I pensieri di Elesya
Sentii il mio corpo leggero e rinvigorito, perciò aprire gli occhi fu per me il
gesto più sensato da fare. Nel momento in cui ci provai, ebbi però la
sensazione che le palpebre si fossero fuse con il resto del viso. Il cuore mi
martellò in petto e l’ansia mi attanagliò. <<Calmati, è normale dopo tutti questi
giorni>>, una voce familiare mi tranquillizzò. Cercai a tentoni
qualcosa con cui inumidirmi il volto, non facendo caso al pezzo di stoffa
fresca che mi copriva la fronte. La afferrai e mi ci strofinai gli occhi
accuratamente per permettere loro di aprirsi. In principio non vidi che
riflessi sfocati di un mobilio modesto, che divenne sempre più
particolareggiato man mano che la vista si abituò alla luce della stanza. Fu
allora che mi resi conto di essere sola <<Chi mi ha parlato?>> borbottai.
<<Ti sei già dimenticata di me?>>
la voce tornò a farsi sentire. Girai il capo in ogni direzione, eppure non
riuscii a scorgere nessuno, quando all’improvviso una fioca scintilla attirò la
mia attenzione. Appoggiato al muro accanto al letto, vi era un bastone sulla
cui cima era adagiato un teschio. Sbarrai gli occhi e subito i ricordi tornarono
ad assalire la mia mente: il rito, il confronto con Nephes, la possessione
temporanea e infine le torture inflitte a quell’uomo. Mi sentii mancare mentre
la nausea prendeva il sopravvento.
<<Che
cosa ho fatto?>> mormorai stringendo la testa con forza. <<Non angustiarti per un avversario, vi
avrebbe ucciso se non fossi intervenuta >>. Benché le parole della
voce avessero l’intento di incoraggiarmi, ottennero l’effetto opposto. Fui travolta dal senso di colpa, ricordando la maschera di dolore sul volto dell’uomo.
<<Dove sono i miei amici?>>
chiesi, sebbene dubitassi delle mie azioni, <<Nelle loro stanze, dopotutto è notte fonda>> mi rispose la
voce che riconobbi essere quella di Nephes, la donna che aveva reso la mia vita
un inferno. Mi voltai verso il teschio e per un attimo desiderai incenerirla
con lo sguardo. <<Se la mia
presenza è di troppo, non hai che da dirlo!>> obiettò indignata, ma
la rabbia nel mio stomaco esigeva ben altro che un repentino congedo. <<Fa quello che ti pare!>> le
risposi brusca e presto il baluginare, che fino a quel momento aveva avvolto il
teschio, svanì lasciandomi uno strano senso di vuoto. <<Finalmente!>> pensai ignorandolo. Mi
rialzai cauta poiché, da quello che avevo capito, dovevo aver dormito per
molti giorni e subito i muscoli assopiti delle mie gambe, me ne diedero prova.
Quando fui in grado di camminare senza difficoltà, tentai di raggiungere la
piccola finestra della stanza, in modo da avere almeno un’idea della mia posizione
attuale. Riconobbi senza difficoltà l’edificio che si stagliava di fronte, le
braci accese della fucina, infatti, attirarono la mia attenzione. <<Se quello è il fabbro, io mi trovo nella
locanda di Aldaria>> commentai.
