venerdì 5 dicembre 2014

Xera, la ragazza con la spada (pag. 114)

Elesya avvertì la morsa di metallo farsi sempre più pressante man mano che risaliva il suo esile corpo. Le catene raggiunsero le costole mentre il numero dei nodi aumentò a vista d’occhio. Con la stretta che le toglieva il respiro, cercò di non perdere la concentrazione ripetendosi che tutto era un inganno, ma con poca fortuna. <<Elesya liberati da quei nodi o ti soffocheranno>> la redarguì la Conue. <<Potresti darmi qualche suggerimento, invece di proferire frasi insulse e scontate>> urlò a squarciagola sorprendendo perfino se stessa. <<Posso parlare!>> esclamò senza tuttavia riuscire a festeggiare per la nuova conquista, poiché messa alle strette dagli anelli di metallo avvinghiati intorno a lei. <<Puoi parlare perché finalmente stai acquisendo consapevolezza. Fin quando non comprenderai che tutto si svolge nella tua testa, le ferite sanguineranno e potranno perfino ucciderti>>, <<Avresti dovuto dirmelo>> la incalzò Elesya respirando a fatica <<Sarebbe cambiato qualcosa? Se vuoi delle risposte, devi affrontare il sigillo>> asserì infine Faiha interrompendo il discorso. La giovane leva non si perse d’animo e armata di coraggio, si fiondò ancora una volta sui nodi a lei più vicini. Continuò senza sosta fino a che le dita non iniziarono a sanguinare indolenzite. Ne mancavano soltanto due per liberare le caviglie e rincuorata dalla sua stessa determinazione, strinse i denti e sciolse i nodi. Riconquistata la libertà, cercò di afferrare l’artefatto, ma gli spessi muri che la circondavano non le permisero di sfiorarlo. 

Più i minuti trascorrevano e più questi si avvicinavano, costringendo la leva a restare di nuovo immobile. Elesya provò a fermarne l’avanzata respingendoli con entrambe le braccia, ma presto si rese conto che la sola forza fisica sarebbe servita a ben poco. << è solo un inganno>> disse ad alta voce, sperando di risolvere la situazione, <<I muri non sono reali>> ripeté più volte ma il loro movimento non si arrestò.  Elesya allora spinse con più energia fino a far lacrimare gli occhi e improvvisamente qualcosa cambiò. I muri si fermarono e la calma tornò a regnare in quello spazio indefinito. <<Signorina … perché non siete ancora pronta?>>, la giovane maga sobbalzò. <<I suoi genitori la stanno aspettando per il pranzo, si prepari in fretta>>. La ragazza si voltò ritrovandosi all'improvviso nella sua casa natale. Riconobbe subito la sua vecchia stanza nella quale vi era anche Gianha, la cameriera che continuava a fissarla con un cordiale disprezzo negli occhi. <<Le sembra giusto accogliere la sua famiglia vestita così?>> la rimproverò mentre i suoi occhi iniziarono a scrutarla da capo a piedi. Elesya si strinse nelle spalle non riuscendo a distinguere il sogno dalla realtà e sebbene in cuor suo avesse desiderato molte volte di tornare alle comodità della sua casa, i sentimenti provati in quel momento erano contrastanti. Fu la cameriera a ridestarla dai suoi pensieri, afferrandola per un braccio e costringendola a guardarsi allo specchio. <<Che fine ha fatto la signorina Elesya?>> la incalzò con il suo solito tono accigliato. 

I suoi vestiti erano sporchi e logori, i capelli scompigliati e la pelle imbrattata. <<Si faccia un bagno e raggiunga i suoi genitori al più presto, sa quanto sono impegnati; loro non hanno tempo da perdere!>> affermò infine abbandonando la stanza. Si ritrovò così a eseguire meccanicamente ciò le era stato imposto, proprio come in passato. Si tolse gli abiti consunti e immerse il suo corpo nella lussuosa vasca di marmo, ricolma d’acqua calda profumata. Per un istante chiuse gli occhi, abbandonandosi alla piacevole sensazione che non provava da lunghi mesi. Si rivestì in fretta indossando il primo abito trovato nel suo fornito armadio e con un velo di nostalgia, ripensò a quanto tempo in passato impiegasse per scegliere cosa indossare. I suoi genitori erano due studiosi molto noti nel campo della ricerca magica e la loro presenza in quella dimora era sporadica quanto la visita di parenti lontani. Era giusto perciò onorarne il ritorno nella maniera più appropriata come le avevano insegnato. Elesya percorse il lungo corridoio che separava la sua stanza dalle altre, senza soffermarsi a lungo su ciò che la circondava. Si fermò soltanto per un momento a fissare il giardino che s’intravedeva dalle tende finemente ricamate della finestra adiacente. Tutto il prato era ricoperto dalle foglie secche, quasi quel luogo fosse stato abbandonato. 

