri!>> girandosi fece uno scatto verso la giovane assopita pronto a ucciderla, così senza nemmeno pensarci, Xera afferrò la sua spada e con tutta la forza che aveva in corpo, cercò di ferire la bestia; L’Hulfùr si fermò e guardando la guerriera le disse << Pensi davvero di potermi ferire? Sei una ragazzina sciocca e incauta, probabilmente ti avrei ucciso per ultima, adesso, però sarai la prima!>>, alzò ancora la zampa e con violenza la schiacciò. 

<<XERA!>> gridarono tutti increduli, ma della ragazza non s'intravedeva nulla, travolta dal possente arto della bestia. Tutti pensarono al peggio, sino a quando non lo risollevò con dolore indietreggiando, solo allora videro la fanciulla, con la spada puntata verso l’alto, bagnata dal sangue dell’ Hulfùr. La guerriera si alzò, i capelli rossi le ricadevano sciolti sulle spalle, intrisi anch'essi del sangue di una vecchia ferita riaperta; nella mano una spada e nello sguardo voglia di combattere.

<<Sembra un’altra persona>> disse Elesya spaventata ma lieta di sapere la sua amica, in vita, <<Davvero?>> ironizzò il Novizio << A me, invece, pare la solita testa calda impulsiva che agisce senza riflettere!>> e fortemente preoccupato, si preparò a sfoderare il martello. Xera sollevò la spada corta, non avrebbe mai pensato che vederla ricoperta di sangue, sarebbe stato così difficile da sopportare: ripensò allora, a quando da bambina giocava alla guerra, ignara di ciò che i soldati provassero davvero, una volta costretti a colpire. 

<<Sciocca o meno, ma non ti permetterò di aggredire una fanciulla inerme, per quanto tu possa essere forte, per me resterai solo un gran codardo! >>. L’Hulfùr ululò ancora una volta e con uno scatto fulmineo raggiunse la guerriera, difesa, questa volta, dal tempestivo Novizio che con il maglio intercettò l’attacco della divinità, colpendo lo stesso arto, ferito in precedenza dall'amica. 

I due ragazzi si spalleggiarono pronti a ricevere un altro assaggio della forza di Chundra, ma ciò non avvenne poiché un raggio di sole, trafisse le nere nubi, avvolgendo il corpo dell’Hulfùr come fosse una barriera. La Bestia alzò lo sguardo al cielo e privo di rabbia nel cuore si adagiò sul prato, mentre la sua ferita iniziò a rimarginarsi.

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