La voce di
Faiha catturò la mente di Elesya che dopo aver bevuto il siero, cadde in un
sonno profondo tuttavia privo di sogni. <<Ascolta
le mie parole Elesya e fa solo quello che ti dico>> si raccomandò la
Conue, in una strana cantilena a tratti ipnotica. <<Cerca di visualizzare soltanto l’artefatto, nella tua testa non dovrà
esserci nient’altro>>. La giovane maga provò a rispondere ma la voce
le morì in gola. Incominciò allora a pensare alla tetra immagine del teschio in
ogni suo singolo dettaglio: dalle orbite cave, alle giunture delle ossa,
arrivando perfino alle sottili venature porpora distribuite sino alla runa. E
proprio il marchio definì la figura che presto si materializzò dinanzi a lei. Sebbene
si trovasse in un oscuro spazio indefinito, l’artefatto emanava una flebile
luce che a tratti tremolava, quasi fosse eterea. Elesya provò a sfiorarlo ma
Faiha la ammonì. <<Per favore fa
solo quello che ti dico>> ripeté.
La maga ritrasse la mano e la ricongiunse all’altra in una sorta di
preghiera silenziosa. <<Elesya,
potrebbero susseguirsi una serie di eventi improvvisi dovuti al sigillo impresso
sul teschio, non averne timore e concentrati sulla mia voce>>. Non
appena Faiha finì di parlare, delle spesse catene di metallo circondarono
l’artefatto, mentre le estremità libere dal giogo, presero a muoversi come le
spire di un serpente per poi schioccare minacciose, quasi fossero fruste.
Elesya istintivamente indietreggiò ma subito ricordò le parole della Conue e
prendendo coraggio, riguadagnò il terreno perduto. Quando fu a pochi passi dal
teschio, una delle catene schiocco verso di lei, ferendole una spalla. Elesya
avvertì un forte calore propagarsi dal punto in cui era stata ferita fino alla
mano, ma non indietreggiò oltre. <<Il
dolore che percepisci è illusorio, è solo un inganno>> disse Faiha
per rassicurarla e le sue parole ebbero conferma, poiché le fitte si
placarono all’istante. La maga si massaggiò la spalla sospirando sollevata.
<<Devi eliminare quelle catene una
alla volta, ma attenta, per ogni spira ci sarà una visione o una prova da
superare. Sei pronta?>> Elesya annuì non potendo parlare e lentamente
provò ad afferrare la prima catena. Prenderla però non fu semplice perché i
rapidi movimenti erano difficili da anticipare. Inoltre ogni passo divenne
pesante quasi quanto camminare nell’acqua. Nel momento in cui la catena si spostò alla sua
destra, Elesya si lasciò cadere e con il corpo bloccò la spira che
tuttavia continuò a divincolarsi con vigore. Le braccia iniziarono presto a
dolerle, in quanto la sola forza fisica non fu sufficiente a placarla ma non potendo
far altro, strinse più che poté. Quando la spira si fermò, Elesya
riaprì gli occhi e subito notò che l’ambiente intorno a lei era mutato.
Era un
luogo a lei familiare al quale aveva sperato di non far più ritorno. Il prato
canuto le riportò alla mente tristi ricordi, ma questa volta c’era
qualcosa di diverso. Proprio dinanzi a lei, infatti, vi era la porta più grande
che avesse mai visto. A primo impatto sembrava essere costituita di solo marmo,
il più candido esistente, seppur delle venature dorate ne solcassero la
superficie rendendolo luminoso se colpito dalla luce. Pregiati decori ne
costituivano il perimetro, con fregi rappresentanti motivi floreali,
intervallati a rilievi di volti comuni ed eterei distribuiti sull’intera
superficie. Era come se umano e divino si fondessero una volta attraversato
quel varco. Sia sulla base sia sull'architrave delle scritte incise sul marmo s’illuminavano
a intermittenza, simile a un elenco in costante aggiornamento. <<Cerchi
forse il tuo nome?>> la voce di una donna la fece sobbalzare.
Elesya si voltò e dinanzi a lei una figura imponente si chinò per osservarla
meglio. Aveva dei lunghi e fluenti capelli neri che le sfioravano le caviglie
nude. Il suo viso era pallido così come il resto del corpo e i suoi occhi
ambrati sembravano due gemme vivide. Le labbra carnose e rosee tradivano il
pallore del suo colorito e di tanto in tanto la donna si mordeva quello
inferiore, mostrando perplessità.
