martedì 13 ottobre 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 179-180)

Il Luàn si fiondò sul cane non morto e prima ancora di poterlo raggiungere, la giovane maga lo bloccò al suolo con spesse catene color pece. La sua evocazione ebbe così la strada spianata per il suo contrattacco, che gli permise di assestare all'avversario una serie di morsi disseminati su tutto il corpo. I lamenti del Luàn si propagarono per l’intero cono vulcanico, al pari delle urla stizzite della Paramal. Madame Taròt allora decise di far nuovamente ricorso ai suoi poteri e di nuovo, dal mazzo di carte che le volteggiava intorno al corpo, ne scelse una che tramutò in carne ed ossa con una semplice formula magica. Del vapore sottile ricoprì all'improvviso la superficie rocciosa del vulcano, che a causa dei continui sussulti generati dai combattimenti in corso, si fece sempre più instabile. Il vapore circondò le caviglie della giovane maga e lo stesso fu per la sua evocazione. Poi a un tratto una figura imponente si materializzò, il cui aspetto tuttavia fu rivelato soltanto quando il vapore magico si diradò del tutto. Non era un comune essere umano ed Elesya, per un qualche strano motivo, iniziò a tremare a tal punto da non essere più in grado di reggere Vheles, che però non cadde a terra, poiché ben piantato nel terreno.
L’essere aveva delle spalle imponenti, un fisico prestante e dei capelli che ricadevano sul suo corpo, doranti come il sole del mattino. Il suo viso era pallido e a tratti rattristato, forse a causa della spessa catena attorno al suo collo e non solo. Alle sue spalle due ali, anch’esse dorate, erano costrette, dallo stesso giogo, a restare immobili e serrate. 

I suoi abiti baluginavano, sebbene non vi fosse il sole a illuminarli; di pregiata fattura, la seta dello stesso colore dei fiumi, si adagiava alla muscolatura esaltandola e rendendo la sua figura quasi eterea. I suoi occhi erano ancora chiusi, benché fosse stato evocato da alcuni minuti, ma Elesya non osò innalzare il suo sguardo su di lui, pur non comprendendone il motivo.
La voce della Paramal interruppe il silenzio e sorridendo compiaciuta, esortò la sua evocazione a obbedire ai suoi ordini. Poi, con un gesto inconsueto, spostò la mano come se stesse stringendo qualcosa d’invisibile. Al movimento si contrappose una strana reazione dell’essere, che strinse gli occhi a causa della pressione intorno al suo collo, che per qualche secondo si fece opprimente.
<<Ricordati a chi appartieni!>> sussurrò la donna, costringendolo ad agire suo malgrado.
Elesya se ne stava con il viso basso, fissando per qualche strano motivo il terreno sottostante. Dei brividi le percorsero la schiena e una strana sensazione di disagio s’impossessò del suo corpo. Man mano che la creatura si spostava di qualche passo, i brividi aumentavano e l’aria divenne subito pesante.
A un tratto la creatura si fermò. Distava pochi passi dal suo avversario e avanzare oltre sarebbe stato inutile. Elesya allora alzò lo sguardo, temendo un attacco improvviso, ma alla vista del suo viso, la fanciulla si pietrificò. 


Anche l’essere parve vivere lo stesso stato d’animo, ma in balia dei poteri della sua padrona, non poté esternarli.
<<Alzati!>> la esortò. I suoi occhi erano ancora serrati ma Elesya era ugualmente terrorizzata da quella figura così imponente. Fino a che abbandonandosi ai sentimenti che albergavano nel suo cuore, perse il controllo delle sue azioni, << Nithaian>> farfugliò con groppo in gola. Le lacrime bagnarono le sue guance e il suo visto sbiancò. L’essere infine aprì gli occhi, rivelando due iridi color ambra che raggelarono Elesya. <<Benché il tuo sguardo sia cambiato, lo spirito è rimasto il medesimo … Nephes!>> proferì il ragazzo in tono solenne. La Paramal rise di gusto dinanzi alla scena, ma di nuovo esortò il suo schiavo a concludere in fretta la faccenda. <<Ti presento la carta “dell’Angelo”>> spiegò tra un ghigno e l’altro. <<Mi dispiace ragazza, ma non è roseo il tuo futuro. È tempo che la punizione per i tuoi misfatti sia inflitta>>. La Paramal ripeté il gesto con la mano, ma questa volta l’essere non ebbe alcuna reazione, impegnato com’era a fissare la fanciulla ai suoi piedi.
<<P-Perché?>> biascicò la giovane maga a causa delle lacrime e per tutta risposta l’essere s’inginocchiò accanto a lei. I suoi occhi profondi la scrutarono sin nel profondo e per qualche strano motivo, la giovane maga se ne vergognò. 

