martedì 8 luglio 2014

Xera, la ragazza con la spada (pag. 78)

Il primo ad attaccare fu proprio lui, lanciandosi sulla guerriera con tutta la forza che aveva in corpo. Quando però Xera utilizzò uno dei due bracciali per ripararsi dall’impatto, l’arma del curatore vibrò pesantemente, destabilizzando il suo equilibrio. La ragazza allora ne approfittò per indietreggiare, allo scopo di guadagnare tempo per studiare una strategia. Ma gli attacchi del ragazzo si ripeterono in rapide successioni, dalle quali Xera poté a stento difendersi. Reilhan era un ottimo combattente; il suo fisico allenato gli permetteva di muoversi con notevole agilità e potenza sul campo di battaglia eppure, durante i loro precedenti scontri, non aveva mai mostrato la stessa disinvoltura e non curanza, per le sorti del suo avversario. 
Lottava per proteggere qualcuno – nonostante quel qualcuno fosse il suo aguzzino – del resto non gli importava. 

Xera si domandò che tipo di persona sarebbe stato, se il passato gli avesse riservato ricordi migliori. Le insicurezze, i dubbi e il rispetto per la vita umana però, erano tutte caratteristiche che rendevano Reilhan la persona che aveva scelto di essere e privarlo anche solo di una di queste, avrebbe significato perdere l’amico che tanto stimava. Il novizio sferzò l’aria con la spina affilata, poiché le difese della guerriera erano un ostacolo insormontabile per le sue sole forze. Ogni volta che la colpiva, infatti, l’armatura lo ricacciava indietro. Xera non aveva intenzione di contrattaccare ma la velocità del ragazzo, non le permetteva di riflettere sul da farsi, sebbene restasse poco tempo alla fioritura della rosa sul suo collo. Improvvisamente il maglio le scaldò le mani, come a volerle ricordare la sua presenza e la guerriera poté finalmente comprendere che il solo modo che aveva di liberare Reilhan dagli influssi del nemico, era di affrontarlo con la sua stessa magia. 


Respinse così l’ennesimo affondo del curatore e impugnando il maglio con entrambe le mani, lo disarmò con il dorso del manico facendolo inciampare. La spina rotolò via e Reilhan, frastornato a causa del violento impatto, non mosse più un muscolo. Senza perdere tempo, la ragazza avvicinò il maglio alla rosa azzurra e proprio quando questa iniziò ad appassire, il curatore fu avvolto da una gabbia di rovi che impedì a Xera di continuare la purificazione. La rosa si rigenerò e ben presto riprese a fiorire come se nulla fosse accaduto. <<Se non ti arrendi, il tuo amico si farà del male; vuoi forse correre questo rischio?>> gracchiò la regina, placidamente seduta sul suo trono. <<Se Reilhan fosse cosciente, si prenderebbe a martellate, piuttosto che arrendersi e diventare tuo schiavo>> rispose a tono. <<Allora vuol dire che uno dei due non sopravvivrà; sono curiosa di scoprire fino a che punto ti spingerai in questo duello, dannata!>> aggiunse la regina, che in silenzio tornò a contemplare lo scontro. 

Reilhan iniziò pian piano a muoversi come un burattino. La fluidità dei suoi movimenti venne meno e lentamente divenne rigido come le disgustose lucertole già affrontate in passato. Xera rabbrividì. Non avrebbe permesso al suo amico di diventare un guscio vuoto. Gli corse in contro con il maglio tra le mani, poi evitati due attacchi consecutivi, tentò più volte di avvicinare il possente martello, alla rosa azzurra. Un rovo però la sorprese sbucando dal terreno e in breve tempo si ritrovò disarmata e al punto di partenza. La regina ghignò soddisfatta; avendo perso il maglio, Xera non aveva più alcuna possibilità. Quando la ragazza provò a riprenderlo, Reilhan le bloccò i polsi con le sole mani, mostrando una forza che Xera non si sarebbe mai immaginata. Tuttavia l’armatura era assai potente e gradualmente queste risentirono del potere di Divaahr. 

