Elesya avvertì la morsa di metallo farsi sempre più
pressante man mano che risaliva il suo esile corpo. Le catene raggiunsero le costole
mentre il numero dei nodi aumentò a vista d’occhio. Con la stretta che le
toglieva il respiro, cercò di non perdere la concentrazione ripetendosi che tutto era un inganno, ma con poca fortuna. <<Elesya liberati da quei nodi o ti soffocheranno>>
la redarguì la Conue. <<Potresti
darmi qualche suggerimento, invece di proferire frasi insulse e
scontate>> urlò a squarciagola
sorprendendo perfino se stessa. <<Posso
parlare!>> esclamò senza tuttavia riuscire a festeggiare per la nuova
conquista, poiché messa alle strette dagli anelli di metallo avvinghiati intorno a lei. <<Puoi parlare perché finalmente
stai acquisendo consapevolezza. Fin quando non comprenderai che tutto si svolge
nella tua testa, le ferite sanguineranno e potranno perfino ucciderti>>,
<<Avresti dovuto dirmelo>> la incalzò Elesya respirando a
fatica <<Sarebbe cambiato qualcosa?
Se vuoi delle risposte, devi affrontare il sigillo>> asserì infine
Faiha interrompendo il discorso. La giovane leva non si perse d’animo e armata
di coraggio, si fiondò ancora una volta sui nodi a lei più vicini. Continuò
senza sosta fino a che le dita non iniziarono a sanguinare indolenzite. Ne
mancavano soltanto due per liberare le caviglie e rincuorata dalla sua
stessa determinazione, strinse i denti e sciolse i nodi. Riconquistata la libertà, cercò di afferrare l’artefatto, ma gli spessi muri che la
circondavano non le permisero di sfiorarlo.
Più i minuti trascorrevano
e più questi si avvicinavano, costringendo la leva a restare di nuovo immobile. Elesya provò a fermarne l’avanzata respingendoli con entrambe le
braccia, ma presto si rese conto che la sola forza fisica sarebbe servita a ben
poco. << è solo un inganno>>
disse ad alta voce, sperando di risolvere la situazione, <<I muri non sono reali>> ripeté più
volte ma il loro movimento non si arrestò.
Elesya allora spinse con più energia fino a far lacrimare gli occhi e improvvisamente qualcosa
cambiò. I muri si fermarono e la calma tornò a regnare in quello spazio
indefinito. <<Signorina … perché non
siete ancora pronta?>>, la giovane maga sobbalzò. <<I suoi genitori la stanno aspettando per il
pranzo, si prepari in fretta>>. La ragazza si voltò ritrovandosi all'improvviso nella sua casa natale. Riconobbe subito la sua vecchia stanza nella quale vi
era anche Gianha, la cameriera che continuava a fissarla con un cordiale
disprezzo negli occhi. <<Le sembra
giusto accogliere la sua famiglia vestita così?>> la rimproverò mentre i suoi occhi iniziarono a scrutarla da capo a piedi. Elesya si strinse nelle
spalle non riuscendo a distinguere il sogno dalla realtà e sebbene in cuor suo
avesse desiderato molte volte di tornare alle comodità della sua casa, i
sentimenti provati in quel momento erano contrastanti. Fu la cameriera a ridestarla dai suoi pensieri, afferrandola per un braccio e costringendola a guardarsi allo specchio.
<<Che fine ha fatto la signorina
Elesya?>> la incalzò con il suo solito tono accigliato.
I suoi
vestiti erano sporchi e logori, i capelli scompigliati e la pelle imbrattata. <<Si faccia un bagno e raggiunga i suoi genitori al più presto, sa quanto
sono impegnati; loro non hanno tempo da perdere!>> affermò infine
abbandonando la stanza. Si ritrovò così a eseguire meccanicamente ciò le era stato imposto, proprio come in passato. Si tolse gli abiti consunti e immerse
il suo corpo nella lussuosa vasca di marmo, ricolma d’acqua calda profumata. Per
un istante chiuse gli occhi, abbandonandosi alla piacevole sensazione che non
provava da lunghi mesi. Si rivestì in fretta indossando il primo abito trovato
nel suo fornito armadio e con un velo di nostalgia, ripensò a quanto tempo in passato
impiegasse per scegliere cosa indossare. I suoi genitori erano due studiosi
molto noti nel campo della ricerca magica e la loro presenza in quella dimora
era sporadica quanto la visita di parenti lontani. Era giusto perciò onorarne
il ritorno nella maniera più appropriata come le avevano
insegnato. Elesya percorse il lungo corridoio che separava la sua stanza dalle
altre, senza soffermarsi a lungo su ciò che la circondava. Si fermò soltanto per un momento a fissare il giardino che s’intravedeva dalle tende finemente ricamate
della finestra adiacente. Tutto il prato era ricoperto dalle foglie secche, quasi quel luogo fosse stato abbandonato.
