martedì 11 agosto 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 166)

Xera alzò gli occhi al cielo e subito cadde in ginocchio sullo spesso strato di terreno che li proteggeva dalla lava sottostante. Le pareti di roccia scura convergevano tutte verso l’alto, superando persino un’enigmatica barriera luminosa, generata da potenti rune. Queste ultime erano state incise sulle mura del vulcano, per impedire alla lava di abbandonare Svaltur. Oltre la barriera, il cielo del mattino; quasi una beffa per i poveri malcapitati, costretti a fissare un’uscita impraticabile. La guerriera si asciugò la fronte madida di sudore con la manica della camicia, mentre con l’altra continuò a stringere la ferita nella speranza che il sangue, alla fine, smettesse di defluire.
Elesya si rialzò servendosi della fida staffa che ne sostenne il peso del corpo; con la caduta si era slogata una caviglia e per lei restare in piedi divenne molto doloroso. Con lo sguardo, allora, cercò Reilhan che da qualche minuto si era allontanato per perlustrare la zona.
Il curatore percorse l'intero perimetro della circonferenza, ipotizzando che, a differenza della loro precedente visita, si trovassero oltre il soffitto di rocce luminose. Era uno spazio caldo e opprimente, benché il soffitto non esistesse. Sfruttando una parete gremita di sporgenze, attribuite a un antico getto di magma solidificato, Reilhan provò a raggiungere la vetta, <<Sta attento!>> urlò la guerriera non troppo distante da lui, ma il Novizio la ignorò, ancora risentito per l’impulsività delle sue azioni. Reilhan giunse così in prossimità della cima: a separarlo dal terreno, circa tre metri d’altezza. 

Spostò quindi una mano sull’ultima sporgenza visibile dalla sua angolazione, con il viso appiccicato alla parete vulcanica, ne percepì il calore che iniziò a farlo sudare. Quando la presa fu abbastanza stabile, una breccia gli consentì di sollevarsi con la gamba sinistra, fino quasi a sfiorare la barriera magica con il capo. Reilhan poté osservare soltanto una delle numerose rune incise attorno al perimetro della vetta e subito ne dedusse che non si trattava di una comune iscrizione magica. <<Rei …?>> Elesya domandò speranzosa se quella fosse una fattura alla loro portata, ma la complessità della runa, lo lasciò senza speranza alcuna. Spinto allora dalla curiosità, distaccò la mano dalla sporgenza e facendo leva col busto, sfiorò l’incisione con le dita. Non accadde nulla ma il cuore fece un brusco balzo in petto, per poi martellargli la cassa toracica con violenza. La mano prese a tremare e all’improvviso si rese conto di quanto in alto si fosse arrampicato. Guardò giù e le gambe si fecero molli, <<Tieni la testa ben in alto>> suggerì la guerriera, dopo aver notato degli strani movimenti dell’amico. Reilhan non se lo fece ripetere due volte, ma essendo arrivato tanto in alto, sarebbe stato sciocco non studiare anche la barriera magica. Chiuse gli occhi e ritrovò la calma e la concentrazione, infine con la mano libera sfiorò lo scudo sulla sua testa. Una luce abbagliante gli fece ritrarre l’arto per proteggersi il viso; le rune divennero rosse e illuminate dalla stessa magia della barriera, interagirono con le pareti del vulcano. 


Il forte calore che Reilhan aveva percepito sino a quel momento andò man mano svanendo, per poi essere sostituito da un innaturale gelo. Reilhan comprese allora quale fosse lo scopo di tale magia, ossia raffreddare in fretta il vulcano, affinché la lava si solidificasse prima di eruttare. Il freddo si fece insopportabile per il corpo del curatore, che spinto dalla disperazione, si stacco dalla parete cadendo nel vuoto. Elesya reagì all’istante: innalzò Vheles e pronunciò la formula a menadito ma delle spesse catene, nessuna traccia. L’orrore si fece strada sul volto della giovane maga, quando il corpo dell’amico cadde a terra in una nuvola di terra e zolfo.
Elesya aveva il viso rigato dalle lacrime, ma non un suono riuscì a uscire dalla sua gola. Nel momento in cui i detriti si furono diradati, la giovane leva cadde in ginocchio irrompendo in un pianto liberatorio: dinanzi a lei Xera stringeva tra le braccia il corpo dell’amico, dopo averne attutito la caduta. Reilhan si riprese poco dopo, al contrario della guerriera che invece giaceva a terra svenuta. Aveva perso molto sangue poiché la ferita si era allargata e lentamente aveva perso i sensi. 
Senza indugiare allora, il Novizio frugò nella bisaccia dell’amica, afferrando tutto ciò che potesse essergli utile. Elesya invece si allontanò dai suoi compagni perlustrando, passo dopo passo, ogni anfratto di quel luogo. <<Se solo potessi usare i miei poteri>> mormorò il curatore, mentre con ago e filo cercò di ricucire la ferita alla buona; per fortuna la guerriera era ancora svenuta e così le fu risparmiato lo strazio della medicazione. 

Elesya tornò subito dopo che il curatore ebbe completato la procedura e tra le mani stringeva della polvere color azzurro scuro. <<Spargila sulla ferita, la cauterizzerà in fretta>>, <<Che cos’è?>> domandò il ragazzo, <<Polvere di Lapis>> rispose la giovane maga, porgendo il pugnale di Xera dalla punta intrisa di polvere. <<è una fortuna averla trovata, sebbene sia una pietra molto comune delle zone vulcaniche. Ne ho presa abbastanza anche per le nostre ferite>> spiegò porgendo un altro pugno di Lapis al curatore. Reilhan non volle indagare oltre; era noto, infatti, che l’amica avesse una vasta conoscenza in merito a piante e minerali, perciò se ne affidò senza discutere. Una parte della polvere azzurra fu sparsa sulla ferita della fanciulla, per poi essere fasciata con le bende presenti nella bisaccia. Lo stesso fu per i graffi sulle mani, che Reilhan ripulì dai detriti della statua ancora incastrati nella pelle. E furono proprio quei detriti a riportargli alla mente l’accordo saltato. Ogni speranza di entrare in possesso dell’antidoto, che avrebbe restituito a Xera il controllo della sua anima, era ormai svanita nel nulla. Elesya si sedette sconfortata, la caviglia le doleva e neanche la polvere di Lapis ne riuscì a lenire il bruciore. <<Che cosa facciamo adesso?>> disse sospirando, mentre con lo sguardo fissava la gigantesca statua d’ossidiana al centro dell’antro. Fu in quell’istante che un’ombra sulla spalla della scultura attirò la sua attenzione. <<Chi c’è?>> urlo tentando di rimettersi in piedi ma con scarsi risultati. <<Hai visto qualcuno?>> ribatté il Novizio, Elesya annuì <<A quanto pare non siamo soli>>.

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