Fu costretto così a lasciare la presa in preda al dolore, essendo il metallo rovente. Xera tremò; vedere le mani ustionate del suo amico, le riportò alla mente spiacevoli ricordi. <<Non di nuovo!>> pensò. La regina tuttavia colse quell’attimo d'esitazione e presto un sorriso inquietante si stampò sul volto, facendo mostra - in questo modo - degli aguzzi canini. Sollevò leggermente uno dei suoi rovi e il curatore si drizzò su se stesso come fosse una marionetta sbilenca, poi incurante del potere di Divaahr, si scagliò disarmato sul corpo dell’amica. Ogni volta che la pelle del novizio, sfiorava il metallo dell’armatura, s’infiammava e subito diverse piaghe iniziarono a comparire sulle braccia e le gambe. Per quanto Xera provasse a indietreggiare, Reilhan riusciva sempre a raggiungerla e a toccarla, procurandosi volontariamente delle ferite. <<Se ancora non ti è bastato, si può sempre migliorare!>> esclamò la regina ormai euforica. 

Impartì un nuovo ordine e Reilhan si spogliò delle vesti superiori, restando infine a torso nudo. L’ultima volta che il curatore si era mostrato così dinanzi a lei, fu per farle comprendere che il senso di colpa non avrebbe dovuto compromettere le sue scelte future e quell’appariscente cicatrice sul suo petto, glielo rammentò. Allo stesso tempo tuttavia annientò la sua voglia di combattere e nel momento in cui il ragazzo le corse in contro, Xera riuscì solo a chiudere gli occhi, strozzando un urlo in gola. <<Non voglio!>> mormorò, poco prima di ritrovarsi le braccia del suo amico, attorno al suo piccolo corpo. La regina righiò dall’alto del suo trono ma Xera non riuscì a comprenderne il motivo, fin quando non riaprì gli occhi.
Divaahr aveva reagito nuovamente, e rispettando il volere della sua padrona si era ritratto, tornando a essere un semplice anello. 

Scongiurato il pericolo, Xera poté tranquillizzarsi, dimenticando per un attimo che - ormai priva di difese - era alla mercé dei suoi avversari. Il curatore si separò dalla ragazza lentamente; i suoi occhi vitrei incrociarono quelli della guerriera, che per un attimo ebbe la sensazione di essere stata riconosciuta. Il Novizio però era ancora asservito e senza esitare la pugnalò allo stomaco, con una delle spine di Goreha. Xera sbarrò gli occhi e un conato di sangue le uscì dalla bocca, facendola tossire. Istintivamente portò le mani intorno alla ferita e afferrando la spina, cercò in tutti i modi di estrarla ma senza riuscirci. La regina allora, al culmine dell’eccitazione, si sollevò dal trono per gustarsi la scena, agitando velocemente i suoi rovi e ghignando talmente forte da far vibrare le mura del castello. <<Infliggile il colpo di grazia!>> ordinò impaziente, e una nuova spina si materializzò tra le mani del curatore. Xera - ancora in ginocchio - continuò a fissare insistentemente la spina nel suo stomaco, senza rendersi conto dell’imminente attacco che incombeva su di lei. 

Un altro rapido movimento e la seconda spina le sfiorò il petto, in direzione del cuore. Fermata appena in tempo da robuste corde oscure, che come le spire di un serpente, circondarono le braccia e le gambe del curatore, immobilizzandolo. La regina tentò di liberare il suo schiavo ma la gabbia di lame della giovane maga, circondò i tre amici neutralizzando i rovi di Goreha.
<< Xera!>> bisbigliò Elesya, al capezzale dell’amica. Il sangue le aveva impregnato le vesti, benché non si fosse ancora accasciata al suolo. Allo stesso modo anche il curatore non si arrese e agitandosi insistentemente, cercò di sottrarsi alla magia della leva.  Elesya comprese quindi che il suo vantaggio non sarebbe durato a lungo, così con un braccio strinse a sé la ragazza, mentre con l’altro agitò il bastone, guidando le corde affinché recuperassero il maglio perduto. Non impiegò molto per ritrovarlo e per sottrarlo ai continui attacchi della regina. 

