<<C’era un
tempo in cui le entità divine risiedevano stabilmente tra noi, camuffati ovviamente,
ma sempre pronti a rivelarsi quando la situazione lo richiedeva. Vivendo a
stretto contatto con gli abitanti di Raifaelia, era consuetudine inoltre, che le
divinità decidessero di elargire particolari doni a chi reputassero affidabile.
A volte si trattava di armi potenti, altre di poteri magici rari o addirittura
della Lebith Ketui (la Conoscenza Sapiente). Gli individui eletti erano
destinati a compiere grandi imprese e a godere di profondo rispetto. L’anima
umana tuttavia, non è votata solo alla purezza di spirito, ognuno di noi,
infatti, nasconde un lato oscuro che in alcuni casi prende persino il
sopravvento.
Anche i prescelti non erano immuni a questa lotta interiore
tuttavia, diversamente dai comuni esseri umani, avevano una tempra morale
ammirevole. Questi uomini e donne però non erano immortali e durante un normale
combattimento, potevano essere feriti e persino uccisi. Adesso vorrei che tu
prestassi particolare attenzione a ciò che sto per dirti, poiché ti riguarda personalmente>>.
Fissai Zaharra e con un cenno del capo, la esortai a continuare il
racconto.
<<Molto
bene! Uno dei prescelti più noti della storia, è stato sicuramente Kùa Leis che
seppur fosse un ragazzo molto giovane, giocò un ruolo fondamentale durante la “Guerra
delle sette piume” che si svolse nella città di Sihlya. Purtroppo in seguito a
questa sanguinosa battaglia, il ragazzo perse la vita, nonostante avesse il
dono della Lebith Ketui e non fosse schierato sul campo. Alcuni ipotizzarono
che fosse stato ucciso dalle stesse divinità, poiché videro in lui un
potenziale nemico>>. Mi grattai la testa perplessa, << È una teoria assurda; come può una divinità
temere un potere che egli stesso ha donato?>> obiettai. <<Molti la pensarono come te, infatti, nessuno
diede credito a questa versione, nonostante partisse da una persona di grande
importanza: Raghana Leis, la negromante più potente mai esistita e la persona
più influente del Concilio, dopo Murdar il saggio.
Non è un caso che questa donna condividesse lo stesso cognome del giovane: lei, infatti, era sua
madre. La donna non accettò mai la morte del figlio e allo stesso modo, continuò
ad accusare le divinità per la sua prematura dipartita. Quando le sue teorie divennero
troppo scomode, fu scacciata dal Concilio e in seguito anche dalla capitale della
magia. Alcuni pensarono addirittura che fosse morta, poiché per molto tempo nessuno sentì più parlare di lei. Vorrei farti una piccola premessa prima di
proseguire.
I poteri dei prescelti avevano sempre fatto gola a tutti senza
alcuna eccezione. Non era quindi così insolito che alcune famiglie nobili o
uomini di dubbia moralità, fossero alla continua ricerca di qualche espediente
che permettesse loro di entrarne in possesso. Nessuno c’era mai riuscito
tuttavia, fino a quando non cominciò a diffondersi la voce secondo cui,
attraverso un rito, era possibile assorbire i poteri divini. L’unica condizione
da soddisfare, consisteva nel raccogliere il sangue di una divinità, senza il
quale sarebbe stato impossibile completare la formula.
Fu quello l’inizio della
caccia più crudele che Raifaelia avesse mai conosciuto. Chiunque ambisse al
potere, si metteva alla ricerca delle entità divine nella loro forma mortale e
una volta individuate, erano uccise senza pietà>>. Ancora una volta
obiettai << Ma se erano divinità, come
potevano soccombere così facilmente contro i mortali?>>. Zaharra allora,
abbassando lo sguardo e con il viso rammaricato, mi disse << Ilanoth, lo spirito divino degli alberi in
primavera, era una divinità incapace di comprendere la guerra, non in grado di
concepire il desiderio di uccidere e quindi ignaro del significato della parola
“difesa”. Per lui il solo fatto di ripararsi da qualcuno spinto dal desiderio
di far del male, era privo di logica. Fu semplice per Dong Jak ucciderlo nella
sua forma mortale e prelevarne il sangue. Spero che questo esempio sia stato
utile!>> mi spiegò poco prima di fare una pausa per riprendere fiato.
Dopo qualche minuto e un sorso d’acqua, continuò la sua storia. <<Una volta entranti in possesso del sangue e
raggiunto un luogo noto solo a pochi, si sottoponevano al rito. Questo
consisteva nel mescolare il proprio sangue con quello rubato e subito dopo il
completamento della formula, si acquisivano doni inconcepibili … ma non è
finita qui.
