Xera ed Elesya continuarono a cercare il loro compagno
sino a notte fonda, poi non riuscendo più a scorgere nulla, a causa delle fitte
tenebre, dovettero arrendersi e sostare al di fuori della foresta nera.
<<Sono certa che Reilhan sia lì da
qualche parte>> disse Xera, osservando le spesse radici con molta
attenzione, <<Appena il cielo si
schiarirà, riprenderemo le ricerche, anche a costo di mettere a soqquadro l’intera
foresta!>> aggiunse Elesya risoluta. Xera non poté fare a meno di
sorridere dinanzi alla determinazione della sua compagna, notando quanto fosse
cambiata rispetto ai primi tempi sull’isola. Non appena il primo sole fece la
sua comparsa le due amiche ripresero le ricerche, tuttavia ben presto si resero
conto che a differenza del giorno prima, la foresta si era ancora più
infittita.
<<Queste maledette
piante, se avessi una spada le ridurrei a brandelli>> protestò Xera
sfiorando il fodero vuoto sulla cintura. Elesya invece restò in silenzio,
rimuginando su alcuni pensieri. <<Credo
di avere la soluzione!>> disse
infine, <<Quando hai nominato la
spada, mi è venuta un’idea?>>, <<Ossia?>>, <<Semplice! Sta
a guardare!>> spiegò. La giovane maga afferrò il bastone di legno e
metallo, e sollevandolo fin sopra la testa, iniziò a pronunciare una strana
formula. In un primo momento sembrò che nulla fosse cambiato. Poi invece man
mano che la formula si articolava, strani bagliori circondarono l’arma e ben presto s’illuminò come fosse una torcia. Alla fine della litania, dei
sottili raggi iniziarono a proiettarsi dal bastone alle piante e una volta
entranti in contatto, la luce si tramutò in lame, tagliando di netto ogni
singola radice. Xera restò senza parole, ma non era finita qui.
Poiché le piante
tagliate erano subito sostituite da nuovi germogli dalla crescita accelerata,
Elesya impose la mano sinistra sul terreno e magicamente accanto ad ogni nuovo
rovo spuntarono le funi oscure, che impedirono a questi di serrare il passaggio
appena creato. <<Hai fuso i due
incantesimi! Sono strabiliata dalla tua abilità>> asserì Xera ed
Elesya sorridendole, invitò l’amica a correre, essendo ancora incerta sulla
durata dell’incantesimo. Giunsero quindi al centro della foresta nera ma per la
maga fu impossibile ripetere lo stesso trucco, poiché priva di energie.
<<Il terreno avrà assorbito ancora
una volta i tuoi poteri, cerca di usare la magia con parsimonia d’ora in avanti
o cadrai addormentata>> spiegò Xera. I rovi centrali, diversamente da
quelli esterni, erano più scuri e le spine più lunghe e aguzze, tanto che in
alcuni snodi evitarle fu arduo. Improvvisamente Elesya si fermò.
<<Guarda!>> disse
stupita; una rosa nera dai petali grandi come pugni, era sbocciata non molto distante
ed essendo la missione ancora in corso, ne approfittarono.
<<Xera,
dietro di te!>> urlò Elesya all'improvviso: alle spalle della
guerriera una spina, affilata come una spada, iniziò ad allungarsi rapidamente. Elesya chiuse gli occhi temendo il peggio e l’unica cosa che poté
udire, fu un tonfo metallico. Quando li riaprì, fu ben lieta di sapere l’amica
al sicuro, protetta dal suo prezioso scudo. <<Per un pelo!>> mormorò Xera, asciugandosi la fronte. <<Caro Divaahr, ti devo
un favore!>> aggiunse e per un attimo le sembrò che lo scudo vibrasse
compiaciuto. Con Divaahr ben alto, le due ragazze continuarono a farsi largo
tra i rovi, non sapendo tuttavia da che parte andare.
Al di la della foresta, in un palazzo avvolto dalle rose, qualcuno osservava attentamente i movimenti delle giovani leve, manovrando le spesse radici come fossero prolungamenti del suo corpo. Al centro del salone principale invece, vi era una gabbia di rovi e spine di metallo, il cui ospite dormiva profondamente. <<Svegliati!>> ordinò, stanca di aspettare e cessato l’effetto del gas, Reilhan poté finalmente riaprire gli occhi. <<Dove sono finito?>> pensò, la risposta tuttavia non tardò ad arrivare. Avvolta dalle tenebre, una strana figura se ne stava seduta in silenzio, su di un trono di ossa e teschi. Come se non bastasse, tra un osso e l’altro, s'intravedevano delle sottili spine nere, che avrebbero reso la seduta assai scomoda per chiunque altro. Reilhan restò impietrito dinanzi a quell’ombra, poi però distolto lo sguardo, si rese conto di essere completamente disarmato.
