venerdì 25 luglio 2014

Xera, la ragazza con la spada (pag. 83)

L’uomo tornò a sedersi e schiarendosi la voce, continuò il suo racconto. <<La bellezza della vita umana risiede nella sua fugacità! Solo dopo aver compreso che il tempo che ci è stato dato ha una scadenza, se ne apprezza l’effettivo valore>> disse con un velo di malinconia sul volto. <<Io l'ho capito una volta scoperto che la mia vita era quasi giunta al termine>>. 
Elesya, preoccupata, portò le mani al viso mentre i suoi compagni si limitarono ad ascoltare. << Compresi che per la malattia che mi affliggeva non esisteva cura, così con il passare dei giorni smisi di cercare e iniziai piuttosto a godermi il poco tempo che mi restava>>. Reilhan provò pena per l’anziano uomo; il suo sguardo perso nel tempo, gli portò alla mente il volto del padre adottivo, al quale ripensò per un breve istante. Lo speziale sorseggiò un altro po' d’acqua e con le mani tremanti ripose il bicchiere sul bancone, interrompendo il silenzio che si era venuto a creare. 

<<Mia figlia non accettò quanto le confessai a pochi giorni dalla mia sentenza e mentre giacevo nel mio letto in preda al dolore, lei trascorse ogni momento barricata nelle sue stanze, seppur invocassi il suo nome costantemente. Quando ne uscì, il suo volto era sereno. Non potrò mai dimenticare quel sorriso e per un attimo rividi la mia bambina di nuovo felice>>. Xera si alzò. Considerare Goreha una figlia devota e non un terribile mostro, le fece sorgere dei sensi di colpa che per un simile mostro non si sarebbe mai sognata di provare. Cominciò a domandarsi se anziché prendersi la sua vita, sarebbe stato possibile riportarla al suo aspetto originario, permettendole di trascorrere il resto dei suoi giorni insieme a suo padre. La guerriera scosse il capo come a voler mescolare i tanti pensieri che affollavano la sua mente e ricordando tutti i tristi momenti vissuti in quel castello, si convinse che indugiare su supposizioni prive di fondamento non avrebbe giovato a nessuno. 

<<Goreha mi si avvicinò con una strana pozione che mescolò al mio sangue. Non capii cosa stesse facendo in quel momento, ma dopo alcuni secondi il dolore iniziò a svanire, permettendo così al mio corpo di rigenerarsi. Mi sentii vigoroso come una giovane leva e in men che non si dica fui subito in piedi, danzando per tutta la stanza>>.
Elesya sorrise, coinvolta dall’emozione del racconto, quando improvvisamente il volto dello speziale s’incupì. <<Terminata l’euforia del momento, essendo uno studioso, mi domandai quale prodigiosa medicina avesse scoperto Goreha e lei aprendo il palmo della mano, mi mostrò fiera una piccola rosa candida come la neve, che brillava di luce propria>>. Reilhan iniziò a collegare quanto gli era stato narrato dal vecchio soldato, con la storia dello speziale: Goreha era nota per aver creato un fiore miracoloso e il racconto del suo stesso padre non fece che confermarlo. 

<<”Resteremo insieme per sempre!” mi disse entusiasta ma io dovetti contraddirla, ricordandole che in realtà – essendo io in là con gli anni – avevamo soltanto rimandato un traguardo, che alla fine avrei comunque raggiunto. Goreha allora sorrise ancora di più ed io non ne compresi il motivo, fin quando non mi rivelò che la rosa da lei creata, non era una comune medicina, bensì una cura contro la morte!>>. I ragazzi restarono senza parole. L’uomo mostrò loro la scatolina che custodiva gelosamente sotto il bancone e aprendola, rivelò il suo prezioso contenuto: una minuta rosa bianca a cui mancavano però diversi petali. <<La prospettiva di non poter più morire, contrariamente a quanto si possa pensare, non mi rese per niente felice. Tutto deve avere una fine prima o poi e la vita non ne è esente. Ero furioso e la cosa peggiore fu che mia figlia non comprese mai la gravità delle sue azioni. Per lei divenni solo un ingrato, e vane furono le mie raccomandazioni riguardo alle possibili conseguenze che quella scoperta avrebbe avuto>>.  

