Nel momento in cui Xera riaprì
gli occhi, si ritrovò distesa a terra con il capo sulle ginocchia di Zabora.
<<Si è svegliata!>> disse
lui. La guerriera tentò di alzarsi ma un lancinante dolore alla testa glielo
impedì. <<Resta sdraiata, cadendo hai
sbattuto contro un sasso>>. Xera allora si sfiorò i capelli e quando
ritrasse la mano, notò che era sporca di sangue. <<Non temere, il tuo curatore ti rimetterà subito in sesto>>
aggiunse il ragazzo guardandola torvo. <<Che cosa ti è saltato in mente? Se Faiha non fosse intervenuta, saresti
morta adesso!>> la redarguì. Xera lo fissò con sdegno. Già la
posizione era imbarazzante, sentirsi fare la predica poi, non migliorava la
situazione. <<Come sta
Elesya?>> domandò cercandola con gli occhi. <<Lei sta bene, non so cosa tu le abbia fatto
ma ha funzionato!>>. Zabora tamponò la ferita con un pezzo di stoffa
imbevuto d’acqua limpida, <<Adesso devi pazientare. Il tuo amico sarà presto di ritorno>> le
suggerì. Benché il guerriero non le fosse simpatico, Xera seguì il suo
consiglio e lentamente chiuse gli occhi sprofondando in un sonno ristoratore.
Elesya si guardò intorno. Le tenebre le sembrarono meno spaventose e così l’artefatto. Una sola catena la separava dalla meta e non c’era tempo da perdere. Quando ormai il teschio fu a pochi passi, Elesya protese il braccio e con titubanza sfiorò l’ultima catena. Nulla però parve accadere. Serrò quindi il pugno e strinse i freddi anelli di metallo. Una fitta improvvisa, dalla bocca dello stomaco, la investì e presto si diffuse in tutto il corpo. La giovane leva abbassò lo sguardo e notò una chiazza rossa propagarsi sulle vesti. Con le mani che le tremavano allora, alzò la camicetta e scorse una lama scarlatta perforarle la pelle. Elesya si sentì mancare ma cercò comunque di resistere. Si voltò e vide ancora una volta un viso familiare. Una ragazza dai fluenti capelli vermigli e dagli occhi verdi era proprio dietro di lei, <<Xera!>> bisbigliò inginocchiandosi pesantemente al suolo. La guerriera tuttavia non mosse un muscolo, restando immobile con la mano stretta intorno all’elsa di Rhinvel. Elesya tamponò la ferita con le mani sperando di fermare il flusso di sangue, senza distogliere mai lo sguardo dalla sua amica. <<Perché lo hai fatto?>> le chiese con le lacrime agli occhi. Ci fu una pausa interminabile e quando il silenzio divenne duro da digerire, la giovane maga ripeté la domanda a gran voce.
<<Alla fine tutti ti tradiranno>> non
fu Xera a risponderle. Elesya alzò lo sguardo e con stupore si accorse
che l’artefatto era in grado di parlare. <<Alla fine tutti ti tradiranno,
non puoi fidarti di nessuno>> aggiunse. La voce era profonda e le
risuonò forte e chiara nella testa. <<La
mia amica non lo farebbe mai, questa è l’ennesima illusione!>>
affermò la ragazza tentando di non farsi sopraffare dal dolore. <<Sciocca!
Questa non è un’illusione, bensì un’immagine del futuro. Dovresti ringraziarmi
per averti aperto gli occhi>> tuonò la voce, minacciosa. <<Xera è diversa! Sarei pronta a gettarmi nel
fuoco per lei!>> ripeté sebbene il teschio continuasse a schernirla. <<
Per questo morirai! Forza, prova a chiederglielo tu stessa. Domandale che cosa
ha visto nei suoi sogni. Le persone mentono, ingannano e alla fine uccidono>>. Elesya si rialzò pian piano e nonostante le sue
convinzioni, l’artefatto riuscì a inculcarle il seme del dubbio. <<È scorretto da parte tua, sai bene che non mi
è possibile comunicare con la mia amica. Le tue parole sono l’ennesimo inganno.
Mi libererò dell'ultima catena e poi finalmente potrò andarmene da qui>>.
La giovane maga iniziò a strattonare il
giogo con forza ma la catena non si mosse di un passo. Una risata fredda e
inquietante echeggiò per tutta la dimensione. <<Non sarai mai libera, fin quando
la fanciulla dal sangue corrotto viaggerà al tuo fianco>>.