Giunta davanti alla porta della sala da pranzo, afferrò la maniglia e il suo cuore incominciò a battere frenetico. Una volta spalancata si ritrovò però in una stanza vuota con i suoi genitori che la fissavano torvi. Le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, quando da bambina per sbaglio ruppe un pregiato vaso e i genitori la rimproverarono per ore. <<Sei arrivata finalmente>> sua madre fu la prima a parlare. Una donna erudita, dai modi nobili. I capelli erano acconciati nel solito caschetto ebano, sebbene sottili fili argentati incominciassero a vedersi. Il colorito pallido e le livide occhiaie nascoste da un elegante paio di occhiali, erano la prova della sua dedizione al lavoro per il quale non esistevano né vacanze né soste. I suoi occhi grigi danzavano in tutte le direzioni, esaminando sua figlia e cercando in lei difetti o mancanze. Indossava un vestito elegante e pratico, pronta a ripartire se le circostanze lo avessero richiesto. Il colore verde scuro degli abiti era tipico del suo stile austero. <<Elesya, sono molto deluso>> suo padre se ne stava con le braccia incrociate dietro la schiena. Era invecchiato dall'ultima volta che lo aveva visto, al punto che dei suoi capelli neri restavano solo poche ciocche. Rispetto a sua madre aveva diversi anni in più, che tuttavia non avevano scalfito la sua naturale bellezza. Aveva gli occhi azzurri che brillavano vividi quando si trovava di fronte a sua figlia, benché in quel frangente lo sguardo fosse severo e freddo. 

Aveva i capelli corti e un colorito roseo ma anche lui sfoggiava delle profonde occhiaie. Indossava degli abiti formali color legno, tipici del suo stile, con un pregiato monocolo dorato fissato alla giacca, un ricordo del nonno più che un oggetto d'uso pratico. L'uomo, infatti, si era sempre vantato della sua vista acuta simile a quella di un falco, non a caso era l’animale che più di tutti ammirava. Ne possedeva persino alcuni esemplari molto rari che aveva personalmente addestrato. Elesya si avvicinò ai suoi genitori abbassando lo sguardo al loro cospetto, seppur non ne avesse motivo. E proprio questa consapevolezza la spinse a reagire. I suoi occhi incrociarono quelli di sua madre, dove scorsero un lampo di sfida mai visto in passato. <<Da quando sei scappata su quella sciocca isola, hai dimenticato tutto ciò che ti abbiamo insegnato … Ci hai mancato di rispetto partendo di nascosto>> la redarguì. Elesya tuttavia preferì restare in silenzio, sapendo quanto sua madre odiasse essere interrotta. <<Ti abbiamo iscritto all'accademia di Thesla, sei ancora in tempo per iniziare i tuoi studi, figlia mia>> aggiunse il padre con un tono più pacato. La giovane maga scosse il capo con energia <<Non è ciò che desidero>> rispose. Uno schiaffo le percosse il viso, facendo diventare la sua guancia rossa e pulsante. Elesya si accarezzò la parte colpita, fissando sua madre con stupore. Era la prima volta che riceveva una punizione fisica poiché i suoi genitori odiavano la violenza e la consideravano riprovevole. 

