mercoledì 9 dicembre 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag.190)

Varcarono la breccia uno dietro l’altro e si ritrovarono così immersi nella più completa oscurità. La sensazione da prima fu opprimente; essere incapaci di comprendere se i loro occhi fossero chiusi o aperti, li rese ansiosi ma solo sino a che Murdar non intervenne. Infatti, dopo che la caverna si era chiusa alle loro spalle, il monile era volato sulle loro teste iniziando a proiettare una luce tenue che rischiarò le tenebre. Elesya però rimase immobile per alcuni secondi e quando Xera si voltò per accertarsi della sua presenza, richiamò la sua attenzione poggiandole una mano sulla spalla. <<Ely, tutto bene?>>, la giovane maga sobbalzò, poiché non si era accorta di essere rimasta indietro <<Sì, sì … è solo che non lo trovi strano anche tu?>> domandò perplessa. <<Di che parli?>> ribatté la guerriera, <<Il silenzio. Il mare dietro quella roccia era agitato, perché allora non riusciamo più a sentirlo?>>. Xera alzò lo sguardo in direzione dell’entrata ormai sbarrata e trovò anche lei singolare il fatto che nessun suono trasparisse da dietro quella parete. <<Ragazze, vogliamo proseguire?>> le esortò il saggio, indicando il fondo della caverna. Xera ed Elesya allora avanzarono a passo veloce per raggiungere il curatore, dimenticando così le loro perplessità. Più avanzavano nell’antro oscuro e più si ritrovarono a scendere in profondità, contemplando come la caverna mutasse man mano che la distanza dall’entrata aumentava. 

Da prima le pareti erano costituite da sole rocce umide da cui, di tanto in tanto, cadevano minuscole gocce salate su cumuli sedimentari molto antichi. L’ambiente tuttavia era cambiato più avanti e la pietra grezza aveva lasciato il posto a muri scolpiti a mano. Ogni angolo del corridoio roccioso era stato decorato al pari di un castello sontuoso. Fregi rappresentanti fiori, alberi e montagne si susseguirono sotto i loro occhi come fossero immagini vivide di un sogno, fino a che giunti in un punto in cui la strada si allargava, una rientranza ad arco interruppe il sentiero. Sulle colonne laterali dell'uscio vi erano delle brecce che in alternanza s’illuminavano, creando una sorta di luce naturale che rese l’antro meno spettrale. Murdar si fermò dinanzi all’arco ma non lo oltrepassò. <<Xera, vieni avanti>> disse invece in tono serio. La guerriera non se lo fece ripetere una seconda volta e subito si accostò al saggio, superando così i suoi amici. <<Dovresti avere una pergamena in tuo possesso, un dono speciale che hai preservato sino a oggi>>, la guerriera annuì e senza neanche rendersene conto, tra le mani si ritrovò il pezzo di carta. <<Osservalo con attenzione, vorrei che tu lo leggessi>> la esortò l’uomo. Xera allora srotolò la pergamena minuta e la fissò attentamente. Si accorse però che al suo interno niente era cambiato: un comune pezzo di carta ingiallita su cui non era stato trascritto nient’altro se non un nome. <<Volk>> asserì ad alta voce la ragazza. 

Murdar indietreggiò di qualche passo e così tutti gli altri, fatta eccezione per Xera che invece restò immobile non potendo distogliere lo sguardo dalla pergamena. Qualcosa, infatti, era cambiato sul minuto pezzo di carta: il nome aveva lasciato il posto a una serie di simboli contrassegnati su lunghe righe in successione. Xera si voltò cercando nel saggio una spiegazione logica a quanto era appena successo. <<Bambina, quella è una canzone>> le spiegò l’uomo, <<è una formula antica che va decantata e che ti permetterà di reclamare il tuo dono>>. La guerriera spalancò gli occhi dallo stupore, <<Dono? Che tipo di dono?>> si affrettò a chiedere, <<Volk è il nome dello spirito guardiano che ti è stato donato dalla divinità>>, <<Spirito cosa? Non so nulla di spiriti o altro>> lamentò la fanciulla. Murdar sorrise, ma si ricompose dopo pochi istanti. <<In passato agli uomini più valorosi era affidato uno spirito guardiano, un collegamento diretto con il divino. Gli uomini con il sangue degli dei erano i prescelti, gli unici in grado di contenere il potere antico dello spirito, capace di conferire loro poteri inimmaginabili. Quando però l’uomo iniziò ad appropriarsi del sangue con l’inganno, uccidendo le divinità, gli spiriti decisero di sparire per non prendere parte alla guerra in corso. Una magia tanto pura quanto chi la imbraccia può tramutarsi in un’arma letale nelle mani sbagliate. Gli spiriti si sono nascosti alla nostra vista per secoli, designando una sorta di custode che ha il compito di vegliare sulla loro dimora. Nel momento in cui mi hai mostrato la pergamena la prima volta, non potevo credere ai miei occhi. Non avrei mai creduto che a qualcuno sarebbe più stato fatto un simile dono. Ti ho osservato a lungo durante l'anno ed oggi, dinanzi a questa porta, non posso che confermare la scelta che Chundra ha fatto tempo fa>>

L’uomo indicò la stanza oltre l’arco roccioso e subito invitò la fanciulla a varcare da sola quella soglia. <<Nonno … non credo di essere la persona adatta. Non sono in grado di leggere la melodia di questa pergamena, me ne vergogno>> confessò la fanciulla. <<Non credo di essere la pers …>> il saggio la interruppe portando un dito sulle labbra. <<Hai paura Testa Calda?>> il curatore prese la parola, <<Non credevo che il tuo coraggio venisse meno dinanzi a della musica, devo dire di essere molto deluso>> aggiunse scuotendo il capo dopo aver incrociato le braccia. <<Io non ho paura>> ribatté indispettita la guerriera, <<Non sono però in grado di …>> il suo discorso tuttavia fu di nuovo interrotto. <<Non hai bisogno di leggerla>> spiegò il saggio, <<I Pillim si legano agli uomini per mezzo della musica, la magia più antica che esista e come tale nel cuore di chi è stato scelto, quella melodia nasce spontanea. Ora vai>>. Xera restò immobile per un breve istante e prima di proseguire mormorò <<Pillim? È questo il mio dono?>>. La fanciulla strinse la pergamena e la infilò in una tasta della cintola. Guardò dritto dinanzi a lei e varcò l’uscio senza più esitare, scoprendo così un’enorme caverna le cui volte non erano visibili ad occhio nudo. Quando si ritrovò dall’altro lato, però, il pavimento sotto i suoi piedi si era tramutato in erba che le solleticò le dita nude. Xera si chiese come fosse possibile percepire il suolo così distintamente e osservandosi le gambe, si accorse che i suoi calzari erano scomparsi. Anche gli abiti, la spada e tutto ciò che indossava pochi minuti prima era scomparso. Il suo corpo era coperto soltanto da un vestito bianco e sottile che si adagiava sulla pelle senza che questa si accorgesse della sua presenza. Era come essere nudi, ma allo stesso tempo privi dell’imbarazzo che una simile condizione avrebbe comportato. I capelli le ricadevano sul collo, spinti da una leggera brezza tiepida che percorse le spalle nude facendola rilassare. Si accorse cosi che i bendaggi con cui era solita coprire le rune marchiate sulla pelle, erano spariti anch’essi insieme al resto degli abiti. 
Xera si portò una mano alla spalla, pensando che qualcuno potesse scoprire il suo segreto ma i timori subito scomparvero e lasciando cadere il braccio sul fianco, prese a camminare al centro di quella stanza misteriosa.

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