<<Quanta purezza alberga in questo corpo … e quanta malvagità>> disse senza distogliere lo sguardo. Elesya sbarrò gli occhi dallo stupore per quell’affermazione e di nuovo perse il controllo delle sue azioni. <<Sono io la responsabile delle tue pene!>> gemette in tono contrito, ma sul viso di Nithaian non si palesò alcun sentimento, quasi fosse diventato un guscio vuoto. <<Sei colpevole, sei impura!>> esclamò con gli occhi fissi su di lei, <<Le tue mani hanno spezzato delle vite>> continuò, <<Devo punirti!>> aggiunse infine.
Nephes sapeva che quanto proferito corrispondeva a verità, ma il tono del ragazzo la ridestò bruscamente. <<Tu non sei lui>> mormorò a denti stretti, chinando il capo. <<Sarebbe forse un sollievo per te sapere che questo corpo è una mera copia di lontano ricordo?>> domandò la creatura, << L’essere che tu chiami Nithaian è scomparso ormai da tempo … perché le tue azioni lo hanno ucciso>>.
Nephes restò immobile, il giorno della resa dei conti era arrivato e forse in fondo le stava anche bene cosi. Elesya però non fu d’accordo, <<Ti sbagli!>> proferì la giovane maga con la sua stessa voce. <<Io ho visto come sei morto! Non so se quelle immagini fossero il frutto di un sogno o di un’allucinazione, ma ho visto tutto. Qualcun altro è responsabile della tua morte e se affermi il contrario, allora vuol dire che non sei tu il vero Nithaian>>

Fu un gesto fulmineo quello della giovane maga, che afferrato Vheles, lo utilizzò per attaccare l’essere angelico. Sebbene il colpo fosse stato assestato da poca distanza, Nithaian non fece fatica a bloccarlo con l’ausilio del suo braccio, che respinse la staffa e con lei la giovane maga. Le mani di Elesya iniziarono a dolerle a causa delle violente vibrazioni dell’arma, ma fu in quel frangente che comprese cosa fare. Si allontanò allora di qualche passo, piantò Vheles nel suolo e lo puntò in direzione dell’essere. Le catene si materializzarono dalle orbite dell’artefatto e si andarono ad avvolgere intorno al corpo dell’Angelo, ostacolandone i movimenti. La Paramal rise ancora una volta dinanzi alla semplicità di quelle azioni <<Come se quelle catene potessero tenere a bada il mio servo>> sospirò riprendendo fiato. <<Sei ridicola>> aggiunse.
Elesya non badò ai discorsi della megera e Madame Taròt s’indignò <<Se non vuoi capirlo con le buone … Uccidila mio prediletto>> ordinò  sicura di sé. Per un solo istante la giovane leva rabbrividì, poi, però, ricordando il suo intento, ritrovò la concentrazione. L’essere angelico aprì le braccia, bloccate dal giogo di Elesya e lo allargò man mano che gli anelli incominciarono a cedere. Infine, con un ultimo gesto, li spezzò del tutto riconquistando la libertà o almeno parte di essa. Madame Taròt non riuscì più a contenere il suo stato d’animo e in preda all’euforia, le scagliò contro anche la bestia evocata in precedenza <<Non hai più alcuna possibilità>> urlò al culmine della gioia. 