Benché ci fosse una lanterna accesa, l’olio
che conteneva era sul punto di esaurirsi, per cui la luce prodotta non era
sufficiente a illuminare tutta la stanza. Ne accesi un’altra un po’ più grande
accanto alla finestra per avere una chiara visione dell’ambiente che mi
circondava, permettendomi così di riconoscere lo stile classico della locanda:
essenziale, funzionale e accogliente. Approfittai della vasca di legno colma d’acqua
calda per farmi un bagno, << Queste
tinozze devono essere state incantate, non vedo altra spiegazione>>
pensai a voce alta, mentre il calore rinvigoriva i miei muscoli. Chiusi gli
occhi per un solo istante abbandonandomi a quella piacevole sensazione, ma il
volto dell’uomo era ormai inciso sulle mie palpebre, tornando prepotentemente a torturarmi. Mi rivestii in fretta con il primo abito che
trovai a disposizione, una tenuta simile all’uniforme della giovane leva, alla quale però non feci molto caso. Decisi perciò di raggiungere i miei amici, sebbene il
cielo puntellato di stelle mi suggerisse di attendere ancora un po’. Lasciai il
mio bagaglio nella stanza, incluso il bastone, l’ultima cosa con cui avrei
voluto avere a che fare in quel momento, richiusi la porta e percorsi il
corridoio domandandomi quali stanze gli fossero state assegnate. Scartai l’ipotesi
di bussare a ogni uscio per non disturbare gli ospiti della locanda e
sconfortata, mi recai verso le cucine giacché un dolore lancinante allo stomaco, mi ricordò di dover mangiare. Scesi le scale senza far rumore e poco prima di
svoltare l’angolo, sentii un gruppo di voci discutere tra loro.
<<Per quanto ancora dovrò attendere?>>
disse la prima, <<Te l’ho già
detto, non appena Elesya si desterà, ne riparleremo>> rispose la
seconda, il cui tono familiare mi fece battere il cuore. <<Temi forse il suo parere?>>
ironizzò la terza. <<Xera!>>
pensai, quella voce l’avrei riconosciuta tra mille. Colma di gioia mi decisi a
raggiungerli, tuttavia la visione che mi si parò dinanzi, annientò il mio
entusiasmo. Il ragazzo che tempo addietro aveva attentato alla mia vita, se ne
stava in compagnia dei miei amici come fosse un conoscente di vecchia data e senza che
loro muovessero un dito per allontanarlo. Mi sentii ardere dalla rabbia, un
sentimento che nell’ultimo periodo mi aveva accompagnata a lungo. Decisi quindi
di attaccarlo, ma priva della mia arma avrei potuto fare ben poco. Ancora una
volta però, ripensare al bastone mi riportò alla mente quell’uomo,
costringendomi a riflettere sulle conseguenze delle mie azioni. Quando la
rabbia scemò, provai a immaginare cosa avesse indotto i miei compagni a sedergli
accanto, ma non trovando nulla di convincente, decisi che era arrivato il
momento di partecipare alla riunione, dopotutto era me che attendevano. Mentre
mi avvicinavo, potei notare come Reilhan e Xera fossero particolarmente vicini. Era bizzarro vederli tanto tranquilli, poiché di solito non facevano che bisticciare: lo
ammetto, ne ero gelosa.
Lo strano ragazzo fu il primo a notare la mia presenza,
essendo i miei amici di spalle. <<Avrò
la mia risposta molto presto>> affermò fissandomi a lungo, al cui
sguardo non osai sottrarmi per fargli capire quanto lo detestassi. Xera si
voltò di scatto e quando mi vide, il suo viso si illuminò. Era davvero bella e non se ne rendeva conto. Mi sentii subito meglio stretta nel suo abbraccio,
che riuscì a placare i miei pensieri in tumulto. Anche Rei mi strinse tra le
braccia, entrambi dovevano aver atteso a lungo il mio risveglio, lo potei
notare dai solchi profondi attorno ai loro occhi. <<Da quanto tempo sei sveglia?>> mi domandò Xera con un velo di commozione, <<Da qualche ora, è stato
faticoso ritornare a camminare>> confessai e di nuovo fui assalita da
una nuova serie di abbracci da parte dei miei amici; solo la Dea sapeva quanto
mi fossero mancati! <<Siediti
adesso, non devi affaticarti>> mi consigliò Rei, il lato premuroso
del suo carattere non poteva fare a meno di prendere il sopravvento. <<Mi dispiace, ma non posso sedere alla stessa
tavola di quello lì >> fui chiara sin dal principio riguardo ai miei
sentimenti, <<Il mio nome è Dereth
Lusio>> mi rispose, ignorando il mio commento. <<Mi perdonerai se non me ne importa un fico
secco>> ribattei furiosa. Rei mi fissò stranito, per lui era insolito
vedermi tanto adirata <<Ti senti
bene?>> mi domandò subito dopo. <<Mai stata meglio, voi piuttosto? Perché vi state intrattenendo al suo
tavolo?>> non potei fare a meno di esternare il mio stupore << È una storia lunga, permettimi di
raccontartela>> rispose il tizio ancora una volta senza essere
interpellato, ma di nuovo lo ignorai irritandolo non poco. Mi ritenni soddisfatta quando
contrasse il labbro dalla rabbia.
