Quando Elesya e Xera giunsero dinanzi al castello,
notarono che il passaggio era stato stranamente sgombrato e questo le
insospettì. Decisero quindi di procedere
con circospezione, temendo un’incursione nemica da un momento all’altro. Xera
non ripose lo scudo, essendo sprovvista di spada, mentre Elesya, ancora provata
per il doppio incantesimo, continuò a camminare alle spalle della compagna. << Perché ogni volta che un’impresa dovrebbe
essere semplice, ci ritroviamo invece a scappare da mostri spaventosi, a
percorrere luoghi angusti e a salvare i nostri amici, la cui vita è appesa a un
filo?>> lamentò la maga, intimorita dalla foresta. <<Perché altrimenti tutti sarebbero in grado
di affrontare questa competizione … immagino; o forse siamo soltanto
sfortunati!>> rispose Xera riponendo il coltello e porgendole quindi
la mano libera per rassicurarla.
Il grande portone di legno massiccio che separava la
foresta, dall’interno del castello, si spalancò misteriosamente. Era pesante e
rumoroso, forse a causa della ruggine, che aveva ormai divorato tutti i
chiavistelli di ferro. Elesya immaginò soldati impettiti, che in gruppo
tiravano lunghe catene consunte, tuttavia al di la dell’uscio non c’era
nessuno. <<Magia!>> esclamò a voce alta. <<Indubbiamente!>>
concordò la guerriera. A differenza dei castelli di stampo classico, questo non
aveva alcun fossato, poiché la barriera di spine era una difesa difficilmente
espugnabile, salvo che qualcuno non volesse farti entrare. Sospettando quindi
di essere attese, le due ragazze proseguirono spedite, per ritrovarsi infine nel
cortile centrale. Contrariamente alla foresta, le piante del giardino erano
rigogliose e verdeggianti ed Elesya poté giurare che ogni singola siepe vantasse moltissime varietà di rose, alcune per giunta a lei sconosciute. Le
siepi erano disposte in maniera tale da formare dei cerchi concentrici, la cui
origine non era altro che il centro del cortile. E proprio lì, nel punto
focale, vi era una statua ad altezza d’uomo con l’effigie di una donna dalla
bellezza sconcertante.
<<Scommetto che viste dall'alto, queste siepi diano l'illusione di essere i petali di un’enorme rosa>> spiegò Elesya, meravigliata dalla bellezza di quel posto. <<Non perdere la concentrazione; temo che quella donna sia la famosa Goreha!>> la ammonì Xera, rammentandole la gravità della situazione. Lasciatosi alle spalle il giardino, le due ragazze salirono sulle rampe di scale che collegavano il cortile, al resto del castello. Giunte infine davanti all’uscio di vetro e metallo, scoprirono che anche questo era aperto e in attesa di essere varcato. Una volta entrate, il portone si chiuse alle loro spalle, oscurato da pesanti tende di velluto che serravano anche tutte finestre. La stanza era molto buia, sebbene alcuni raggi di sole filtrassero dalle brecce nel muro. <<Fa’ attenzione!>> disse Xera bisbigliando, <<Sento puzza di trappola>>.
Elesya si strinse alla guerriera, non potendo far
ricorso ai suoi poteri per illuminare l’ambiente, e tenendo le orecchie ben
aperte, cercò di percepire ogni singolo rumore. Xera invece si armò nuovamente
di coltello, e con lo scudo davanti al corpo, provò a guardare oltre il buio
per individuare la presenza di eventuali nemici. In un primo momento un
silenzio opprimente fece loro compagnia e l’unico suono che poterono udire, fu
il battito accelerato dei loro cuori spaventati. All'improvviso però qualcosa
cambiò e dal centro della stanza si proiettò una luce assai fioca come quella
di una piccola candela. La luce procedeva lentamente in direzione delle due
amiche, le quali temendo il peggio, si prepararono ad attaccare. Quando infine
fu a pochi passi, il loro cuore finalmente si tranquillizzò, poiché il portatore
della candela non era altri che Reilhan.