Giunta davanti alla porta della sala da
pranzo, afferrò la maniglia e il suo cuore incominciò a battere frenetico. Una
volta spalancata si ritrovò però in una stanza vuota con i suoi genitori che la
fissavano torvi. Le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, quando da
bambina per sbaglio ruppe un pregiato vaso e i genitori la rimproverarono per ore. <<Sei arrivata
finalmente>> sua madre fu la prima a parlare. Una donna erudita, dai
modi nobili. I capelli erano acconciati nel solito caschetto ebano, sebbene
sottili fili argentati incominciassero a vedersi. Il colorito pallido e le
livide occhiaie nascoste da un elegante paio di occhiali, erano la prova della
sua dedizione al lavoro per il quale non esistevano né vacanze né soste. I suoi
occhi grigi danzavano in tutte le direzioni, esaminando sua figlia e cercando
in lei difetti o mancanze. Indossava un vestito elegante e pratico, pronta a
ripartire se le circostanze lo avessero richiesto. Il colore verde scuro degli
abiti era tipico del suo stile austero. <<Elesya, sono molto deluso>> suo padre se ne stava con le
braccia incrociate dietro la schiena. Era invecchiato dall'ultima volta che lo
aveva visto, al punto che dei suoi capelli neri restavano solo poche ciocche.
Rispetto a sua madre aveva diversi anni in più, che tuttavia non avevano
scalfito la sua naturale bellezza. Aveva gli occhi azzurri che brillavano
vividi quando si trovava di fronte a sua figlia, benché in quel frangente lo
sguardo fosse severo e freddo.
Aveva i capelli corti e un colorito roseo
ma anche lui sfoggiava delle profonde occhiaie. Indossava degli abiti
formali color legno, tipici del suo stile, con un pregiato monocolo dorato
fissato alla giacca, un ricordo del nonno più che un oggetto d'uso pratico. L'uomo, infatti, si era sempre vantato della sua vista acuta simile a quella di
un falco, non a caso era l’animale che più di tutti ammirava. Ne possedeva
persino alcuni esemplari molto rari che aveva personalmente addestrato. Elesya
si avvicinò ai suoi genitori abbassando lo sguardo al loro cospetto,
seppur non ne avesse motivo. E proprio questa consapevolezza la spinse a reagire. I suoi occhi incrociarono quelli di sua madre, dove scorsero un lampo
di sfida mai visto in passato. <<Da
quando sei scappata su quella sciocca isola, hai dimenticato tutto ciò che
ti abbiamo insegnato … Ci hai mancato di rispetto partendo di nascosto>>
la redarguì. Elesya tuttavia preferì restare in silenzio, sapendo quanto sua
madre odiasse essere interrotta. <<Ti
abbiamo iscritto all'accademia di Thesla, sei ancora in tempo per iniziare i
tuoi studi, figlia mia>> aggiunse il padre con un tono più pacato. La
giovane maga scosse il capo con energia <<Non è ciò che desidero>> rispose. Uno schiaffo le percosse il
viso, facendo diventare la sua guancia rossa e pulsante. Elesya si accarezzò la
parte colpita, fissando sua madre con stupore. Era la prima volta che riceveva
una punizione fisica poiché i suoi genitori odiavano la violenza e la
consideravano riprovevole.
