giovedì 4 luglio 2013

Xera, la ragazza con la spada (pag. 4)

Come ogni mattina, la giovane Xera, si preparava per iniziare una normale giornata di lavoro nei campi. Aiutava volentieri Annabell, soprattutto perché, da quando suo padre era mancato, erano sole. Tuttavia il desiderio più grande della fanciulla era quello di intraprendere la vita del condottiero, volontà che non celava in nessun momento soprattutto se a pagarne le conseguenze erano poveri Yak indifesi. Xera era ben conscia però che questa scelta comportava dei sacrifici, come il dover lasciare sua madre da sola, partendo alla volta di Nortor, per sottoporsi a un duro addestramento al quale solo in pochi sopravvivevano.

Aveva quasi finito di sistemare alla buona, la folta chioma, con un grosso e goffo fiocco rosso, donatole con la speranza di renderla un po’ più femminile, quando notò che ormai i suoi capelli erano diventati tanto lunghi quanto quelli di sua madre. Nonostante avesse l’indole di un ragazzo, amava portarli così perché la rendevano simile ad Annabell e anche se quella chioma, non si sarebbe mai accostata a un’armatura da guerriero, non aveva intenzione di rinunciarvi per nessuna ragione al mondo. 
Finì di spazzolarli e scese le piccole scale della soffitta, che ormai era diventata la sua stanza. La cucina era stranamente calma e come sempre molto ordinata. Tutto era riposto con cura e sul tavolo, coperto da un ritaglio di stoffa bianca, vi era una gustosa colazione che Xera non tardò a mangiare, era risaputo che i biscotti di Annabell fossero i più buoni di tutta Dalihan.  

Mentre mangiava, udì il trotto interrotto di un cavallo, dinanzi alla porta di casa. La sua prima reazione fu di serrare la mano attorno alla lama artigianale che portava sempre con sé, legata alla cintura. Con molta cautela, tentò di raggiungere la finestrella della cucina, per potersi accertare che non fosse un nemico, poiché per quanto la loro dimora poteva essere distante dal luogo d’impatto del meteorite nero, non era esente, a volte, dall’attacco di emissari un po’ troppo ligi al dovere e che fortunatamente erano facilmente spazzati via dai numerosi condottieri che si trovavano a passare da quelle parti.

Non fece in tempo però ad avvicinarsi, che una voce profonda e molto autoritaria disse <<Sono il maestro di spada Lion della Fiamma Bianca, non un nemico per chi vive in questa dimora. Riponete le vostre armi poiché la mia lama,  forgiata per la giustizia, non verserà mai sangue innocente>>.
Xera sobbalzò quando udì quelle parole; come faceva quell’uomo a sapere, che qualcuno in casa, stesse brandendo un’arma? Eppure la sua voce era molto rassicurante e cosi, senza trovare ragioni per ribellarsi a tale richiesta, ripose la lama e aprì l’uscio senza esitare oltre. Dinanzi ai suoi occhi si rivelò un uomo imponente. Aveva lo sguardo fiero, era alto e il suo corpo era avvolto da una scintillante armatura d’argento lunare, che brillava come se fosse stata appena lucidata. Non vi erano molti decori su questa, solo semplici incisioni di fiamme bianche. Alla sua cintura era legata con un’elsa, anch’essa d’argento lunare, una spada che brillava di luce propria. Anche se Xera era priva di qualsivoglia esperienza di guerre ed armi, riusciva perfettamente a sentire il potere che proveniva da quella lama candida e quasi pacifica. 

Dopo qualche minuto di totale stupore da parte della ragazza, il guerriero la riportò alla realtà schiarendosi la voce e in tono formale le disse <<siete voi che rispondete al nome di Xera, figlia di Annabell Rouster e di …>> il cavaliere s’interruppe per un momento e poi riprese come nulla fosse con la sua formula quasi di rito <<Siete voi dunque la fanciulla in questione?>>.
 Xera non riusciva capire perché tanta formalità e soprattutto si chiedeva come facesse quell’uomo a conoscere il nome di sua madre.
<<So ... sono io!>> rispose prendendo un po’ di coraggio, al che il cavaliere, con fare sempre autoritario, prese una strana pergamena di color dell’oro, dalla sua bisaccia, tolse il sigillo in ceralacca e aprendola con molta serietà, cominciò a leggere ad alta voce.

<<Nella qui presente terra di Dalihan, al cospetto della candidata Xera, regolarmente iscritta presso il registro del regno di Nortor, si prenda atto che, entro tre giorni dalla lettura di questo comunicato, dovrà presentarsi presso il porto di Libra, per intraprendere il viaggio che la condurrà, sull’isola di Horsia, luogo in cui si terrà  la sfida fra giovani leve, che hanno scelto di percorrere la via della giustizia. Questo atto reso vincolante dalla presenza di un maestro di spada e dal consenso genitoriale della candidata, brucerà alla fine del terzo giorno stabilito>>.

Xera non poteva credere a quello che stava succedendo, comprendeva con difficoltà quei paroloni cosi formali, eppure aveva capito la cosa più importante, era stata scelta per prendere parte alla competizione che si teneva ogni anno sull’isola di Horsia; avrebbe potuto intraprendere finalmente, la via del guerriero e magari, un giorno, diventare forte e valorosa come quel maestro.
Non poteva, però, fare a meno di ripensare a un'altra frase, tanto importante quanto la precedente e subito non tardò a chiedere spiegazioni in merito. 
<<Consenso genitoriale? Maestro Gatton stai dicendo che mia madre, Annabell di Dalihan, vuole che io diventi una guerriera? Mi prendi in giro?>>.
Il cavaliere, visibilmente accigliato dal linguaggio poco consono della ragazza, ma soprattutto dall’errata pronuncia del suo nome, rimproverò, con i suoi occhi severi, Xera e ricomponendosi rispose
 <<Noto che, nonostante non abbiate ricevuto alcuna istruzione, in merito al protocollo corretto con cui rivolgersi ad un Maestro di spada e spiacente di doverle far notare che il mio nome, ragazza, non è Gatton, bensì Lion di Sihlya, siate in grado, perlomeno, di comprendere il testo, seppur in parte, di un atto formale come questo,  risparmiandomi l’onere di dove spiegare i punti salienti di tale editto>>.

Xera era quasi sicura che non fossero complimenti le parole pronunciate dal maestro, tuttavia non era nella posizione e nella condizione di poterlo sfidare, almeno per ora. Nella sua testa però, già immaginava il giorno in cui lo avrebbe ridotto in polpette di Yak. Il suo sogno tuttavia durò relativamente poco poiché temeva, a causa dell’episodio precedente, che Lion sapesse, in qualche modo, leggere la mente. Continuò a ripensare alla frase sul consenso, non poteva ancora credere che sua madre fosse d’accordo, dato che non aveva mai perso occasione per ammonire i suoi atteggiamenti “poco femminili”, ma soprattutto sapeva quanto Annabell odiasse profondamente la guerra.

Xera alzò gli occhi, guardò un po’ intimorita Lion e senza esitare, tese la sua esile mano verso il valoroso condottiero per ricevere la pergamena dorata. Solo quando la strinse diventò tutto reale. Riusciva a percepire una particolare energia provenire da quel pezzo di carta arrotolato, era come se in mano tenesse il suo destino.

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