<<Ci hai fatto prendere un bello spavento, Rei!>> mormorò Elesya, asciugandosi gli occhi dalla
commozione. Ma Reilhan restò in silenzio, con lo sguardo spento e il volto
impassibile. <<Non ti sarai
dimenticato delle tue amiche, in sole poche ore!>> protestò Xera,
contrariata dalla freddezza del curatore. <<Ti sbagli!>> rispose gelido, <<Xera Rouster ed Elesya Muritor, le giovani leve che appartengono al mio
gruppo>>. Elesya, sebbene trovasse insolito il comportamento del
compagno, fu contenta di averlo ritrovato sano e salvo. <<Dobbiamo uscire dal castello>>
disse, <<La missione è ormai
terminata, non vi è motivo di restare>>. Xera annuì e afferrando
Reilhan per un braccio, tentò di ritornare sui suoi passi. Ma il Novizio
protestò, sostenendo invece che non sarebbe tornato indietro senza il prezioso maglio
perduto.
Le due ragazze non insistettero oltre, conoscendo bene il valore
sentimentale che aveva quel martello per Reilhan. <<Cerchiamo altre candele: divisi avremmo più possibilità di ritrovare le
tue cose>> affermò Xera e il Novizio fu d’accordo. Tuttavia di
candele non vi era alcuna traccia e i Soli lentamente iniziarono a sparire,
cedendo il passo alle tenebre. <<Quella
dove l’hai trovata?>> domandò
Xera, indicando la luce fioca <<Mi
è stata donata>> rispose Reilhan. Xera si fermò di colpo, invitando
Elesya a fare lo stesso. <<Che cosa
intendi dire con “mi è stata donata”>> aggiunse. Il curatore però non
rispose e in silenzio continuò a camminare, distanziando man mano le due
amiche. <<Dove stai
andando?>> urlò Elesya e ancora una volta Reilhan restò in silenzio. Giunto
infine al lato opposto della stanza rispetto all'uscio, Reilhan si fermò e
voltandosi spense la candela. Xera ed Elesya restarono vicine, spalla contro
spalla, e con il cuore che batteva all'impazzata, iniziarono a tremare.
Improvvisamente qualcosa di umido sfiorò il braccio della maga, facendola
gemere dalla paura. Anche Xera fu sfiorata, ma per un tempo inferiore.
<<Mostrati, chiunque tu sia>>
urlò a gran voce. Una risata agghiacciante si propagò per tutto il castello e
un brivido freddo percorse le loro schiene. <<Ho una brutta sensazione>> disse Elesya, tremante. La
guerriera cercò di non perdere la calma, sebbene quel suono avrebbe intimorito il
più coraggioso dei soldati. Tuttavia non fu in grado di individuarne il luogo
preciso di provenienza e accecata a causa delle fitte tenebre, pensò che la
tattica migliore fosse di socchiudere gli occhi. Bisbigliando quindi, rivelò il suo piano all'amica che la imitò senza esitare. <<Che cosa pensate di ottenere?>>
asserì la voce, echeggiando in tutta la stanza. Le ragazze non risposero, si limitarono invece a tenere gli occhi ben chiusi e le orecchie tese. La voce allora
si fece più minacciosa. <<Povere
sciocche bambine! Un espediente del genere non vi salverà la vita>>
affermò.
<<Perché dunque vi
accanite contro di noi, che mai vi abbiamo arrecato offesa?>> domandò
allora Elesya, incapace di comprendere le ragioni del suo nemico. <<"Mai" dici? Proprio tu, maga di quart’ordine,
dovresti tacere>> protestò funesta, <<Pensi forse che non abbia viso come con la tua magia hai estirpato,
tagliato e infine segregato i miei piccoli, solo perché vi erano di ostacolo? “Non
mi avete arrecato offesa” insinui inoltre. Entrare nella MIA casa senza esservi
annunciate o non prima di aver chiesto il mio consenso, ti sembra forse lecito?>>.
