<<Ecco, siamo arrivati>> la voce di
Mihrrina ridestò Xera dal suo sonno. <<Spero
per te che le mie amiche siano sane e salve!>> accompagnata da un
Reilhan molto adirato. Non appena superata la fitta vegetazione, il Novizio si
ritrovò nella discreta radura in cui, qualche tempo prima, avevano
costruito un accampamento di fortuna. I suoi occhi indugiarono a lungo sull’aspetto
di Elesya, notevolmente emaciato e stanco ma non poté fare a meno di notare che
anche Xera non era messa meglio. Il suo corpo era, infatti, riverso al suolo
con la testa adagiata sulle gambe di Zabora. Per cui senza distogliere lo sguardo da
quello del guerriero, gli si avvicinò impettito per poi sfiorare il capo dell’amica
epurando le sue ferite. <<Non
occorre più che le tue mani sfiorino il suo corpo>> gli disse scuro
in volto. Xera avvertì un forte imbarazzo e pur non comprendendone il motivo, capì
che allontanarsi dal ragazzo avrebbe reso la situazione meno pesante. <<Dovresti ringraziarmi piuttosto, mi sono
preso cura di lei mentre eri a passeggio nei boschi>>. Zabora si
rialzò in piedi ripulendo gli abiti dalla terra di cui si erano impregnati.
<<Il mio Maglio
sarebbe ben lieto di mostrarti la mia immensa gratitudine>>. Zabora afferrò
l’elsa della sua spada ma la mano di Mihrrina bloccò il suo polso.
<<Basta così! Ci sono cose più importanti da
affrontare in questo momento>> affermò placando gli animi. <<Mihrrina ha ragione, Rei fa qualcosa per
Elesya, il suo cuore sta rallentando>> asserì Xera riconquistando l’attenzione
del Novizio. Reilhan si avvicinò alle due ragazze che, ancora prese dal rito,
se ne stavano immobili l’una di fronte all’altra, tuttavia per quanto ci
provasse, la sua magia non era in grado di restituire vigore al corpo della
giovane maga. <<Non ce la faccio!>> disse dopo l’ennesimo tentativo fallito. Xera gli
indicò l’anello di metallo che fuoriusciva dal collo della fanciulla e il
curatore iniziò a esaminarlo ma nel momento in cui lo sfiorò, una piccola scintilla respinse la sua mano che dolorante, ritrasse in fretta. <<C’è
una barriera che lo protegge!>> esclamò massaggiandosi le dita. Nel
medesimo istante la giovane maga avvertì una fitta alla base del collo, che la
costrinse a inginocchiarsi suo malgrado.
<<Rialzati
e guarda attentamente. Gli amici ti tradiranno prima o poi, per cui osserva e
non distrarti>> le intimò l’artefatto. Elesya si rialzò a fatica,
le forze pian piano la stavano abbandonando e più tempo trascorreva in quella
specie di limbo, più la sua salute ne risentiva.
La scena che si stava svolgendo dinanzi a lei, la impietrì dal terrore. Mai, infatti, aveva assistito a tanta ferocia che la complice dell’uomo stava riversando sul malcapitato prigioniero. Tuttavia nonostante le protratte torture subite, nessun gemito era sfuggito al suo controllo, facendo infuriare la sua aguzzina ancora di più. Era Nephes invece la persona che più di tutte stava soffrendo, al punto da implorare la donna di fermarsi. <<Reciterò la formula, lasciate libero Nithaian, ve ne prego>> asserì con le lacrime agli occhi. Fu allora che Zestor intervenne dopo aver sostato a lungo sul suo trono. <<Libera l’uomo>> ordinò alla complice che obbedì senza obiettare. <<Ora rivelami la formula e il prossimo passo sarà permettergli di abbandonare il mio castello>> le spiegò. Nephes chiuse gli occhi. Subito richiamò a sé le poche energie di cui ancora disponeva e infine iniziò a recitare una nenia in lingua arcaica. Nithaian la fissò a lungo e sebbene il suo corpo fosse disseminato di ferite e tagli, tentò più volte di rialzarsi ma invano. Quando però Nephes terminò la prima parte della formula, attirando su di sé le attenzioni dei due aguzzini, il ragazzo si risollevò e rapido come un fulmine, si scagliò sul capo della donna afferrandolo con entrambe le mani.
