Prima di procedere con la nuova pagina, voglio fare una piccola premessa. Oggi lo scrittoio si prende due righe del nuovo aggiornamento per augurare alla sua fan numero uno: Tanti auguri di Buon Compleanno! Ho pensato che non ci sarebbe stato modo migliore per farti una dedica, se non proprio sfruttando il racconto che - sin dalla prima pagina - hai letto con passione. Ancora tanti auguri Mamma, ti voglio bene!
Xera osservò il teschio con circospezione. <<È forse uno scherzo?>> domandò contrariata, ma lo speziale
scosse il capo e portando le mani dietro la schiena, chiuse gli occhi e
sospirò. <<Voi giovani d’oggi,
sempre pronti a giudicare le apparenze!>> rispose sbuffando. Elesya invece preferì esaminarlo in silenzio e se anche a prima vista poteva sembrare un comune
teschio, guardandolo più da vicino notò che per tutta la pallida superficie, scorrevano delle impercettibili vene violacee – simili a capelli - che parvero
addirittura pulsare. <<Non so come
spiegarlo, ma sento che questo teschio è vivo!>> disse scettica,
attirando così l’attenzione dei suoi compagni. Alamar raccolse un libro
consunto dal retro del bancone e aprendolo a una determinata pagina, mostrò ai
ragazzi l’effige di una donna che - con la mano sinistra - brandiva una falce
oscura come le tenebre.
<<Immagino
non abbiate mai sentito parlare di Nephes, la custode delle porte del Regno
Eterno>>. I ragazzi annuirono e l’uomo continuò a narrare. <<Durante le mie ricerche mi sono imbattuto in
questo artefatto, sperando fosse la soluzione ai miei problemi>> l’uomo
si schiarì la voce e imbarazzato abbassò lo sguardo. <<A Nord della regione di Timur, dove un tempo
sorgeva la maestosa Candhelia, ritrovarono questo teschio sepolto tra le
macerie della vecchia città. Si dice appartenesse alla potente Nephes, una
donna immortale condannata a vegliare i cancelli di un regno al quale non avrebbe
mai potuto accedere>>. Reilhan osservò il teschio, <<è chiaro che le voci in merito alla sua
immortalità, fossero infondate>>, ma Alamar odiava essere interrotto,
per cui lo fulminò con un’occhiataccia e riprese parlare. <<Non sono riuscito a scoprire molto in merito
alla sua vita, al contrario ho approfondito le circostanze della sua morte>>.
Xera alzò gli occhi al cielo <<Naturalmente!>>
mormorò senza farsi sentire.
<<Secondo
alcune leggende, la donna fu decapitata con la sua stessa falce da un comune
essere umano di cui si era invaghita>> spiegò voltando pagina e
mostrando loro l’immagine raccapricciante di un corpo mutilato. <<Le aveva letteralmente fatto perdere la
testa!>> ironizzò il Novizio, che tuttavia fu ripreso ancora una
volta. <<Le azioni sconsiderate dell’amante
però non portarono ai risultati sperati, poiché la donna continuò a vivere
nonostante la testa fosse stata brutalmente separata dal tronco. In un ultimo
gesto disperato, l’assassino bruciò la parte inferiore di Nephes, trafugandone
tuttavia il cranio del quale non si ebbe più notizia>> e di nuovo mosse
le pagine mostrando le successive immagini non meno dure delle precedenti.
<<Questa leggenda ha troppe
incongruenze>> disse il Novizio ignorando lo sguardo accigliato di Alamar.
<<Come ha potuto decomporsi a tal punto, se davvero era immortale?>>
obiettò e lo studioso mostrò loro un taccuino pieno di appunti, forse frutto di
congetture personali appuntate nel corso degli anni. <<Credo sia stata sottoposta a diversi
incantesimi volti a spezzare la sua immortalità>> rispose l’uomo
scrutando gli appunti. <<Ma non ci sono
riusciti!>> intervenne all’improvviso Elesya, scura in
volto. <<In questo artefatto c’è
ancora vita, lo percepisco chiaramente!>> aggiunse. Reilhan si
avvicinò allo scrigno e sfiorandolo, confermò la teoria della giovane maga. Lo
studioso allora sollevò il teschio e infine lo ruotò, mostrando ai ragazzi un sigillo.
Xera si sfiorò la spalla rabbrividendo. <<Non sono pratico di stregoneria e fatture, posso affermare tuttavia che
questa runa simboleggi il silenzio>>. I ragazzi restarono senza
parole. <<Se le fosse stato
impresso solo per farla tacere, come si spiega la decomposizione?>>
domandò Xera tenendo stretta la spalla con la mano, ma l’uomo non rispose e all’improvviso
cominciò a mormorare la stessa frase come fosse una cantilena: ”Non me lo ricordo!”.
<<Come sarebbe a dire?>> protestò
Xera, benché l’uomo non sembrò far caso alla sua rabbia. <<Non lo ricordo!>> continuò invece
a ripetere, fissando il soffitto con lo sguardo confuso. Reilhan gli si
avvicinò per aiutarlo. <<Che cosa
sta succedendo?>> chiese preoccupata la giovane maga, ma il curatore
scosse il capo, confuso. <<Era
lucido fino a un attimo fa! Non riesco a capire che cosa possa essere
successo!>> affermò. Dopo alcuni minuti Alamar iniziò a fissarli torvo,
<<Che vi prende? Ho forse qualcosa
sul volto?>> domandò stranito. <<Siete tornato alla ragione, finalmente!>> rispose Xera ma l’uomo
si sollevò dallo sgabello sul quale era stato fatto accomodare, decisamente
infastidito. <<Che cosa intendi? Io
sono sempre stato lucido. Voi piuttosto. Non appena ho iniziato a esporvi le
mie teorie, siete usciti dalla mia bottega sbattendomi la porta in
faccia!>>. Le giovani leve si guardarono perplesse, <<Non è così!>> si giustificò Elesya
e allo stesso modo il curatore che tuttavia riflettendo su quanto era appena
accaduto, trasse le sue conclusioni.
