giovedì 9 aprile 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 143-144)

Elesya si guardò attorno sperando di scorgere il suo avversario, che da tempo indefinito si nascondeva nella nebbia. I poteri di Vheles si erano indeboliti a causa della magia di Lodo, per cui la giovane maga si ritrovò ad affrontare il nemico quasi del tutto scoperta. Ogni qualvolta la fanciulla abbassava la guardia per le numerose ferite riportate, nuovi fulmini amaranto le erano scagliati contro e sebbene in principio fosse riuscita a evitarli, con il passare dei minuti la situazione incominciò a cambiare. Ogni singola contromossa di Elesya era stata più volte neutralizzata dal potere del suo avversario e ben presto la giovane maga fu con le spalle al muro. <<Mi deludi!>> esclamò l’uomo senza palesarsi <<Non sei altro che una brutta copia della donna che mi ha ucciso. Sono stanco di te!>> commentò con disprezzo. Elesya girò il capo in ogni direzione ma, a causa dell’eco, non fu in grado di individuare da dove provenisse la voce. Infine stanca di essere in balia dell'avversario, prese a recitare la sua evocazione più potente. Si materializzò così il portale oscuro da cui Elesya richiamò la creatura di sole ossa. Il suo aspetto canino incuteva terrore, se ci si soffermava sulle possenti zanne in bella vista. Non appena la creatura toccò terra però, la giovane maga notò qualcosa di diverso dal solito. La sua evocazione, infatti, non mostrò in nessun momento contentezza nel rivederla, com'era sempre accaduto in passato. Al contrario iniziò a ringhiarle contro, quasi fosse lei il suo vero nemico. <<Se il servitore non riconosce il padrone, il padrone farebbe meglio a sparire>> asserì l’uomo facendo vibrare la voce. Elesya fissò la creatura, attonita. <<Sono io!>> mormorò con timore, ma l’evocazione continuò a ringhiarle contro, esponendo sempre più le zanne ossee. La leva indietreggiò di qualche passo con l’avanzare dell’animale e ben presto si ritrovò al confine dell’isolotto con i piedi sul ciglio dell’argine. Non potendo retrocedere oltre, Elesya riprese a parlare all’evocazione che tuttavia la ignorò <<Sono Elesya, perché ti comporti in questo modo?>> gemette in lacrime. La creatura spalancò le fauci e con un rapido salto, le fu subito addosso. La giovane maga si ritrovò così con il corpo completamente immerso nell’acqua della palude retrostante, mentre la creatura la sospingeva sul fondo impedendole di rialzarsi. Per quanto provasse a reagire, la sua forza non le consentì di sopraffare l’animale, perciò a poco a poco si arrese proprio quando i suoi polmoni incominciarono a riempirsi di melma e fango.

Reilhan chiuse gli occhi, le sue braccia penzolavano intorpidite sui fianchi e non fu in grado di risollevarle neanche per impedire alla fanciulla di affondare la punta d’ossidiana al centro del cuore. Non percepì alcun dolore e questo lo indusse a pensare che per lui fosse finita. Hila lo fissò accasciarsi a terra sorridendo soddisfatta e per il curatore fu inevitabile non notare quanto quella creatura fosse del tutto diversa dalla Novizia che aveva tanto amato. Il suo sguardo compassionevole si era spento, come se dinanzi a lui ci fosse un guscio vuoto con sembianze umane. Persino il tocco, un tempo delicato e caldo, si dimostrò freddo e distaccato. Benché queste contraddizioni affollassero la sua mente, in cuor suo si considerava il solo responsabile di tale cambiamento, per cui decise di non ribellarsi, anche se ciò avrebbe significato morte certa.