A pochi metri dalla gabbia, posti su di un
altare di pietra lavorata, c’erano il fido maglio e la bisaccia. <<Non vi angustiare mio giovane ospite>>
proferì la figura, la cui voce si propagò in tutta la sala, dando al curatore la sensazione che potesse trovarsi ovunque e da nessuna parte. <<I vostri oggetti personali sono al sicuro e
nessuno qui, tenterà di rubarli>> il tono della voce cambiò
e una risata agghiacciante risuonò in tutto il palazzo. <<Ho convenuto che la giusta punizione, per
aver deturpato le mie splendide piante, sia la perdita della vostra libertà.
Anzi, oserei affermare di essere stata anche fin troppo indulgente, verso colui
che senza remore: ha martellato, squarciato, percosso …>> più gli
aggettivi si susseguivano e più la voce si faceva minacciosa e cupa, tanto che
per il Novizio fu impossibile non tremare. << … i miei preziosi bambini. Come hai osato! Sciocco e imperfetto umano.
Non ho mai provocato alcun danno ai mocciosi che si aggirano sull'isola>> spiegò, ma presto ebbe un attimo d’esitazione e qualcosa si mosse, accarezzando
i teschi del trono. <<Oh si! Tranne
quando, guidati dall’avidità, si son spinti oltre la barriera di spine, ferendo
la mia prole>>.
La figura si sollevò e lentamente si mosse in
direzione della gabbia. Dalle finestre, avvolte da spesse tende scure, filtrava
rado qualche raggio di sole e man mano che la creatura avanzava, Reilhan poté
scorgerne dei frammenti. <<Chi
ferisce i miei figli, è condannato a morte!>> disse quasi
bisbigliando, giunta ormai a pochi passi dal Novizio, <<E tu non farai eccezione!>>. Una mano bianca e
apparentemente umana, strinse con forza le sbarre della gabbia, nonostante
fossero irte di spine, e quando anche il viso si protese in avanti, Reilhan
conobbe la sua carceriera. <<Siete
dunque voi, la fantomatica Goreha?>> affermò tremante e lei sorrise
compiaciuta. <<Io sono la tua
signora adesso, non osare pronunciare il mio nome senza il giusto
appellativo>> spiegò gelida. Dalla spalla sinistra sbocciò una rosa
turchese e una volta colta, Goreha ne soffiò i petali dentro l’angusta gabbia.
Reilhan, non potendo muoversi, fu costretto a respirare il polline di quel
fiore e come fosse stato maledetto, si ritrovò completamente succube della
signora delle rose.
Quando ogni barlume del suo spirito fu infine annientato,
Goreha illuminò la stanza con un gesto della mano, mostrando al nuovo
sottoposto, il suo intero aspetto. Dell’orribile creatura di cui tanto si parlava, non
vi era alcuna traccia, al contrario dinanzi al lui si palesò la donna più bella
che avesse mai visto. Il suo corpo era sinuoso ed elegante, vestita soltanto
di petali e foglie di rosa, che a stento le coprivano le seducenti rotondità. La
sua pelle era candida come la neve e riluceva come fosse bagnata dalla rugiada,
se colpita dai raggi del sole. Aveva lunghi capelli corvini che morbidi le
ricadevano sulle spalle, di cui alcune ciocche erano adornate da sottili
steli, simili alle viti, e piccole rose bianche di notevole bellezza. I suoi occhi
di fuoco gli ricordarono per certi versi quelli di Hillin, della quale dimenticò il nome dopo alcuni secondi. Le labbra rosee e carnose invece,
incanalarono tutta la sua attenzione e per lui fu impossibile distoglierne lo
sguardo, rapito da cotanta bellezza.
Il profumo inebriante della regina avvolse
l’intera stanza e l’unico pensiero che il Novizio riuscì a manifestare, fu quello di restarle
accanto; per lui ormai non contava nient’altro. Mosso dal desiderio di poterla
anche solo sfiorare, Reilhan cercò di distruggere le sbarre a mani nude,
ferendosi ripetutamente a causa delle spine metalliche, che in breve tempo si
tinsero del suo sangue. Goreha ne fu compiaciuta, poi quasi a voler suggellare
il suo incantesimo, tese una mano al ragazzo che senza indugiare, afferrò e
accarezzò come fosse il suo tesoro più prezioso. <<Molto bene!>> affermò Goreha, sottraendosi alla presa
<<Esegui i miei ordini e ti
concederò di toccarmi ancora una volta!>> aggiunse infine. Reilhan
osservò la regina e nuovamente si protese verso di lei, ferendosi con le spine.
Non riuscendo però a raggiungerla, si sentì ardere dalla rabbia e senza indugio
accettò le condizioni di Goreha, rinunciando così alla sua libertà. La gabbia
lentamente si aprì e di nuovo libero, poté infine raggiungere la sua nuova
padrona, perdendo se stesso tra le braccia della regina velenosa.
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