Indossava una sottile veste ottanio che
metteva in risalto le sue prosperose curve, benché la profonda scollatura fosse
già abbastanza imbarazzante, secondo Elesya. Ciò che tuttavia attirò la sua attenzione,
furono gli spessi bracciali che circondavano le caviglie e i polsi. Erano di
bronzo ma con incisioni in rame che a prima vista davano l’impressione di
essere delle manette, piuttosto che dei monili. << Sei sorda? Ti ho fatto
una domanda!>> la incalzò la donna, avvicinando il suo viso alla
maga. Elesya ne fu intimorita date le grandi dimensioni dell’essere e la donna
se ne accorse. <<Giusto, dimentico sempre che il mio aspetto vi
spaventa; mi sembri una tipa apposto, per te posso fare un’eccezione>>
aggiunse e afferrando il bracciale destro, lo girò in senso antiorario per
due volte. Un lampo accecante investì la giovane maga che fu costretta a
proteggersi gli occhi con le mani. Quando infine li riaprì, notò che la donna
non era più grande quanto la porta ma sebbene il suo corpo si fosse assai rimpicciolito,
restava comunque molto alta. Di nuovo si avvicinò a Elesya, camminando scalza
sul soffice prato. <<Così va meglio?>> le domandò e
la maga annuì. <<Ora posso sapere cosa ci fai davanti all’ingresso
del Regno Eterno? A nessuno è concesso di sostare in questo luogo … questa è la
mia prigione personale>> confessò la donna abbassando lo sguardo.
<<Se sei qui … >> ma non ebbe modo di finire la frase perché un
rumore attirò la sua attenzione.
<<Presto, nasconditi dietro la porta, ma non
toccarla o non avrò più il piacere della tua chiassosa compagnia>> la
avvisò strizzandole un occhio. Elesya seguì le indicazioni della donna e si
nascose facendo ben attenzione a non sfiorare il candido marmo. <<Fatti
vedere, nulla può celarsi dinanzi agli occhi di Nephes, la guardiana del
portale>>. Elesya ebbe un sussulto e iniziò a tremare quando
dalla nebbia si rivelò la figura di un uomo, il cui volto tuttavia era celato.
Nephes girò per tre volte il bracciale sinistro e nella sua mano apparve una
falce oscura che gli puntò contro. Elesya si sporse per avvisare la donna ma non appena sfiorò il freddo marmo, la visione svanì e lei si ritrovò avvolta
dalle tenebre, con il teschio privato di una delle sue catene. <<Ci sei riuscita, ne mancano solo altre
quattro e sarà tutto finito>> asserì Faiha, la cui voce tranquillizzò
la giovane maga. Elesya avrebbe voluto dirle quanto aveva visto, ma la voce non
ne voleva sapere di uscire. Non potendo fare nulla a riguardo, si limitò a
eseguire le indicazioni della Conue e così avvicinandosi a piccoli passi,
individuò la successiva spira da catturare. A differenza della precedente, la
nuova catena era immobile e descriveva un ampio cerchio attorno all’artefatto.
Elesya si chinò su un ginocchio e facendo attenzione, allungò la piccola mano. La catena però continuò a restare ferma e anteponendo i suoi timori, la giovane maga la afferrò senza pensarci.
Una fitta lancinante e un forte calore
avvolsero prima le sue dita e infine la mano fino al polso. Seguita da un odore
insopportabile che le trafisse le narici. Elesya si strinse il polso con forza e
subito notò l’appariscente bruciatura sul suo palmo che tracciava l’esatta
forma della catena. Ma non ebbe il tempo di ragionarci su poiché una
barriera costituita da sole lingue di fuoco incandescenti, si frappose tra il
suo corpo e l’artefatto. La temperatura divenne asfissiante, seppur continuasse a
ripetersi che era tutto un inganno. La ferita però pulsava ancora e le fiamme
vivide danzavano minacciose dinanzi a lei. <<Il sigillo si prende gioco della tua mente>> le
ricordò Faiha e benché ne fosse consapevole, non riuscì a muovere un solo passo.
<<Non ce la faccio>>
pensò e presto una lacrima le solcò la guancia. <<Che cosa
sta succedendo?>> domandò Xera vedendo il volto contrito dell’amica.
<<Shhh! Fai silenzio!>>
la ammonì Mihrrina che non distolse mai lo sguardo dalla sua protetta. Xera si
morse il labbro dalla frustrazione. Si rese conto, infatti, che qualcosa non
stava andando per il verso giusto, sebbene non potesse far nulla per la sua
amica. Indecisa sul da farsi, pensò che l’unico in grado di poterla aiutare
fosse Reilhan, che tuttavia si era incamminato verso Kodur. Xera si
strinse nelle spalle e ricordando le parole di Elesya, pensò di concederle
altro tempo, anche se questo avrebbe significato assistere inerme dinanzi alle
sue sofferenze.
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