venerdì 21 agosto 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 168)

Madame Taròt fissò il viso contrito del Novizio e ne gioì. Per lei era una magra consolazione poter ripagare i suoi avversari con la medesima moneta. Per un istante tuttavia, non poté non ripensare a quanto fosse cambiata nel corso degli anni e a quanto risentimento covasse nei confronti di un unico uomo. Era proprio quella, infatti, la motivazione che l’aveva spinta a prendere parte a un simile piano. Da come le era stato spiegato in principio, il suo compito sarebbe stato marginale, “Avvicina i tre ragazzi” le dissero e così fece, tutto pur di giungere a quell’agognata ricompensa. E ora, a distanza di un anno, si ritrovava a dover combattere in prima persona, giacché ogni suo piano era miseramente fallito. Questa volta però non era la ricompensa a muovere le sue intenzioni. Nel corso del tempo, infatti, la donna aveva sviluppato un morboso attaccamento verso chi, nell’ombra, le dava ordini; per questo motivo avrebbe fatto di tutto pur di rimanergli accanto. Per decenni la Paramal aveva vissuto una vita solitaria, poiché tutta la sua gente era stata scacciata da Horsia, ecco perché quando un uomo bussò alla sua porta, le parve insolito e bizzarro. La ammaliò sin da subito e in men che non si dica, si ritrovò invischiata dei suoi misteriosi progetti, primo tra tutti: annientare la credibilità di chi l’aveva ridotta in miseria. 

La fortuna tuttavia, le era stata avversa e tutte le sue azioni avevano portato esiti non desiderati, fino a che lo stesso Signore non era stato costretto a intervenire personalmente. Non più una missiva era giunta alla sua porta o comunicazioni segrete che la informassero sul da farsi e Madame Taròt si era ritrovata di nuovo sola. La sua infatuazione le dava una certa vergogna, non era più una ragazzina ormai, eppure la sola idea di non rivedere il volto di quell’uomo non poteva proprio accettarlo; perciò, a dispetto dei piani, decise di intervenire in prima persona. 
Era stato un gioco da ragazzi introdursi nella dimora del saggio, servendosi delle bambole maledette vincolate ai tre ragazzi. In particolare la bambola della guerriera, che le permise di controllare il corpo della fanciulla, per breve tempo, affinché “dimenticasse” di chiudere la porta della sua stanza. Infine le era bastato spingerla nella stanza del Novizio, lì dove poi avrebbe tenuto occupato il resto del gruppo. L’aver udito della prova finale, inoltre, le diede la migliore delle occasioni per portare a termine il suo folle progetto. Si sarebbe impadronita dell’artefatto e di per sé le sarebbe dovuto bastare, ma i tre ragazzi le avevano portato via la fiducia del suo amato Signore e per questo anche loro avrebbero perso tutto, a cominciare dai loro poteri. 

Ricreare una pietra che emulasse in tutto e per tutto l’occhio di Vorantho, fu semplice, la Paramal sapeva che quell’oggetto avrebbe distratto Murdar quanto bastava per aggirare i suoi sistemi di sicurezza. Era risaputo, infatti, che quel tipo di magia aveva creato notevoli problemi all’uomo in passato e che per arginarne gli effetti, si sarebbe chiuso nel suo studio per giorni. A lei ne sarebbe bastato anche solo uno di giorno, per poi svanire senza lasciare tracce. Con i frammenti dei guardiani era riuscita ad annullare la volontà dei due Luàn, intercettando così alcuni discorsi del saggio, secondo cui la prova finale si sarebbe svolta all’interno di Svaltur. Scoprì inoltre che i tre ragazzi vi sarebbero stati trasportati all’improvviso e che le restava quindi poco tempo per predisporre le sue pedine sulla scacchiera. Murdar tuttavia non era uno sciocco, perciò aveva gentilmente invitato un suo compagno d’arme ad assistere alla prova finale. Ed era di certo un caso che quest’uomo fosse anche un membro del concilio, in particolare colui che, durante la presa di Nortor, era riuscito a spezzare una fattura proibita che aveva colpito la figlia del Re. Le sue doti investigative inoltre erano rinomate in tutte le terre di Raifaelia, tanto da affibbiargli l’appellativo di: “Segugio del Concilio”. Nel momento in cui Madame Taròt seppe della presenza del Segugio su Horsia, comprese che il saggio non se ne sarebbe stato a guardare e i suoi piani erano nuovamente in pericolo. La donna continuò a fissare il volto del ragazzo, il suo sguardo era perso ora che la sua lealtà vacillava, non le restava altro che infliggergli il colpo finale e poi avrebbe rivisto il volto del suo amato Signore.

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