Il Luàn le balzò addosso e lo stesso fu per l’essere angelico, quando improvvisamente Elesya esclamò: <<ADESSO!>>.
Una luce abbagliante avvolse le due creature: calda e confortante ma allo stesso tempo implacabile. La bestia si dissolse in pochi secondi, mentre l’essere angelico rimase immobile. I frammenti delle catene di Elesya si erano fusi con il giogo che gli bloccava il collo e le ali, per poi ridurlo in cenere in sinergia con la luce che lo aveva avvolto. <<Sei libero, adesso!>> affermò qualcuno alle sue spalle. L’essere si girò e dinanzi a lui si palesò un ragazzo che stringeva un Maglio avvolto da fiamme candide. I suoi abiti superiori erano logori, lasciando così intravedere dei simboli arcani che si erano propagati sino al polso. Nithaian si tastò il collo e infine spalancò le ali come aveva desiderato fare da tempo. <<Nithaian!>> gemette Nephes fissando l’essere, che le corrispose uno sguardo compassionevole, <<Non farmi aspettare troppo!>> mormorò il ragazzo prima di svanire del tutto.
<<Tu! Maledetto. Che cosa hai fatto al mio servo>> inveì la donna. <<Che domande: io sono un curatore, perciò l’ho guarito … e non solo lui>>. La donna volse lo sguardo più in la e poté scorgere la fanciulla dai capelli scarlatti, impugnare Rhinvel e nient’altro. Il suo corpo era incolume e traboccante d’energia, al contrario del suo avversario che parve provato, ma non sconfitto. Anche Elesya si sentì rinvigorita e pronta ad affrontare chiunque si fosse parato dinanzi. 

Madame Taròt divenne verde dalla rabbia <<Io vi odio, vi odio>> ripeté fino a restare senza fiato. <<Elesya è il tuo turno>> la esortò il curatore, <<D’accordo!>> ribatté la fanciulla e di nuovo fece ricorso alla fattura che più di una volta le aveva salvato la vita. Le catene avvolsero la Paramal dalla testa ai piedi e per quanto la donna si dimenasse, a nulla servirono le sue azioni.
Dall’altro lato del vulcano Xera era ancora alle prese con il Segugio, che più volte si dimostrò essere un avversario al di sopra delle sue possibilità, se non fosse stato per il fatto che anche le sue energie iniziarono a scarseggiare. Gholja si rese presto conto che, di lì a poco, gli altri due ragazzi lo avrebbero attaccato e con la Paramal fuori gioco, i suoi piani avrebbero subito una brusca deviazione. La battaglia per lui era persa perciò, come ultimo gesto, decise di tentare il tutto per tutto. Si chinò così su se stesso, concentrò i suoi poteri nel braccio sinistro e con un’azione repentina, perforò il suolo roccioso. Un violento sussulto fece vacillare il gruppo e costrinse Xera in ginocchio. A questo ne seguirono altri sempre più violenti, che permisero al magma di oltrepassare la coltre rocciosa che proteggeva il cono vulcanico. La pressione della lava diventò instabile e di lì a poco il vulcano sarebbe eruttato, privo ormai della barriera che ne avrebbe bloccato l’impeto.
Gholja si sollevò con molta agilità, si mosse in direzione della statua d’ossidiana e la scalò in un batter d’occhio. <<Portami con te!>> lo implorò la Paramal inerme ma non riuscì a intenerire l’uomo, che la degnò di una risposta solo quando fu sul punto di abbandonare quel luogo. 

<<Non servi più al nostro signore; per lui sei soltanto motivo di vergogna. La tua fine era stata già decisa … è strano che tu non l’avessi capito; non sei così brava come Paramal, dopotutto. Addio!>> le confessò, per poi svanire anch’esso per effetto della magia di trasporto.
La Paramal continuò a pronunciare il suo nome dimenandosi dalla rabbia, ma a nulla servirono le sue azioni. <<Non muoverti!>> esclamò il curatore, <<Ti porteremo fuori da qui, affinché tu possa ricevere la tua punizione>> aggiunse il ragazzo, avvicinandosi alla donna per liberarla dalla stretta, ma la Paramal si ribellò. <<Il mio signore ha bisogno di me; devo andare dal mio signore>> lamentò in pieno delirio. I suoi movimenti divennero più violenti, al punto che Reilhan non poté più neanche avvicinarsi a lei, a causa delle profonde crepe che si vennero a creare sul suolo. La lava fuoriuscì violenta dai solchi del terreno, generando un'esplosione che costrinse il curatore ad allontanarsi sempre più dalla Paramal. E mentre la donna continuava a invocare il suo amato, la lava la avvolse completamente, risucchiandola nelle profondità del vulcano.
Reilhan costrinse le sue amiche a voltarsi, per risparmiar loro quella scena assai truce, mentre allo stesse tempo le esortò ad arrampicarsi sulla statua per non fare la stessa fine. Elesya assicurò le sue catene al collo del gigante d’ossidiana e ne distribuì un’estremità a ogni compagno. Soltanto Xera però indugiò di qualche passo, tornata indietro per riprendersi la sua bisaccia. <<Ti sembra il momento?>> la ammonì il curatore.

