martedì 15 settembre 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 174)

Xera riaprì gli occhi non appena la luce si fu attenuata e attorno a lei notò soltanto detriti e scaglie luminose divenire polvere nel giro di pochi istanti. La sua testa le doleva, forse a causa del brusco impatto con qualche roccia che la statua non era riuscita a frenare, mentre il corpo faticava a muoversi. Per prima cosa si preoccupò dei suoi compagni; non erano molto distanti da lei. Non si era accorta, infatti, che la sua mano era saldamente stretta da quella di Reilhan, il quale tuttavia giaceva a terra privo di sensi. <<Rei …>> mormorò la guerriera con un filo di voce. La gola ardeva e ogni respiro divenne una sofferenza. Il curatore non rispose e la giovane leva provò una seconda e infine una terza volta. Accanto al Novizio vi era Elesya, anch’essa priva di sensi, ma dal cui aspetto parve quella messa meglio dei tre. Non ricevendo alcun segnale positivo dall’amico, Xera decise di provare con la maga, nella speranza che almeno lei si svegliasse al più presto.
<<Ely, Ely svegliati … ti prego>> singhiozzò allo stremo delle forze. Il susseguirsi degli avvenimenti che l’avevano condotta lì erano stati duri da sopportare e la guerriera, ormai esausta, sentì le membra pesanti come rocce. Per quanto provasse a muovere gambe e braccia, non riuscì a sollecitare neanche un muscolo, sebbene il suo unico desiderio fosse di risvegliare i suoi compagni. Così con le dita della mano, accarezzò la pelle dell’amico ripetendo nella mente la stessa frase più volte: “Ti prego, svegliati", quasi fosse una sorta di formula magica.

Continuò sino a che le dita non iniziarono a intorpidirsi e il braccio a dolerle a causa della posizione scomoda. All’improvviso il rumore di alcuni passi attirò la sua attenzione. Erano lenti e pesanti e pian piano si fecero sempre più rumorosi. Il cuore di Xera sobbalzò e come rianimato da una nuova speranza, prese a pulsare in maniera frenetica. <<“Murdar? Che sia finalmente giunto?”>> ipotizzò, senza tuttavia emettere un fiato. Solo in quell’istante si ricordò della donna lasciata in disparte durante l’attacco. Al contrario dei tre ragazzi, la Paramal non era stata protetta dalla statua d’ossidiana e perciò il suo corpo si sarebbe dovuto trovare sotto cumuli di macerie. A causa dei forti attacchi subiti dalla barriera magica, il vulcano era diventato instabile e privo di controllo; frequenti scosse inoltre, provocate da bolle d’aria calda, accentuarono le preoccupazioni di Xera.
Con la coda dell’occhio cercò il punto in cui si sarebbe dovuta trovare Madame Taròt e grande fu la sua sorpresa quando la vide illesa e quasi rassicurata. <<“L’erba cattiva non muore mai”>> sussurrò a denti stretti per non farsi sentire.
I passi si fecero più sicuri man mano che si avvicinarono e Xera incominciò a rabbrividire. Più li percepì nitidi e più il sangue prese a circolare nelle vene a gran velocità. Infine poté distinguere in maniera chiara i calzari di chi, con tutta probabilità, aveva distrutto la barriera magica.
Erano di pregiata fattura e stranamente familiari. L’uomo si scostò affinché Madame Taròt potesse vederlo e allo stesso tempo, permise alla guerriera di guardarlo in volto. Il suo cuore smise di sussultare e per un istante si fermò. Le lacrime discesero calde sulle sue guance e un senso di felicità avvolse i suoi pensieri <<Siamo salvi, amici miei>> biascicò tra un singhiozzo e l’altro, sebbene nessuno dei suoi compagni avesse ancora ripreso i sensi.

La mano scura dell’uomo ripulì i suoi abiti dai detriti del vulcano e in particolare il monile che sfoggiava al collo in rappresentanza del Concilio. In ultimo non trascurò la testa, dalla capigliatura rasa e argentea. <<Signor Gholja! >> esclamò la guerriera cercando di farsi sentire, ma la voce le morì in gola. L’uomo girò il capo in direzione dei ragazzi e senza alcuna spiegazione, la fanciulla finse di essere svenuta. Lei per prima non comprese il perché di tale reazione, tuttavia decise di affidarsi al suo sesto senso e per un po’ tenne gli occhi chiusi. L’uomo mosse qualche passo nella loro direzione, quasi fosse alla ricerca di qualcosa, che però non riuscì a trovare. Gholja allora si girò su se stesso e tornando indietro, raggiunse la Paramal a pochi metri da lui. <<Madame>> le sussurrò con tono freddo e distaccato, inarcando le spalle per respirare a fondo. Xera rabbrividì al suono di quella voce, così diversa da quella ascoltata in passato e all’improvviso prese a tremare. <<Io … io volevo solo>> farfugliò la donna, il cui volto era diventato pallido come un cencio. <<La prego mia signora, smetta di parlare … le sue spiegazioni sarebbero un insulto alla mia compassione>> affermò porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi. Madame Taròt, che sino a quel momento aveva ostentato sicurezza e determinazione, si era ridotta a un essere infimo alla mercé dell’uomo dinanzi a lei. Xera tentò di giustificare tale annichilimento rifacendosi alla fama del Segugio, un uomo risoluto in grado di stanare chiunque andasse contro il Concilio, ma quei pensieri non riuscirono a migliorare la situazione. Con i compagni privi di sensi e quell’uomo a pochi passi da lei, Xera iniziò a sentirsi pericolosamente sola.

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