<<Siete stato maledetto!>> asserì, <<Non ci sono altre spiegazioni! Qualcuno ha voluto farvi stare zitto con
la magia, non potendo prendersi la vostra vita … Proprio com’è accaduto a
Nephes …>> suppose Reilhan. In un primo momento l’uomo sembrò non
credere alle teorie del curatore, poi però si massaggiò il collo che non aveva
smesso di pulsare sin da quando i ragazzi si erano presentati alla bottega. Con un
rapido movimento abbassò il colletto della vecchia camicia da lavoro e per
mezzo di uno specchio, giunse con lo sguardo la dove risiedeva la risposta a
tutte le sue domande. Una runa scura, simile a quella impressa sul teschio,
imbrattava la sua pelle e ne ardeva le carni. <<Quando …? Non riesco a ricordare!>> farneticò prima di
accasciarsi sullo sgabello con ancora in mano lo specchio. Anche Reilhan
esaminò il sigillo e seppur non fosse ancora pratico, ricordò che il suo
anziano padre aveva spesso avuto a che fare con quel tipo di maledizioni.
<<Sarà meglio non sforzare la
memoria, fin quando questa runa bloccherà i vostri ricordi. Sento tuttavia il
bisogno di consigliarvi un viaggio presso il monastero a sud di Sihlya, vi
troverete curatori ben più esperti del sottoscritto>>.
Reilhan aiutò
l’uomo a ricomporsi e separato l’artefatto dal suo baule, lo ripose nella
bisaccia di Elesya affinché desse meno nell’occhio. Le giovani leve decisero
infine di congedarsi non prima però di aver chiesto all’uomo il libro con le
macabre effigi e il suo taccuino personale, con la speranza di riuscire a
svelare il mistero che avvolgeva il teschio. Alamar accettò a una condizione
<<Questo non è un regalo, bensì un
prestito. Non sono solito separarmi dai miei libri, preziosi come figli per me!>>
spiegò, ricordando ai ragazzi parole già udite in passato. <<Nel momento in cui non saranno più di alcun
aiuto per voi, dovrete restituirmeli!>>. Nessuno obiettò e per
sancire la promessa - a turno - strinsero la mano dell’uomo. Poco prima di
varcare l’uscio Xera porse allo speziale un’ultima domanda <<Non posso fare a meno di chiedermi: perché
le rose?>>. Alamar ostentò un sorriso malinconico <<La mia defunta moglie adorava quei fiori. Discendeva
da un’antica casata nel cui stemma vi erano quattro rose bianche circondate
dalle spire di un serpente, le cui fortune tuttavia furono sperperate da un padre maggiormente
interessato al vino, piuttosto che alla sua famiglia>>.
Lo speziale
alzò lo sguardo al cielo e aggiunse <<Mia
moglie era solita narrare una leggenda secondo cui un maestoso serpente reale s’invaghì
di una rosa bianca. Lei sosteneva che il serpente reale avesse viaggiato a
lungo alla ricerca d’acqua, ma invano e così allo stremo delle forze, decise di
lasciarsi morire in un vecchio giardino, all’ombra di una rosa bianca. Questa
però impietosita dalla sorte toccata al serpente, iniziò a raccogliere la
rugiada del mattino con le sue stesse foglie, permettendo infine al rettile di
sopravvivere alla siccità. Per giorni il serpente tornò ad abbeverarsi dalla
rosa e pian piano se ne innamorò. Quando infine la siccità giunse al termine,
il serpente decise di restare accanto alla sua amata e così, ansioso di
comunicarglielo, tornò nei pressi del giardino nel quale essa risiedeva. Della
rosa tuttavia non era rimasto altro che uno stelo avvizzito e il serpente, compreso
il vero sacrificio della sua amata, avvolse i resti del fiore con il suo stesso
corpo, cadendo infine in un sonno profondo. I mesi si alternarono, la terra
tornò a essere fertile e presto il serpente si destò dal lungo sonno. Quando riaprì
gli occhi, notò che molto era cambiato, comprese le spoglie che aveva protetto
con le sue spire. Al posto dello stelo avvizzito, infatti, erano nate quattro
piccole rose candide, i cui steli si erano fusi al corpo del serpente. Questi
comprese di non essere più solo e per il resto dei suoi giorni difese le
quattro rose dalle quali non si separò mai più>>.
Xera sfiorò il
fiocco rosso tra i suoi capelli. Non poté fare a meno di ripensare ad Annabell,
chiedendosi che cosa le fosse accaduto in seguito alla sua partenza. <<Era il racconto preferito di Goreha, l’unica
eredità – insieme alle rose – che le aveva lasciato sua madre>>
aggiunse l’uomo. Il gruppo abbandonò la bottega in silenzio e ancora esausti
per il brusco risveglio, decisero di far ritorno alla locanda di Aldaria, lì
dove ad attenderli vi trovarono una vecchia conoscenza.
Sono rimasta commossa dal pensiero gentile che hai avuto, grazie, ti voglio bene.
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