La giovane maga non parlò. Nonostante tutto, quella voce diceva il vero. Il
pensiero di ritrovare l’amico perduto, aveva offuscato il loro buon senso. Mai,
infatti, avevano tenuto in considerazione, l’ipotesi di dover chiedere
formalmente il permesso del padrone del castello, prima di poterne varcare l’uscio.
<<Vi chiediamo scusa>>
gemette rammaricata, <<Stai
zitta!>> rispose invece la voce, <<È troppo tardi ormai. Dovete pagare per quello che avete fatto ai miei
figli>>. La luce si accese e la stanza s’illuminò a giorno. A causa dell’improvviso
chiarore, le due ragazze restarono abbagliate e per alcuni minuti non videro
nulla. Una volta però che la vista si
abituò nuovamente alla luce, Xera ed Elesya si pentirono di aver aperto gli
occhi. Dinanzi a loro, infatti, ai piedi di un trono costituito da ossa e
teschi, vi era il loro fidato compagno inginocchiato al cospetto della signora del castello. <<Reilhan, che cosa
stai facendo?>> gridò Xera, sconcertata <<Vieni via di lì!>> aggiunse Elesya. Il Novizio tuttavia non mosse
un passo e la regina continuò a ridere compiaciuta. <<I vostri moniti sono inutili! Il corpo e l’anima
di questo ragazzo, mi appartengono ormai!>> esclamò. Xera non volle
credere alle parole della regina e correndo in contro all'amico, riparata dallo scudo, lo invitò ancora una volta ad allontanarsi dal mostro.
<<Taci!>> rispose lui secco,
bloccando infine la corsa della guerriera. <<Come osi definire la mia signora: “Un mostro”. Al contrario, è la donna
più bella che io abbia mai visto>> spiegò, con lo sguardo spento e completamente
soggiogato. <<Ti ha forse dato di
volta il cervello? Svegliati!>> lo ammonì <<Se quel mostro è una donna, io sono uno Yak!
O vuoi forse dirmi che essere avviluppato dai suoi rovi tentacolari, è più
gradevole di quel che sembra?>>. La regina cambiò espressione.
<<Come puoi … è impossibile, sei
solo un essere umano. Non ti è concesso vedere il mio aspetto>>
ringhiò minacciosa. <<Non so di
cosa tu stia parlando, brutta strega e togli i tuoi luridi rovi ammuffiti dal
corpo del mio amico, o per te saranno guai>>. Elesya raggiunse la guerriera e afferrandola
per un braccio, la invitò a calmarsi. <<Smettila Xera, perché dici questo. Non ci sono rovi in questa stanza?>>.
Xera si voltò imbronciata e scrutando la compagna, iniziò a temere che anche lei fosse vittima dell’influsso di Goreha. <<Allontanati>> le intimò. <<Come fate a non vedere il mostro seduto su
quello spregevole trono>> spiegò furente ma Elesya continuò a
sembrarle confusa mentre il curatore giaceva ancora inerme tra le braccia della
mostruosa regina. Stanca di parlare, la guerriera si fiondò sul nemico,
decisa a sconfiggerla e dimostrare infine ai suoi compagni che non era pazza.
Non appena però fu a pochi passi da lei, delle radici robuste come il metallo spaccarono il pavimento, creando infine una barriera di spine, invalicabile. Xera
indietreggiò appena in tempo ed Elesya dovette finalmente ricredersi, circa le
folli teorie dell’amica. Quando comunque fu sul punto di scoprire la verità, un
profumo intenso la avvolse, ingannando i suoi sensi e bloccandone i movimenti. Nello stesso momento un rovo si separò velocemente dal resto della barriera e con
violenza inaudita le colpì il fianco, lasciandola senza fiato. <<Elesya!>> urlò la guerriera
preoccupata, senza tuttavia avere il tempo di soccorrerla, poiché un altro rovo, con medesima velocità, le si scagliò contro.
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