<<Ti ho
proibito di chiamarmi in questo modo, per me non c’è ingiuria peggiore>>.
Il capo mozzato di Nephes era stato adagiato su di un vassoio d’argento. I
capelli invece le erano stati tagliati in maniera grossolana mentre il viso era coperto di tagli e lividi. Gli occhi ambrati parevano ardere dalla rabbia e
se avessero potuto, avrebbero incenerito l’uomo. <<Avrei dovuto tagliarti anche la lingua a quanto pare, ma sono sempre in
tempo>> la fulminò. Elesya rabbrividì dinanzi a quella minaccia e
deglutì cercando di inumidirsi la gola. <<Fallo, che aspetti. Tanto non ho
nulla da dirti né da perdere>> rispose la donna fissandolo a
lungo. L’uomo le girò intorno come a voler studiare la situazione, per poi
tornare a sedersi sul trono. <<Voglio
la formula, sono stanco dei tuoi giochetti>>. Elesya corrugò la
fronte <<Di cosa sta
parlando?>> domandò all’artefatto che tuttavia non le rispose.
<<Ed io non ho intenzione di rivelarla a un verme del tuo calibro!>>,
<<Sii maledetta>>. L’uomo
sbatté il pugno sul bracciolo intagliato e il tonfo si propagò per tutta la
sala. La giovane maga sobbalzò. <<Vorrà
dire che qualcuno lo farà al tuo posto>>. Nephes roteò gli occhi per
tutto il campo visivo a lei concesso ma non vide nessun altro, a parte il suo
aguzzino e la sua complice. E proprio quest’ultima schiocco di nuovo le dita richiamando a sé il suo bizzarro attendente, così l’essere tozzo tornò nella
sala ma non da solo. Incatenato alle braccia e alle caviglie, un
giovane uomo dai capelli dorati si accompagnava al servitore.
Le catene
erano spesse e pesanti e di tanto in tanto rilucevano se colpite dalla luce. Il
ragazzo era ricoperto di ferite in ogni parte del corpo ma il suo spirito non
era stato ancora piegato e questo si poté leggerlo nel suo sguardo fiero. <<Benvenuto nella mia umile
dimora!>> disse l’uomo fingendo di inchinarsi dinanzi al nuovo
ospite. <<Nithaian!>> Nephes restò quasi senza fiato dopo aver
pronunciato il suo nome. <<Il
valoroso condottiero, Messo degli dei e sporco "Ladro">> spiegò l’uomo,
<<Lui si è preso il mio occhio ed
io mi prendo la sua libertà>>. Il ragazzo sputò a terra, << Non puoi portarmi via qualcosa che non mi
appartiene, la mia libertà è affare degli Dei, non tuo>> affermò. L’uomo,
in preda all’ira, afferrò Nithaian dai capelli e lo avvicinò al capo di Nephes.
<<È questa la fine che ti
spetta>> asserì glaciale ma il ragazzo non ne fu intimorito. <<
Non potrei sperare in sorte migliore. Se
la mia testa dovesse cadere, sarei finalmente libero dalla tua forzata
ospitalità>>. L’uomo colpì il viso del ragazzo con forza tale da
farlo cadere a terra. Poi avvicinandosi al vassoio, sollevò la testa di Nephes per
i capelli <<Era una tua amica,
forse la più cara. Non sei in pena per la sua triste condizione?>>
tentò di provocarlo. <<Ha meritato
le sue pene dalla prima all’ultima, non riconosco un volto amico bensì quello
del mio nemico>>.
Nephes abbassò lo sguardo e delle candide lacrime
rigarono il suo viso. <<Suvvia, che razza di uomo è quello che fa piangere una fanciulla>> li schernì
ridendo rumorosamente. <<Lascialo andare e ti dirò la formula>>
disse all’improvviso Nephes. <<La
mia vita non vale tanto e se ancora ti resta un briciolo di coscienza, cancella
dalla tua mente quelle parole e non pronunciarle mai più>> sentenziò
il ragazzo tentando di dissuaderla. L’uomo, dopo aver deposto Nephes sul
vassoio, si avvicinò al corpo del ragazzo per poi evocare una palla di fuoco
color ciano con cui sfiorò il suo braccio. Nithaian urlò dal dolore quando le
fiamme avvolsero prima il polso e in seguito l’avambraccio, e nel momento in cui provò
a girarsi su stesso per sedare il fuoco, l’uomo bisbigliò una parola che rese
le catene più pensanti e spesse. <<Fermati, ti supplico>> urlò la
donna ma l’uomo la ignorò. Soltanto quando la pelle fu quasi del tutto
bruciata, estinse la sua magia. <<Sono
io che pongo le condizioni, non voi. Dovete obbedire a Zestor, il prescelto>>, <<Stai farneticando>> lo
ammonì Nithaian con le poche energie rimastegli, <<Ti sei impadronito del potere con la forza,
come osi chiamarti prescelto?>> aggiunse ma Zestor rise divertito.
<<Sein, non è troppo tardi. Rinuncia al tuo folle progetto e rendici la
libertà>>. Nephes provò a convincerlo
ancora una volta ma di nuovo i suoi tentativi fallirono, suscitando invece la
rabbia della complice che per tutta risposta la colpì in pieno volto. <<Non osare sfiorarla>> la redarguì
l’uomo <<Salvo che non sia io a
ordinartelo>> continuò sorridendole. La donna dagli occhi a mandorla
si strinse al suo braccio e con voce impercettibile suggerì all’uomo di lasciarle
il lavoro sporco così questi accettò. Tornato a sedere sul suo spettrale trono, si
limitò a contemplare la scena, mentre la donna iniziò a mettere in
pratica i suoi propositi.
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