Eppure non c’era rimorso nel suo sguardo né in quello di suo padre. <<Hai gettato fango sulla nostra famiglia. A causa dei tuoi futili desideri, le nostre ricerche saranno affidate a persone estranee. Era tuo dovere portare avanti i nostri studi e non dare credito ai vaneggiamenti di tuo nonno>>, <<Callista!>> la ammonì il marito, <<Mireo, so che era tuo padre ma sull'argomento siamo sempre stati d’accordo>> e l’uomo non disse altro. <<Sei una giovane donna dai sani principi, non puoi giocare con la morte e tutto ciò che ne consegue, non ne sei in grado. Dedicati agli studi al meglio delle tue possibilità e renditi utile per una volta!>>. La donna le voltò le spalle non sopportandone più la vista. <<Completerò il mio addestramento su Horsia e diventerò una Negromante come il nonno. Per quanto vi ami e vi rispetti, non permetterò a nessuno di decidere della mia vita … men che meno a due persone che pensano soltanto a se stesse>>. Alcune lacrime bagnarono il suo viso dando sollievo alla guancia pulsante. Sua madre strinse i pugni e infine anche suo padre le voltò le spalle non prima però, di averle donato un ultimo monito <<Ogni azione ha delle conseguenze, spero saprai affrontarle a testa alta e con la stessa determinazione>>. Elesya sentì il suo cuore fremere e proprio nel momento in cui tentò di sfiorare suo padre, il fresco metallo iniziò di nuovo ad avvolgere le sue gambe. La catena risalì inesorabile fino al collo stringendo così forte da farla svenire. Quando si svegliò, capì di essere tornata nella dimensione del portale, dove ancora una volta la situazione era cambiata. 

Chiazze scure erano sparse un po’ ovunque, segni tangibili di bruciature. Elesya tentò di muoversi ma le catene non glielo permisero, nonostante i suoi numerosi sforzi. <<Che cosa ho fatto!>> la voce di Nephes rimbombò per tutto il misterioso limbo. La maga si voltò e la vide inginocchiata con le mani sul volto. Il prato sembrava un enorme campo di battaglia, i fili candidi d’erba erano stati spezzati o bruciati ma la cosa che più di tutte terrorizzò Elesya, furono le centinaia di corpi senza vita riversi al suolo. <<Tutto il necessario mia cara, hai scelto e ora grazie a te le porte del Regno Eterno sono spalancate>>. Elesya riconobbe la voce dell’uomo. <<Ho sbagliato, non dovevo darti ascolto>> continuò a ripetere più volte con le mani tra i capelli. La giovane leva notò subito che gli spessi bracciali attorno ai polsi erano spariti e allo stesso modo quelli delle caviglie, ma della lunga falce nessuna traccia. <<Hai fatto la cosa giusta invece, mia dolce amata>>, <<Non osare più chiamarmi in questo modo>> urlò la donna a squarciagola, <<Ti sei preso gioco dei miei sentimenti sin dal primo istante, sono solo una povera sciocca ingenua>>. Nephes pianse lacrime amare, stringendo i pugni e battendoli con ferocia sulle gambe. <<Non essere così dura con te stessa, hai seguito il tuo cuore e ora il tuo compito è finito>>. L’uomo si materializzò alle sue spalle in una nube bianca che accecò la giovane maga. 

Nel momento in cui Elesya riuscì ad aprire gli occhi, vide una figura alta e prestante stringere con una mano la falce nero peltro insanguinata e con l’altra innalzare la testa di Nephes che, sebbene fosse stata brutalmente separata dal corpo, era ancora viva. Un grido strozzato le uscì dalla gola ma nessuno fece caso a lei, poiché le catene ripresero a muoversi e a stringersi con forza tale da spezzarle le ossa. Elesya si ripeté a lungo che il dolore era irreale come le catene, pronunciandolo fino allo sfinimento. Fino a che non ritornò nel solito spazio indefinito, libera e illesa. <<Ne mancano due, fatti coraggio Elesya!>>. Le parole della Conue la riportarono alla realtà, benché ormai fosse talmente provata da non riuscire più a riconoscerla. <<Le catene della costrizione … le aspettative … gli obblighi cui siamo chiamati a ottemperare … prima o poi ci soffocano. Fino a quando non si compiono delle scelte che a volte hanno delle conseguenze ben peggiori, seppur le decisioni prese fossero imbevute di buone intenzioni>>. Elesya cadde in ginocchio, le energie le vennero meno e l’aria si fece più rarefatta. <<Non credo di riuscire a continuare>> mormorò con un filo di voce accasciandosi al suolo.

2 commenti:

  1. Ci lasci sempre col fiato sospeso, brava :D Però vogliamo sapere di più di Gianha, sembra un personaggio affascinante...

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  2. Grazie mille, più avanti tornerà e ne parlerò meglio.

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