Presto il martello raggiunse i tre amici e con gran precisione lo impresse sul collo del ragazzo, annientando la rosa definitivamente. I suoi occhi vitrei, ritornarono azzurri e il colorito pallido svanì. Tuttavia Reilhan, forse stremato a causa dell’asservimento, perse conoscenza ed Elesya si ritrovò infine sola ad affrontare la regina. Goreha, in preda all’ira, si separò dal suo trono; aver perso il suo schiavo la rese ancor più pericolosa. 
In breve tempo si avvicinò alla gabbia della maga e sfoderando i suoi rovi robusti come il metallo, iniziò a colpirla senza sosta. Elesya allora avvicinò anche il corpo del curatore, per proteggerlo ma la gabbia non avrebbe resistito ancora a lungo.
A un tratto la regina si fermò e con gli occhi iniettati di sangue, iniziò a vibrare. I petali neri che circondavano il suo corpo, si dischiusero simultaneamente, ricadendo - come i lembi di un vestito - dalla vita in giù. Il vero aspetto della regina fu quindi finalmente svelato. 

La parte superiore era perfettamente identica alle lucertole che avevano aggredito Xera. Le braccia invece non erano altro che due zampe massicce e squamose con tanto di artigli; sul petto per giunta pulsava una spina - rossa come il sangue - impregnata di veleno scuro. I rovi sottostanti inoltre, si fusero, assumendo l’aspetto di una lunga e possente coda, simile a quella di un serpente. Man mano che si allungava, le squame si fecero sempre più piccole, lucide e scure. Lentamente poi le spire circondarono la gabbia e con forza sovrumana la stritolarono, mandandola in frantumi. Con l’arto sinistro, allontanò il corpo del curatore e il suo maglio, e con il destro si preparò a colpire le due fanciulle contemporaneamente. Elesya tremò dinanzi a tanta forza e nel mentre gli occhi s'inumidirono, ripensando allo spaventoso scenario che Madame Taròt le aveva mostrato attraverso le carte e che proprio in quel momento si stava realizzando. 

Con lo sguardo indugiò prima sul novizio riverso sul fondo della stanza e poi sulla profonda ferita di Xera che non smetteva di sanguinare. <<Non ti permetterò di uccidere i miei unici amici>> disse, prendendo coraggio. La regina sibilò euforica e quasi a voler prolungare la pena del suo nemico, si strinse sempre più attorno alle ragazze. Elesya allora asciugò le lacrime, si separò dalla sua amica e una volta in piedi, innalzò il bastone più in alto che poté. <<Che cosa credi di fare?>> tuonò Goreha, schernendola ed Elesya fissando i suoi serpentini occhi gialli, esclamò <<Sacrifico una vita!>>.

La pergamena che portava con sé, brillò intensamente e avvolta da fiamme nere, si liberò del sigillo che la teneva prigioniera. Poi fluttuando si srotolò, disegnando così un cerchio attorno al corpo della maga. Per quanto la regina tentasse di attaccarla, un’arcana magia oscura la ricacciava sempre indietro e costretta infine in un angolo, non provò più ad avanzare oltre, facendo scattare le fauci per la frustrazione. Quando Elesya pronunciò il voto impresso sulla pergamena, i suoi occhi divennero completamente neri, privati persino del pallore del bulbo; sul corpo invece comparvero delle rune antiche, che le incisero la candida pelle. Dopo alcuni secondi il rito si concluse, ma l'incantesimo esigeva un sacrificio e così dal bastone di Elesya si separò una scheggia lunga e appuntita, che andò a conficcarsi proprio al centro del suo cuore. La barriera svanì e allo stesso modo la pergamena, poi dal nulla apparve un portale dal quale ne uscì una creatura misteriosa. Alto poco più di un Hulfùr e costituito di sole ossa, un essere dalle fattezze canine, fece la sua comparsa

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