Con il piede dell’alter ego che le bloccava il collo, Xera fu costretta ad assistere al triste epilogo di sua madre Annabell e per quanto avesse cercato di divincolarsi dall'innaturale forza che la soggiogava, il suo corpo non si scollò mai dal terreno. Le lacrime solcarono le sue guance come un torrente in piena, mentre la voce le moriva in gola a causa della forte pressione esercitata dalla sua avversaria. <<Il primo turno l’ho vinto io, vediamo a chi tocca adesso>> sibilò la fanciulla riconquistando la lama d’argento. Allorquando l’alter ego raggiunse la sua area oltre la linea, Xera poté finalmente rialzarsi senza tuttavia smettere di tossire e nel momento in cui sollevò lo sguardo in direzione delle tre bolle, non poté far a meno di rimettere.
<<Andiamo, quante storie. Era solo una donna insignificante>> commentò la fanciulla ripulendo la spada con la veste bianca. La guerriera perse il controllo e dimenticata ogni altra cosa, si fiondò alla volta del suo nemico con l’intento di vendicarsi. Quando però fu in prossimità della linea di confine, la ragazza reagì con pari furia, impedendole così di procedere oltre. Xera strinse l’elsa di Rhinvel, che per un attimo le parve molto calda. L’alter ego al contrario si dimostrò a tratti annoiato, quasi quel gioco da lei voluto iniziasse a perdere d’interesse. <<Non sai fare di meglio?>> la istigò << Ho appena ucciso tua madre, vorrà pur dire qualcosa!>> insistette. Xera allora evocò Divaahr che a causa dell’attacco precedente era tornato a essere un semplice anello. Lo scudo si espanse e frapponendosi tra le tue ragazze, permise a Xera di scaraventare il suo nemico oltre la linea con un colpo in pieno volto. 

Un rivolo di sangue scuro come la pece prese a scorrere dalla fronte della fanciulla che tuttavia, tornata in piedi, si mostrò più insoddisfatta di prima. Xera però decise di non lasciarle altro spazio e così ergendo Divaahr a difesa, si precipitò su di lei colpendola con fendenti poco precisi che spesso andarono a vuoto. Gran parte dei suoi attacchi si rivelarono inutili, ma la guerriera era troppo provata per rendersene conto. Solo quando l’alter ego la disarmò con un singolo movimento della lama, Xera prese coscienza del divario tra le due. Allo stesso tempo il livello dell’acqua all'interno bolla che teneva prigioniero Reilhan, si era innalzato a vista d’occhio e lo stesso fu per la prigione di Elesya. Fino a che in ultimo gesto disperato, la guerriera lanciò con forza lo scudo contro la prigione traslucida, creando una profonda breccia che svuotò in pochi minuti la bolla del curatore. L’alter ego cambiò espressione e spinta dalla collera, prese ad agitare la spada producendo lame di vento che atterrarono la guerriera. Con il corpo che le pulsava a causa delle ferite riportate, Xera strisciò lentamente alla volta di Elesya, che sul punto di annegare, si divincolava battendo i pugni contro la bolla. La fanciulla canuta avanzò a piccoli passi e presto raggiunse la giovane leva per poi superarla. Ennesimo movimento fulmineo della spada e al curatore fu sottratta la vita all'interno della stessa prigione. Xera sbarrò gli occhi dal terrore e proprio nel momento in cui considerò spacciata anche la cara amica, l’alter ego fece qualcosa d'insolito. Svuotò, infatti, la prigione e in men che non si dica liberò la maga. Elesya era salva ma qualcosa nel suo sguardo era cambiato. L’alter ego circondò la ragazza con un braccio e dopo averle sussurrato qualcosa all'orecchio, le consegnò la lama d’argento che la maga impugnò senza remore. Infine Elesya s’incamminò in direzione della guerriera, decisa a concludere quanto l’alter ego aveva iniziato.

