venerdì 9 gennaio 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 119)

Zabora afferrò la guardia della spada con entrambe le mani e senza molto sforzo la conficcò nel terreno. Rapido strinse l’impugnatura con la mano destra, mentre con la sinistra ruotò il pomolo di bronzo in senso orario, fino a che non l’ebbe separato dal resto dell'elsa. <<Ti sembra il momento di far manutenzione?>> domandò esasperato il Novizio dopo essere stato bersagliato dall'ennesimo sciame di frecce. <<Pensa piuttosto a prepararti, tra poco avrai la tua occasione>> rispose il guerriero senza neanche guardarlo. Il pomolo era tondo, simile a una sfera, davvero comune per quel tipo di spada. Reilhan continuò ad aspettare in silenzio, tuttavia la barriera era sul punto di cedere e di tempo ne avevano sempre meno. Zabora risollevò la spada e quasi bisbigliando, fece cenno al curatore di tenersi pronto. Tutto accadde in pochi secondi. La barriera s’infranse a causa di un nuovo attacco dell’arciere e bersagliati da un nugolo di frecce, Reilhan non poté fare altro che proteggersi con il Maglio cercando di limitare i danni. Nel momento in cui la calma sembrò essere tornata, il curatore notò con stupore di non essere stato trafitto. Dinanzi a lui, infatti, vi era un muro di metallo, uno scudo per la precisione, ancorato al braccio di Zabora. 

<<ADESSO!>> urlò il ragazzo fiondandosi sul nemico e Reilhan lo seguì. <<Resta dietro di me>> gli intimò durante la concitata corsa che lo condusse a pochi passi da Norwen. L’arciere però fu molto agile e poiché la vicinanza non giocava a suo favore, arretrò rapidamente urtando con la schiena il tronco di un albero secolare. Spalle al muro e con il guerriero che avanzava, Norwen tese l’arco fin tanto che il braccio rotto glielo permise, riuscendo a evocare un nuovo sciame di frecce che tuttavia nulla poté contro il possente scudo. Zabora riuscì subito a riconquistare terreno, caricando gli ultimi metri con tutta la forza che aveva. L’impatto fu assordante; il guerriero, infatti, si era schiantato contro il tronco, perché l’arciere era riuscito a scansarlo arrampicandosi sull'albero. Ancora scombussolato Zabora si risollevò, ma quell'attacco fallito gli era costato lo scudo rendendo vano il suo piano. Norwen si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto e in un lampo fu alle spalle del ragazzo, pronto a colpirlo senza pietà. 
Una lama nero peltro all'improvviso gli sfiorò la base del collo. Era fredda e affilata per cui non osò muovere un solo muscolo. L’arciere riuscì a percepire il battito calmo del nemico alle sue spalle farsi pian piano veloce e incalzante, ma la minaccia di quella lama era troppo vicina per azzardare una contromossa. 

<<Credevi sul serio che un comune gas potesse mettermi fuori gioco?>> asserì la Hem premendo il filo del pugnale contro la pelle di Norwen. <<Ci speravo più che altro!>> ironizzò il ragazzo. Mihrrina impallidì ascoltando il suono della sua voce, <<Norwen …>> sospirò roca. <<Non conosco alcun Norwen!>> ribatté l’arciere infastidito e approfittando di quell’attimo d’esitazione, si sottrasse dalla presa della Hem. Mihrrina tuttavia vantava un duro addestramento alle spalle, senza contare l’innata precisione che la spinse a lanciare il suo pugnale bloccando il mantello di Norwen contro il tronco di un albero. Sapendo che l’espediente non lo avrebbe fermato a lungo, dalla tasca afferrò una piccola cerbottana che puntò contro il suo amato. Un unico soffio le bastò per colpire il collo del ragazzo con una spina avvelenata. <<Il veleno paralizzerà il tuo corpo, ma sarai in grado di muovere soltanto la testa>> lo informò. << Reilhan, potresti …>>, <<Lascia fare a me>> disse il curatore anticipandola. Il veleno era entrato in circolo e proprio come aveva anticipato la Hem, Norwen poté muovere solo il capo. Reilhan ne approfittò per studiare la runa più da vicino e imponendo il palmo sinistro sulla fronte del ragazzo, recitò una breve preghiera in lingua antica. Una calda luce scaturì dalla sua mano e sebbene il suo aspetto fosse rassicurante, Norwen iniziò a urlare dal dolore. 

<<Che cosa gli stai facendo?>> lo interruppe Mihrrina preoccupata per il ragazzo, ma Reilhan la ignorò. Più Norwen urlava e più Mihrrina era in pena, fino a che incapace di riflettere, si scagliò contro il Novizio per interrompere la cura. Fu Zabora a bloccarla afferrandola per i fianchi <<Stai calma Capo, vedrai che andrà tutto bene>> la rincuorò. Al culmine del rito, Norwen sembrò aver ritrovato il suo vero aspetto, ma un fulmine amaranto costrinse il curatore a fermarsi. La saetta cadde su dei cespugli retrostanti ardendoli all'istante. Sia Mihrrina sia Zabora si armarono di spada e pugnale ma un nuovo fulmine li investì in pieno, lasciando il guerriero a terra privo di sensi e in pericolo di vita. Mihrrina invece era stata ferita in maniera superficiale, grazie alla sua innata velocità che le aveva permesso di evitare il colpo. <<Zabora!>> lo invocò sperando in una sua risposta, ma il ragazzo respirava a stento. Mihrrina, in preda alla collera, si liberò del pugnale, per poi afferrare le due daghe gemelle e scatenare così la sua piena potenza. Reilhan si voltò per osservare meglio la scena, ma non osò separarsi da Norwen per non rendere vano il suo intervento. Fu allora che con la coda dell’occhio vide un’ombra muoversi alle spalle di Mihrrina che non poté avvisare in tempo, poiché fu subito immobilizzata e messa fuori gioco da qualcuno più veloce di lei. 