Lo speziale si alzò improvvisamente, ricordare quell’avvenimento lo turbò a tal punto da costringerlo a camminare per smaltire la rabbia. <<Vi chiedo scusa!>> asserì subito dopo e ripreso posto dietro il bancone, con la testa tra le mani respirò profondamente. <<Quale terribile maledizione è la vita senza tempo: condannato a veder morire tutte le persone che amo, alle quali non potrò più ricongiungermi nel Regno Eterno!>>. Reilhan allora intervenne. <<Che cosa è accaduto dopo e perché eravate sempre alla ricerca delle rose di Goreha, se poi avete appena confessato di disprezzarle?>>. L’uomo alzò il capo e guardò il ragazzo, le cui bende lo distolsero dai ricordi e lo fecero tornare bruscamente alla realtà. <<Goreha mi confessò che nessun altro avrebbe saputo di quella scoperta, forse per tranquillizzarmi, ma sapevo che un segreto tanto grande non sarebbe stato tale a lungo. Le consigliai quindi di bruciare l’unico esemplare a sua disposizione, dedicando invece i suoi studi allo sviluppo di una cura per la malattia che mi aveva colpito; così facendo avrebbe aiutato molte persone, senza attirare quelle sbagliate. Ma alla sola idea di ardere quel fiore, impazzì e presto fui costretto ad abbandonare il castello, non prima però di aver rubato la rosa che vedete in questa scatola>>. 

Xera corrugò la fronte, se neanche suo padre era stato in grado di farla ragionare, chi altri avrebbe mai potuto? <<Scommetto che quello non era l’unico esemplare!>> affermò la ragazza sicura di sé e lo speziale annuì. <<Il mio furto servì solo a farmi odiare da mia figlia, che intanto perse la ragione a tal punto da barricarsi nel palazzo, per poi non uscirne più. Io mi trasferii a Kodur dopo aver raccontato la mia storia al saggio Murdar, che mi aiutò donandomi questa bottega e una nuova vita. Tranne lui, nessuno sapeva né della mia condanna né del vincolo di sangue che mi legava a Goreha e da allora finsi di essere un normale cittadino che vendeva pozioni e spezie. Dello studioso Alamar Hensi nessuno seppe più nulla e pian piano iniziarono a pensare che fossi addirittura stato ucciso dalla mia stessa figlia>>. Elesya tremò e prendendo coraggio, domandò all’uomo se si fosse mai pentito di una simile decisione, ma lui scosse il capo. 

<<Non pensate però che io mi sia arreso. Quando venni a conoscenza della maledizione che mia figlia aveva scatenato, ricominciai a studiare!>> confessò. <<Capisco, cercavate quindi una cura per ridare a Goreha le sue vere sembianze>> disse Reilhan, ma l’uomo lo smentì alzando addirittura la voce. <<SCIOCCHEZZE!>> rispose, <<"Le rose che prima donavano la vita eterna, mutarono dando invece la morte a coloro che tanto le bramarono". Finalmente dopo anni mi si presentò l’occasione di spezzare il maleficio cui mia figlia mi aveva condannato, ponendo fine alla mia vita!>> spiegò tutto d’un fiato. <<Per quanto veleno ingerissi però, le mie condizioni restarono invariate e così ipotizzai che se mia figlia fosse stata uccisa, anche la sua magia sarebbe scomparsa. Ho concentrato allora i miei studi sulla creazione di un veleno che fosse in grado di nuocere persino alla regina velenosa, la quale in cambio di forza e potere, aveva rinunciato alla sua immortalità>>. La giovane maga s’indignò di fronte alla risposta dello studioso; come poteva un padre bramare la morte della propria figlia? Non mancò di farglielo notare, lasciando Alamar senza parole. 