<<Hai
tutte le ragioni per detestarlo e non credere che per noi sia diverso>>
mi rassicurò Xera, <<Il punto però è che, con o senza di lui, vorremmo recarci presso le Paludi Lodo per affrontarne
il signore indiscusso>> mi spiegò. <<E tutto questo, cosa ha a che fare con lui?>> davvero non
riuscivo a comprenderlo, <<I suoi compagni
sono stati catturati da quel mostro, per cui è venuto a chiedere il nostro aiuto
con la coda fra le gambe>> aggiunse Reilhan. <<Temo vi stiate sopravvalutando>> Dereth era sul
punto di perdere la pazienza, le sue nocche infatti, erano ormai diventante
bianche a furia di stingerle con forza. <<Dici? Eppure sei qui dinanzi a noi, supplicando il nostro
aiuto!>> tenne a precisare Xera. Fu allora che intervenni <<A tal proposito, perché hai deciso di
rivolgerti proprio a noi dopo quello che ci hai fatto passare?>> domandai
scura in volto, sentivo che c’era qualcosa che non tornava. <<Siete i primi che ho incontrato>>
tentò di tergiversare, <<Non me la
bevo, ma se questa è la verità, non sarà difficile per te rivolgerti a qualcun
altro>>, lo avevo messo con le spalle al muro, ne ero certa. <<Sei molto scaltra, ammetto di averti mal
giudicato>> disse <<Le
lusinghe non ti porteranno lontano!>> lo avvisai. <<Se mi sono rivolto a voi è perché, tra tutte
le leve, siete le meno scarse>> confessò suo malgrado ma con poca
convinzione, <<E ...?>>
lo incalzai, c’era dell’altro e glielo avrei fatto sputare.
Dereth strinse i
pugni e li batté sul tavolo per la frustrazione <<Dannata ragazza! E va bene. Non sono riuscito a sconfiggerlo e lui si è
preso i miei compagni. Sono stato un debole. Spero che questo sia
sufficiente!>> asserì fulminandomi con lo sguardo. Mi sentii
rabbrividire e decisi di non infierire oltre. <<Anche tu hai un cuore!>> mi lasciai sfuggire
sedendomi. Dereth restò in silenzio, per poi accomodarsi con un sorriso compiaciuto
sul volto <<Saresti una sciocca a
convincertene. Ho un debito verso quei due e fino a quando non lo avrò
ripagato, li terrò in vita>>. Per la prima volta mi sembrò davvero
sincero e questo mi spaventò. Non volli indagare sulla natura del loro
rapporto, primo perché Dereth non mi avrebbe concesso altre confessioni,
secondo perché avevo già troppo cui pensare. Il male che mi portavo dentro
tentava di emergere in ogni momento, ma sapevo che starmene a rimuginare non
avrebbe portato a nulla di buono. Considerai il salvare delle vite come un
percorso necessario per la mia redenzione, sebbene quel profondo senso di colpa
mi avrebbe, probabilmente, accompagnata per il resto della mia vita. Se dare
una possibilità al mio acerrimo nemico, però, sarebbe servito a placare il mio
cuore, decisi che in fin dei conti non avevo nulla da perdere fin tanto che i
miei amici mi fossero restati accanto. <<Allora? Che cosa hai deciso?>> asserì Dereth impaziente,
<<Parla, ti ascolto e fa che i tuoi
discorsi siano più convincenti dei precedenti>> risposi sicura di me,
l’idea di tenerlo sulle spine mi divertì, alla fine che male c’era se la mia
redenzione avesse atteso ancora un po’?
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