Una voce lontana prese a invadere i pensieri di Reilhan. Qualcuno continuava a urlare il suo nome in tono angosciato, sebbene il Novizio fosse troppo stanco per riconoscerne il proprietario. Chiuse gli occhi e si abbandonò al tepore di cui il suo corpo era stranamente avvolto, senza tuttavia chiedersi cosa lo avesse generato. Di nuovo la voce invocò il suo nome fino a che, chiara come il sole, riuscì a ridestarlo. Della palude tetra non vi era più alcuna traccia, al suo posto invece si era palesato uno spazio indefinito, inondato da una calda e accogliente luce. <<Sono morto!>> pensò rimettendosi in piedi. <<Non ancora>> la voce tornò a risuonargli nella mente e Reilhan ne fu intimorito, poiché colto alla sprovvista. <<Non hai nulla da temere, rilassati>>, <<Facile a dirsi per chi non si cela allo sguardo>> ribatté il curatore. Una luce abbagliate lo accecò e nel momento in cui poté tornare a vedere, si accorse di non essere più solo. Al centro dello spiazzo si era materializzato un lago, sul quale galleggiava una ninfea di notevoli dimensioni che emanava un intenso profumo. Adagiato sulla corolla del fiore a gambe incrociate e con gli occhi chiusi, vi era una creatura dalle sembianze umane, seppur il suo aspetto etereo facesse pensare l'esatto opposto. Le braccia dell’uomo avevano assunto una posa insolita, come se stesse meditando da tempo immemore. I suoi abiti erano dorati e di pregiata fattura e una chioma argentea ricadeva morbida sulle larghe spalle. Sul torso nudo dell’uomo, Reilhan notò delle strane scritte che a spirale andavano a congiungersi in un unico punto, di cui però non poté scorgere molto a causa dell’intesa luce che contraddistingueva quel luogo. 

<<Chi sei?>> riuscì soltanto a dire e l’uomo si apprestò a rispondergli <<Ero conosciuto con il nome di Ishitur, benché nessuno ormai ne abbia più memoria. Sono colui che ha il compito di accogliere le anime dei defunti, dopo averli giudicati per le azioni compiute in vita>>. Reilhan deglutì perché la gola gli divenne stranamente arida. <<Perciò sono qui per essere giudicato?>> mormorò. <<Temi il mio giudizio?>> ribatté Ishitur, <<Non ho più nulla da perdere>> confessò il ragazzo accasciandosi a terra. <<Ogni essere umano è portato a considerare la morte come la fine del tutto. Nessuno ne comprende la vera natura>>, <<Ossia?>> disse Reilhan. <<è un passaggio da una condizione all'altra. Si abbandona il vecchio io, per acquisirne uno nuovo>>. Il curatore alzò il capo e prese a fissare l’uomo <<è questo che mi accadrà? Abbandonerò la mia vita per incominciarne un’altra? E cosa ne sarà delle mie amiche?>. L’uomo non si mostrò mai turbato <<Le tue amiche? Perché te ne preoccupi? Giacché sei morto, non sono più affare tuo>> lo ammonì con tono imperturbabile. Reilhan però non si fece intimorire <<Non smetterò mai di pensare a loro, anche a costo di rinunciare a tutte le mie vite future>>. L’uomo spalancò gli occhi, rivelando due iridi color giada che lo scrutarono da capo a piedi. <<Saresti disposto a tanto? Le anime che rinunciano alla rinascita sono destinate ad atroci sofferenze, poiché incapaci di varcare i cancelli del Regno Eterno. Ciò vorrebbe dire che nel momento in cui noi due ci rivedremo, il tuo ciclo vitale cesserebbe all'istante>>. Ogni parola proferita da Ishitur vibrò nelle sue orecchie, incutendo nel Novizio un timore reverenziale. 