La scena che si stava svolgendo dinanzi a lei, la impietrì dal terrore. Mai, infatti, aveva assistito a tanta ferocia che la complice dell’uomo stava riversando sul malcapitato prigioniero. Tuttavia nonostante le protratte torture subite, nessun gemito era sfuggito al suo controllo, facendo infuriare la sua aguzzina ancora di più. Era Nephes invece la persona che più di tutte stava soffrendo, al punto da implorare la donna di fermarsi. <<Reciterò la formula, lasciate libero Nithaian, ve ne prego>> asserì con le lacrime agli occhi. Fu allora che Zestor intervenne dopo aver sostato a lungo sul suo trono. <<Libera l’uomo>> ordinò alla complice che obbedì senza obiettare. <<Ora rivelami la formula e il prossimo passo sarà permettergli di abbandonare il mio castello>> le spiegò. Nephes chiuse gli occhi. Subito richiamò a sé le poche energie di cui ancora disponeva e infine iniziò a recitare una nenia in lingua arcaica. Nithaian la fissò a lungo e sebbene il suo corpo fosse disseminato di ferite e tagli, tentò più volte di rialzarsi ma invano. Quando però Nephes terminò la prima parte della formula, attirando su di sé le attenzioni dei due aguzzini, il ragazzo si risollevò e rapido come un fulmine, si scagliò sul capo della donna afferrandolo con entrambe le mani.
<<Hai
già troppe vite sulla coscienza, ho il dovere di fermarti>> le disse.
Sia Zestor sia la complice, si fiondarono sull’uomo che tuttavia raggiunsero quando
fu ormai troppo tardi. La donna allora afferrò un pugnale e lo lanciò con
grande precisione sulla schiena di Nithaian, ferendo a morte il suo cuore. Nel
momento in cui il suo corpo senza vita ricadde al suolo, Zestor scoprì con
orrore che prima di perire, Nithaian aveva maledetto Nephes marchiandole il
capo con il sigillo del silenzio, che a sua volta le aveva prosciugato quasi tutta la sua
linfa vitale. Del volto roseo non restava più nulla, se non un teschio dagli
occhi cavi con una runa incisa sulla base del collo. La sua ira si manifestò
più potente che mai, ma Elesya non poté assistervi a lungo poiché il suo corpo
fu riportato nuovamente nella dimensione oscura. <<L’uomo che amavo ha bruciato le
mie spoglie, il mio più caro amico invece mi ha maledetta. Non puoi fidarti di
nessuno … prima imparerai la lezione e meglio sarà per te>> affermò
l’artefatto. Elesya percepì le sue gambe farsi sempre più pesanti al punto da farla
crollare a terra. <<Le tue parole
sono mosse dall’odio>> asserì la leva tentando di risollevare il
capo. << Nithaian voleva soltanto proteggere
la formula che eri sul punto di rivelare al tuo nemico>>. L’artefatto
sussultò. <<Che cosa ne puoi sapere tu delle intenzioni di Nithaian. Lo hai osservato
per alcuni minuti eppure sei qui a difenderlo. Su una cosa avevi ragione però,
l’odio mi alimenta, è la linfa vitale che scorre nelle vene. Se non mi fossi
aggrappata a questo sentimento, adesso sarei solo un mucchio d’ossa senza vita>>.
Alcune scintille avvolsero l'ultima catena costringendo la giovane maga
ad allentare la presa.
<<Non ho
intenzione di restare qui ancora a lungo, i miei amici mi stanno
aspettando!>> urlò la ragazza riprendendo la catena con entrambe le
mani. Elesya strattonò gli anelli di metallo con tutte le sue forze, ma subito delle rapide scintille le impedirono di separare il giogo dall’artefatto.
Con le mani che le pulsavano dal dolore, riprese a tirare tuttavia il teschio si
oppose con pari determinazione. <<Non ti permetterò di abbandonare la mia dimensione. Tu ed io siamo uguali l’ho capito dal primo momento in cui ti ho vista, non
riuscirai a spezzare il nostro legame>>. Elesya all'improvviso si fermò. Le sue mani le dolevano ma non vi fece più caso. Al contrario incominciò
a fissare l’artefatto intensamente. <<Il
nostro legame mi è stato imposto e non ne comprendo la ragione. Ciò non
significa che ti abbandonerò una volta spezzata l’ultima catena>>.
Nephes non rispose. <<Hai ragione siamo simili. Entrambe sappiamo cos'è la solitudine!
Proprio per questo non posso accettare di separarmi dalle persone a me più care>>. Elesya strattonò la catena che iniziò a scricchiolare in
segno di resa. <<Mi abbandonerai alla prima occasione, sei come tutti gli altri.
Non vedi l’ora di scappare, lo leggo nei tuoi occhi>>. La giovane
maga si fermò di nuovo ma solo per un breve istante, <<È vero non vedo l’ora di scappare ... ma tu
verrai con me!>>. Elesya strinse le piccole mani così forte da sentire
il sangue pulsare e infine tirò più che poté.
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