Eppure non c’era rimorso nel suo sguardo né in
quello di suo padre. <<Hai gettato
fango sulla nostra famiglia. A causa dei tuoi futili desideri, le nostre
ricerche saranno affidate a persone estranee. Era tuo dovere portare avanti i nostri
studi e non dare credito ai vaneggiamenti di tuo nonno>>, <<Callista!>>
la ammonì il marito, <<Mireo, so
che era tuo padre ma sull'argomento siamo sempre stati d’accordo>> e
l’uomo non disse altro. <<Sei
una giovane donna dai sani principi, non puoi giocare con la morte e tutto ciò
che ne consegue, non ne sei in grado. Dedicati agli studi al meglio delle tue
possibilità e renditi utile per una volta!>>. La donna le voltò le
spalle non sopportandone più la vista. <<Completerò il mio addestramento su Horsia e diventerò una Negromante come il nonno. Per quanto vi ami e vi rispetti, non permetterò a
nessuno di decidere della mia vita … men che meno a due persone che pensano
soltanto a se stesse>>. Alcune lacrime bagnarono il suo viso dando
sollievo alla guancia pulsante. Sua madre strinse i pugni e infine anche suo
padre le voltò le spalle non prima però, di averle donato un ultimo monito
<<Ogni azione ha delle conseguenze,
spero saprai affrontarle a testa alta e con la stessa determinazione>>.
Elesya sentì il suo cuore fremere e proprio nel momento in cui tentò di sfiorare suo padre,
il fresco metallo iniziò di nuovo ad avvolgere le sue gambe. La catena risalì
inesorabile fino al collo stringendo così forte da farla svenire. Quando si
svegliò, capì di essere tornata nella dimensione del portale, dove ancora una volta
la situazione era cambiata.
Chiazze scure erano sparse un po’ ovunque, segni
tangibili di bruciature. Elesya tentò di muoversi ma le catene non glielo
permisero, nonostante i suoi numerosi sforzi. <<Che cosa ho fatto!>> la
voce di Nephes rimbombò per tutto il misterioso limbo. La maga si voltò e la
vide inginocchiata con le mani sul volto. Il prato sembrava un enorme campo di
battaglia, i fili candidi d’erba erano stati spezzati o bruciati ma la cosa che
più di tutte terrorizzò Elesya, furono le centinaia di corpi senza vita riversi
al suolo. <<Tutto il necessario mia
cara, hai scelto e ora grazie a te le porte del Regno Eterno sono spalancate>>.
Elesya riconobbe la voce dell’uomo. <<Ho sbagliato, non dovevo darti
ascolto>> continuò a ripetere più volte con le mani tra i
capelli. La giovane leva notò subito che gli spessi bracciali attorno ai polsi
erano spariti e allo stesso modo quelli delle caviglie, ma della lunga falce nessuna traccia. <<Hai fatto la
cosa giusta invece, mia dolce amata>>, <<Non osare più chiamarmi in questo modo>> urlò la donna a
squarciagola, <<Ti sei preso gioco dei miei sentimenti sin dal primo istante,
sono solo una povera sciocca ingenua>>. Nephes pianse lacrime
amare, stringendo i pugni e battendoli con ferocia sulle gambe. <<Non essere così dura con te stessa, hai
seguito il tuo cuore e ora il tuo compito è finito>>. L’uomo si
materializzò alle sue spalle in una nube bianca che accecò la giovane maga.
Nel
momento in cui Elesya riuscì ad aprire gli occhi, vide una figura alta e
prestante stringere con una mano la falce nero peltro insanguinata e con l’altra
innalzare la testa di Nephes che, sebbene fosse stata brutalmente separata dal
corpo, era ancora viva. Un grido strozzato le uscì dalla gola ma nessuno fece
caso a lei, poiché le catene ripresero a muoversi e a stringersi con forza tale da spezzarle le ossa. Elesya si ripeté a
lungo che il dolore era irreale come le catene, pronunciandolo fino allo
sfinimento. Fino a che non ritornò nel solito spazio indefinito, libera e
illesa. <<Ne mancano due, fatti
coraggio Elesya!>>. Le parole
della Conue la riportarono alla realtà, benché ormai fosse talmente provata da
non riuscire più a riconoscerla. <<Le
catene della costrizione … le aspettative … gli obblighi cui siamo chiamati a
ottemperare … prima o poi ci soffocano. Fino a quando non si compiono delle
scelte che a volte hanno delle conseguenze ben peggiori, seppur le decisioni
prese fossero imbevute di buone intenzioni>>. Elesya cadde in
ginocchio, le energie le vennero meno e l’aria si fece più rarefatta. <<Non credo di riuscire a continuare>>
mormorò con un filo di voce accasciandosi al suolo.
Ci lasci sempre col fiato sospeso, brava :D Però vogliamo sapere di più di Gianha, sembra un personaggio affascinante...
RispondiEliminaGrazie mille, più avanti tornerà e ne parlerò meglio.
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