Reilhan tuttavia preferì ignorare quell'avvertimento e sicuro di sé, dichiarò le sue intenzioni <<Rinuncerei a tutto per loro. Sono sempre scappato in passato e molte persone hanno sofferto a causa mia. Ho fatto una promessa il giorno in cui Hila è morta, perciò non intendo venirle meno; non mi importa se patirò atroci sofferenze per il resto dell’eternità>>. Un profondo silenziò piombò in quell'eterea dimensione. Reilhan non distolse mai lo sguardo da quello di Ishitur, forse temendo di cedere di li a poco. La divinità allora abbandonò la posizione supina e gli andò incontro scuro in volto. Era a piedi nudi e sulle dita più esterne c’erano due anelli che ad ogni passo tintinnavano. Quando gli fu dinanzi, si sedette accanto a lui e infine posò la sua mano sul petto del ragazzo. Lì dove la freccia d’ossidiana aveva posto fine alla sua vita, comparve una copia del disegno concentrico della divinità, come a suggellare il patto che il Novizio aveva bramato. Con la sola differenza che il marchio di Reilhan era meno esteso e costituito da una sola linea di rune. <<Sei un uomo coraggioso “adepto della luce”. Ti concedo il mio potere fino a che non ritornerai al mio cospetto. Spero tuttavia che quel giorno non arrivi tanto presto. Ogni qualvolta invocherai il mio potere, la spirale si espanderà e nel momento in cui ogni parte del tuo corpo ne porterà i segni, capirai che la tua ora è giunta. Soltanto tu potrai decidere come e se utilizzare il dono che ti ho fatto. Consentimi di dirti però, che un uomo intelligente ne farebbe ricorso solo in casi estremi>>. 
Ishitur tornò in piedi e porse la mano al Novizio per aiutarlo a fare altrettanto, ma allorquando Reilhan lo sfiorò, si ritrovò catapultato di forza nel suo corpo ancora supino al centro dell’isolotto. 

Il Novizio provò a muovere le dita intorpidite a causa del formicolio che aveva colpito ogni singolo arto e dimenandole con forza, cozzò contro l’elsa del fido Maglio adagiato al suo fianco. Lo afferrò senza esitare e lo strinse con tutta la forza che aveva, per poi infondergli il suo potere che fino ad allora aveva celato. Una violenta fiammata candida si propagò dal metallo consunto, illuminando a giorno la landa di terra che, man mano, fu totalmente liberata dalla fastidiosa nebbia. La fanciulla, che intanto si era allontanata, fu colta alla sprovvista e incapace di comprendere cosa fosse accaduto, si precipitò incontro al curatore con l’intento di ucciderlo. Ma ad attenderlo vi trovò un uomo diverso, che una volta posato lo sguardo su di lei, le raggelò il sangue. Hila restò immobile, mentre con il capo scandagliò la palude alla ricerca di un posto ove rifugiarsi. Reilhan però fu più veloce e con un rapido balzo la sopraffò scaraventandola a terra. <<Rei ... mi fai male>> gemette la creatura con le lacrime agli occhi, tuttavia con scarsi risultati. <<Perché dovrei curarmi del dolore fisico di uno spettro, quando tu per prima non hai esitato nel piantarmi una freccia nel cuore>>. Hila corrugò le sopracciglia e iniziò a ribellarsi con tutte le sue forze <<Era la giusta punizione. Hai forse dimenticato che sono morta a causa tua?>> ribadì sperando di farlo vacillare, ma di nuovo il curatore la stupì <<Ammetto che per un attimo mi sono lasciato ingannare. Il tuo aspetto, la tua voce e persino quel fermaglio … tutto mi diceva che tu fossi Hila, eppure il mio cuore aveva capito>>. La fanciulla serrò gli occhi e sibilando gli domandò delucidazioni, <<Hila non si sarebbe mai presa la vita di nessuno. Aveva molto rispetto per gli altri e considerava l’omicidio, una macchia indelebile di cui non si sarebbe mai insozzata. Ha preferito sacrificare se stessa, piuttosto che saperci in pericolo e tu … schifoso spettro non hai il diritto di parlare in sue veci>>. Reilhan sollevò il Maglio e lo avvicinò di prepotenza al volto dell’avversaria. Nel momento in cui il metallo sfiorò la smunta pelle, lo spettro incominciò a urlare fino a che avvolto dalle fiamme purificatrici, non rivelò la sua vera natura. Una scaglia traslucida fumava tra le gambe del curatore, per poi incenerirsi al tocco di Reilhan. <<Che cosa significa?>> si domandò alzando lo guardo e scorgendo una sagoma scura la dove la nebbia aveva mantenuto il suo potere.

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