Un altro sussulto generò una nuova crepa, che separò i due amici dalla guerriera. Xera restò così bloccata in un angolo del vulcano, mentre i suoi compagni furono costretti a intraprendere la scalata per non finire nel magma. <<Xera!>> urlò il curatore tendendole la mano. La distanza che li separava era molta, per non contare l’altezza. Elesya provò allora a lanciarle una delle sue catene, ma la posizione instabile e il forte calore non le consentirono di esercitare i suoi poteri al meglio. Reilhan invocò di nuovo il nome dell’amica, rifiutandosi di andare oltre senza di lei e ancora una volta le tese la mano <<Xera, fai quello che ti riesce meglio …>> urlò, <<improvvisa, Testa Calda!>>. La guerriera sorrise, <<Non chiamarmi Testa Calda>> ribatté fingendosi indignata. Ripose la spada nel fodero, assicurò la bisaccia e con un movimento preciso, colpì il suolo con il piede. La forza della guerriera costrinse la terra a sollevarsi a mo di passerella e guadagnata una certa rincorsa, si mosse in direzione dei suoi amici, mentre sotto di lei un lago di magma conquistò man mano il cono vulcanico. Alla fine del passaggio spiccò un salto, che le consentì di superare la crepa sottostante e a pochi centimetri da Reilhan, gli tese il braccio. La distanza percorsa tuttavia non fu sufficiente e la fanciulla cadde in basso chiudendo gli occhi. <<Xera>> urlò il curatore terrorizzato, quando una catena scura come la notte avvolse prima il suo braccio e poi i suoi fianchi, impedendole così di finire nella lava.

Reilhan sollevò gli occhi in direzione di Elesya, che gli sorrise facendo l’occhiolino <<Non siete gli unici ad apprezzare le azioni ad effetto>> disse la fanciulla, invitandoli ad accelerare il passo. I tre ragazzi scalarono la scultura, sopportando il calore della lava, che divenne man mano più intenso. Un violento terremoto però destabilizzò le fondamenta della statua, che improvvisamente prese a sprofondare, assorbita anch'essa dal vulcano. I tre ragazzi si mossero più in fretta che poterono per non perdere l’unica possibilità di abbandonare il vulcano, ma il calore iniziò a bruciare i loro corpi e rese le azioni quasi impossibili. Xera poté così raggiugere i due amici, riguadagnando terreno grazie al suo corpo temprato e resistente. Quando infine riuscì a toccarli, prese a spingerli dal basso per aiutarli a salire e così sia la giovane maga, sia il curatore riuscirono raggiungere il capo del gigante d’ossidiana. La cima tuttavia si fece sempre più distante, man mano che la statua sprofondava. Xera allora invitò l’amica a utilizzare le sue catene per scalare la parte superiore di Svaltur ed Elesya non se lo fece ripetere due volte. Legò il giogo ai corpi dei suoi amici e poi con tutta la forza che aveva, si protese per lanciare Vheles oltre il cono vulcanico. Il tentativo fallì ma non tutto andò perduto. La sua evocazione, infatti, fu abbastanza rapida da afferrare la staffa con le fauci e infine balzare oltre il vulcano, così da realizzare i progetti della sua padrona. Essendo però in sintonia con la fanciulla, una volta fuori da Svaltur, il cane non morto continuò ad accusare il forte calore che lo impietrì allo stesso modo di Elesya. La maga tirò più volte la catena per accertarsi che fosse ben ancorata, ma il rapido abbandono della base che li sosteneva, le fece dimenticare ogni altra assicurazione, decidendo di affidarsi alla fortuna. La statua sprofondò ma i tre ragazzi restarono appesi alla catena, che presero a scalare fino a che con le mani non sfiorarono la cima del vulcano. La lava, tuttavia divenne più irruente con il passare dei minuti e priva di controllo, esplose in direzione dell’unica uscita investendo tutto ciò che si parò dinanzi.

3 commenti:

  1. niente male la descrizione... e poi dal caos nasce tutta la bellezza, dall'abisso l'universo... continua a incasinarti la vita... io sono Mimmo, appena possibile ti spio... ciao woman

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