<<Smettila, non credo a una sola
parola>> urlò la ragazza in preda all’ira. <<Ti
costringerò con la forza allora>>. La catena che non aveva ancora manifestato particolari abilità, incominciò a muoversi disegnando
un cerchio runico attorno al corpo della ragazza. Nel momento in cui il marchio fu
completato, il metallo divenne iridescente proiettando un abbagliante fascio di
luce che costrinse Elesya a pararsi gli occhi. Quando poté
di nuovo riaprirli, si accorse di essere stata trasportata all’interno di un
palazzo. L’ambiente era avvolto dalle tenebre e per la ragazza fu difficile
orientarsi. Solo una flebile luce riuscì a guidarla fino all’ingresso di una
sala sontuosa ma poco illuminata. Nessuno dei maestosi candelabri appesi al
soffitto, infatti, era stato acceso e il gran quantitativo di ragnatele
presenti attorno alle decorazioni floreali, le fecero pensare che fossero
spenti da lungo tempo. Osservando meglio però, si rese conto che quasi tutto
era ricoperto da uno spesso strato di polvere. Gli arazzi e i quadri invece erano stati
corrosi dall’umidità e dei paesaggi lussureggianti ritratti, restava ben poco
da rimirare. Un vecchio tappeto ammuffito, che in passato doveva essere stato
un pezzo unico nel suo genere, decorava la maggior parte del pavimento,
coprendo alcune crepe che tuttavia erano andate oltre il perimetro di stoffa.
Alla fine
della sala vi era una seduta regale, l’unico elemento in perfette condizioni. Le
gambe del trono erano fatte d’avorio nero, con riflessi blu. La seduta invece
era in legno pregiato, di cui Elesya non riuscì a scorgerne molto data la
distanza. Lo schienale era dello stesso materiale della seduta mentre i
braccioli, anch’essi d’avorio scuro, erano stati intagliati. Per un attimo le
parvero rappresentare due teste d’animale. In prossimità di quel lugubre trono,
vi era una torcia che bruciava di un fuoco color ciano. Poiché
non vide nessuno, Elesya decise di esplorare la sala e quando ne fu al centro,
dei passi la fecero trasalire. In quel luogo non vi erano né finestre né
colonne così, presa dal panico, si nascose dietro un arazzo sperando di non
essere vista. <<Che cosa stai facendo?>> la voce dell’artefatto
la spaventò. <<Perché ti nascondi? Nessuno può
vederti!>> spiegò. <<Mi
hai spaventata a morte e comunque potevi dirlo subito>> rispose la
maga irritata. <<Così però mi sarei persa la tua
reazione>> la schernì. Elesya abbandonò l’arazzo ma preferì
restare in disparte. Dallo stesso uscio che aveva varcato poco prima, un uomo
fece la sua comparsa. <<Lurido verme!>> sbottò il
teschio.
Indossava una specie di uniforme con stivali neri di pelle. Anche gli
abiti erano scuri tendenti al verde rancido. Il dettaglio tuttavia che catturò
la sua attenzione, furono i grandi coprispalle con tanto di mantello in seta nera. Erano
talmente appariscenti da rendere la figura dell’uomo davvero spaventosa. Questi,
infatti, non erano altri che le zampe ossute di una bestia. Per la prima volta la maga
poté scorgerne il volto. Sebbene avesse i capelli completamente bianchi, Elesya notò con stupore che l'uomo non era poi così vecchio come pensava. Il suo viso, non a caso,
era privo di rughe. Solo una cicatrice che partiva dall’occhio sinistro e proseguiva fino alla
guancia opposta, rendeva imperfetta la sua pelle livida. Aveva uno sguardo glaciale,
palesato dal celeste chiaro, quasi grigio, dell’unica iride rimastagli. <<Qualcuno
gli ha fatto un regalo>> sentenziò Nephes gongolando. L’uomo avanzò fino al trono, sul quale si sedette senza battere ciglio.
Non disse una parola poiché assorto nei suoi pensieri, ma all’improvviso la sua
espressione cambiò. <<Mostrati>>
affermò infastidito. Elesya ebbe un fremito e il suo cuore iniziò a batterle forte. Una
nuvola di fumo giallo paglierino invase la stanza e quando svanì, rivelò la
presenza di una donna. Era alta e magra, forse anche in maniera eccessiva. La
sua pelle era giallognola e contrastava con i fini capelli neri che le ricadevano
sulle spalle.
Aveva gli occhi a mandorla color dell’ambra, un naso minuto e due
labbra molto truccate. Indossava delle vesti bizzarre color arancio, così aderenti da sembrare una seconda pelle: erano un pezzo unico con dei tagli sulle
cosce e sulle braccia. Soltanto quando si voltò, Elesya poté notare che sulla
schiena scoperta della donna, vi era un disegno che le imbrattava la
pelle. Rappresentava un rettile di notevoli dimensioni con le zampe strette
attorno al suo collo. <<Che
novità?>> domandò l’uomo senza degnarla di particolare attenzione.
<<L’abbiamo trovata!>>
esclamò sibilando ed Elesya rabbrividì. L’uomo scattò subito in piedi.
<<Maledetta, persino in quelle
condizioni è riuscita a scappare>> tuonò stringendo i pugni.
<<Portatemela qui, ho già perso
troppo tempo>> asserì. La donna s’inchinò e sorridendo compiaciuta,
fece schioccare le dita. Un essere basso e tozzo varcò l’uscio, trasportando un vassoio coperto molto rumoroso. Nel momento in cui fu a pochi passi, Elesya si
sporse per osservare meglio la scena. L’essere tuttavia svanì prima che la maga
potesse vederlo meglio. L’uomo scoperchiò il vassoio per poi concedersi una lunga risata che impietrì Elesya. <<Te lo avevo detto che non potevi sfuggirmi … mia amata!>>.
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