Il curatore non lo scorse a lungo data la notevole rapidità, ma riuscì comunque a individuarlo notando il movimento innaturale del fogliame. Il corpo di Faiha si fece improvvisamente pesante, ricadendo su stesso in posizione supina. Anche lei era stata colpita e di lì a poco Elesya avrebbe fatto la stessa fine. Reilhan si risollevò in fretta, la preghiera era ormai conclusa e della runa non vi era più traccia, se non un vago alone sul palmo del curatore. Armato di Maglio corse verso l’amica in pericolo, ma giunto a metà strada avvertì qualcuno dietro di lui. Riuscì a evitarlo agendo d’istinto, tuttavia il secondo colpo arrivò fulmineo. Un dolore lancinante alla bocca dello stomaco lo fece barcollare, il suo avversario, infatti, gli aveva assestato un pugno costringendolo a terra per il forte dolore. Una precisa gomitata dietro la nuca decretò infine la sua sconfitta. <<Ora resta la guerriera e poi l’artefatto sarà mio>> sibilò muovendosi rapido verso Xera, ancora svenuta a causa del gas che aveva respirato. Il nemico estrasse una daga dal fodero sul suo fianco e puntata al petto della fanciulla, affermò: <<Un saluto speciale da parte del mio padrone. Addio Rouster!>>.

Una luce abbagliate alle sue spalle però, gli impedì di affondare la lama nel cuore della guerriera attirando la sua attenzione. Nel momento in cui l’uomo si voltò, vide qualcuno osservarlo con uno sguardo gelido. Il suo aspetto emaciato e stanco contrastava con l’espressione dura del suo viso che a tratti incuteva timore, benché fosse solo un'esile fanciulla. <<Allontanati da lei>> gemettero in coro due voci che tuttavia provenivano dalla stessa persona. L’aggressore trasalì ma non si tirò indietro, al contrario si risollevò in fretta pronto ad attaccare. Fu allora che una risata agghiacciante lo impietrì dalla testa ai piedi, <<Stupido! Credi sul serio di avere qualche speranza>> lo incalzarono, <<Sei un fantasma in un corpo stanco, sei tu a non avere alcuna possibilità>> ribatté evocando un bastone di legno, attraverso cui materializzò dei fulmini color amaranto. Tutti andarono a segno generando una coltre di fumo che oscurò la scena. Il nemico sospirò di sollievo pensando di aver vinto, soltanto quando il fumo si placò poté appurare che Elesya era invece ancora in piedi ma soprattutto completamente illesa. Una barriera porpora circondava il suo corpo, proteggendo la ragazza dalla magia del suo avversario. <<Te la sei cercata!>> mormorarono le due voci. Afferrato il bastone di legno e metallo con entrambe le mani, Elesya lo spezzo a metà separando la punta dalla base. La parte in metallo fu gettata a terra con noncuranza e al suo posto la maga afferrò l’artefatto. 

<<Cosa credi di fare, consegnami il teschio e sarai libera!>> affermò l’aggressore senza tuttavia intimorire la fanciulla. Con la testa di Nephes nella mano sinistra e la base del bastone nella destra, sollevò le braccia al cielo invocando una formula in una lingua sconosciuta. Ogni parola andò a incidersi sulla barriera, come una sorta di codice e al culmine del rito, con un rapido movimento degli arti fuse i due oggetti in uno solo. Un bagliore accecante costrinse l’uomo a coprirsi gli occhi e soltanto dopo alcuni minuti fu in grado di tornare a vedere. Tra le mani della giovane maga c’era qualcosa di sconcertante, una nuova arma che indusse il suo avversario ad arretrare. Il bastone di legno, infatti, si era trasformato; la base aveva eguagliato l’altezza della fanciulla, mentre sulla punta erano nati dei rami, simili a delle dita affusolate, che reggevano l’artefatto ormai parte integrante della staffa. <<Ti presento Vheles, il divoratore di anime>> sentenziarono le due voci nel corpo di Elesya. <<Pentiti delle tue azioni e sarai salvo>> aggiunsero. L’uomo restò in silenzio e in preda al terrore, le voltò le spalle rifugiandosi nella fitta vegetazione. Elesya batté il bastone al suolo e dagli occhi cavi del teschio fuoriuscirono gli anelli di due catene spesse e pesanti. Queste si mossero acquisendo man mano velocità e infine avvolsero il corpo dell’aggressore, immobilizzandolo una volta per tutte. 

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