<<Se anche le avessi restituito le sembianze umane, nulla sarebbe cambiato. Non potete immagine quante vite abbia spezzato con l’intento di proteggere quei dannati fiori. Avete visto il trono sul quale sedeva? Lo potei osservare quando m’introdussi nel castello durante l’ultima spedizione partita da Nortor. Ogni soldato fu annientato e mentre il loro sangue ancora caldo, macchiava le mura e il pavimento della mia casa natale, sentii la risata di quel mostro che ancora oggi occupa i miei incubi peggiori>>. Lo speziale si accasciò sulla sedia e per un instante fu tentato di interrompere quella conversazione, non volendo rivivere ancora le tristi emozioni che da tempo aveva sepolto in un angolo remoto del suo cuore. Ma la ferita ormai si era riaperta e tanto valeva concludere ciò che aveva iniziato. <<L’ultima rosa che mi è stata consegnata, mi ha permesso di terminare i miei studi che a questo punto si son rivelati del tutto inutili, vista la recente dipartita della regina. Per quanto mi riguarda, mia figlia con la morte ha trovato la libertà, per cui non posso che esservi immensamente grato. Mi rendo conto tuttavia che la rosa bianca non è svanita, poiché frutto di una magia non comune, quindi non mi resta altro da fare che tornare nel mio palazzo e dedicarmi allo studio di qualcosa che possa spezzare la mia immortalità. Se Goreha ci è riuscita, forse potrei farlo anch’io>>. 

<<A che prezzo però!>> rispose brusco Reilhan <<Vi siete così concentrato sulla morte da esservi dimenticato della vita, commettendo in questo modo lo stesso errore di vostra figlia. Se invece di sprecare il tempo che vi è stato donato con inutili ricerche, vi foste dedicato a qualcosa di più importante, adesso vedreste le cose da un’altra prospettiva!>>. Alamar allora domandò al Novizio di essere più chiaro, poiché non gli era mai piaciuto essere ripreso da chi - a parer suo - non lo eguagliasse per intelletto. << È semplice! Anziché dedicare le vostre attenzioni alla morte, avreste potuto considerare per un attimo il valore della vita. Una vita eterna è in vero una maledizione, ma diventa davvero tale solo quando chi ne è stato colpito, la spreca rimuginando su quanto gli è stato tolto, piuttosto che su quello che ci ha guadagnato>> Reilhan fissò negli occhi lo speziale e continuò a esporre le sue conclusioni. 

<<Potreste voi stesso ricercare una cura a quella malattia di cui ci avete parlato e non solo. Con le vostre conoscenze potreste fare del bene a molta gente, invece preferite starvene rintanato qui in questa bottega, rendendo la vostra esistenza un inferno. Non avrete l’aspetto di un mostro come Goreha, ma i sentimenti cui vi siete aggrappato, vi rendono un suo pari!>>. Il ragazzo non si pentì di essere stato duro con l’uomo, nemmeno dinnanzi alla sua commozione. Alamar lo ringraziò sommessamente, nonostante il paragone con la regina velenosa lo avesse indignato. Quando gli animi furono placati, si recò sul retro della bottega per poi ritornare dai ragazzi con un sacchetto ricolmo d’oro. Infine rivolgendosi alla guerriera, le porse il tesoro spiegando quanto era loro grato e promettendogli che per il futuro, avrebbe fatto buon uso del tempo a sua disposizione. 

Nel momento in cui Xera afferrò la ricompensa, si rese conto dal solo peso, che la cifra donatale superava ogni sua aspettativa. <<Cinquecento monete d’oro sono il massimo che posso darvi, per ora! Se mai un giorno avrete bisogno d’aiuto, vi basterà convocarmi ed io accorrerò da voi il prima possibile. Che sciocco, quasi dimenticavo!>> aggiunse infine. Sul fondo di uno scaffale, recuperò uno scrigno antico incastonato di pietre preziose. Non era molto grande, né parve pesare eccessivamente. <<L’artefatto che vi avevo promesso>> spiegò e con lo stesso ciondolo usato in precedenza, lo aprì mostrando ai ragazzi cosa custodiva. Reilhan fece un passo indietro mentre Xera restò impietrita. L’uomo consegnò lo scrigno alla giovane maga che con le mani tremanti accettò la restante ricompensa. <<Questo è … un teschio umano!>> mormorò Elesya, che timorosa non mosse più un muscolo.

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