L’idea di diventare
potenti quanto i prescelti, condusse innumerevoli uomini alla morte, poiché il
rito era un inganno ben architettato. Una volta in circolo, il sangue divino e quindi l’essenza della stessa divinità, prendeva il sopravvento su quello del
corpo ospitante, fino a condurlo alla pazzia e infine alla morte. I più forti
riuscivano a sopravvivere, ma il prezzo pagato era molto alto. Se non perivano entro
pochi minuti dalla fine del rito, questi si tramutavano in bestie sanguinarie, pronte
a uccidere chiunque gli parasse la strada: le chimere. L’aspetto variava in
base alla divinità di cui si era assunto il sangue e così la personalità.
Era tuttavia uno status temporaneo perché dopo un certo periodo, anche il più
resistente, soccombeva a causa della pressione spirituale divina.
Il rito fu
architettato da Raghana la Negromante, la quale con una sola mossa, portò
avanti la sua vendetta contro le stesse divinità, che continuarono a essere
uccise nelle loro forme mortali e infine contro i signori della guerra,
responsabili per la morte dei suoi genitori in gioventù. Non passò molto e
questo rituale fu dichiarato illegale e punibile con la morte, tuttavia la
legge non sortì alcun effetto, inoltre le divinità non tornarono più a
manifestarsi ai mortali e gradualmente scomparvero del tutto. Solo le più
potenti restarono, ma ben nascoste e pronte a difendersi contro chiunque
mostrasse intenzioni ostili. Con loro sparirono anche i prescelti perché le
divinità rimaste tra i mortali, diffidavano di loro.
Penserai che senza gli
Dei, il rito fu dimenticato … ma ti sbagli. Inoltre, non tutti quelli entrati
in contatto con il sangue divino, avevano intenzioni ostili: capitava a volte
che questo avvenisse a causa di sfortunate circostanze e quando accadeva,
le divinità avevano due possibilità. La prima era quella di uccidere lo
sfortunato, mentre la seconda invece, era decidere di graziarlo>>.
<<In che modo?>> domandai. <<Attraverso un sigillo o marchio, che dir si voglia! Non credere però
che essere graziati fosse la scelta migliore. Il segno impresso dal Dio,
conduceva alla morte, se privi di forza tale da sopportare la pressione
spirituale della divinità. Il sigillo serviva a tener separate le due entità,
tuttavia poteva essere facilmente rotto, dallo stesso mortale al quale era
stato impresso. Come, ti starai chiedendo. Semplice! Bastava vivere un
particolare stato di turbamento o anche essere in pericolo di vita: il sigillo
si dissolveva e il malcapitato si tramutava in chimera.
Potrai quindi, tu
stessa comprendere che chiunque fosse stato marchiato, era isolato e molto
spesso, perseguitato."Tohua" (i segnati) così li chiamavano, la sciagura
peggiore nella quale imbattersi. Coloro che erano colpiti da quella che diventò
una vera e propria maledizione, trascorrevano la loro esistenza a nascondersi per
evitare di trasformarsi in un mostro. Raramente accadeva però, che i Tohua più
talentuosi, imparassero a dominare la propria forza interiore, al punto da
indurre una specie di mutazione che non implicasse necessariamente la perdita
della ragione e che al contempo, conferisse loro tutto il potere della
divinità. Il sigillo quindi, evolveva di pari passo al loro potere. Anche l’aspetto
fisico cambiava. Una delle caratteristiche più note tra i Tohua evoluti era il
colore dei capelli. Infatti, quando la trasformazione in chimera iniziava, questi
sbiancavano assumendo riflessi argentei … proprio come i tuoi>>.
Zaharra
mi passò un piccolo specchio mentre la fissavo confusa. Quando mi specchiai,
ebbi un fremito. Così come mi aveva spiegato l’anziana donna, i miei capelli,
un tempo castani, erano candidi come la neve con qualche riflesso argentato simile
al mio occhio destro. Ero sul punto di abbassare lo specchio, quando notai qualcos'altro sul mio capo. Due bianche orecchie feline. Inorridita, lo lasciai
cadere sulle coperte e con entrambe le mani, mi tastai i grandi
padiglioni auricolari, terrorizzata. Zaharra provò a tranquillizzarmi ma le sue
parole non placarono la paura che covavo nel mio cuore. <<Diventerò un mostro?>> domandai
con un filo di voce, forse sul punto di piangere. <<Non necessariamente!>> mi rispose la donna.
<<Nonostante il processo di mutazione si fosse
avviato, sono riuscita, con la mia magia, a bloccarlo temporaneamente. Sebbene
il tempo a tua disposizione non sia molto, hai l’opportunità di cercare colei
alla quale hanno portato via il sangue. C’è una cosa che devo dirti però,
sebbene io sappia l’esatta ubicazione della fortezza dove lei risiede, sappi
che questa entità divina non ha mai graziato nessuno. Aseth la dea dalle
sembianze di Maìka (noto felino del continente di Baràt) ha rinnegato i comuni
mortali e si è rinchiusa in un tempio-fortezza, nel quale in molti hanno perso
la vita. All’interno ci sono pericoli di ogni sorta e se qualcuno è così
fortunato da giungere al suo cospetto, lo uccide lei stessa>>.
<<Perfetto,
allora sono destinata a tramutarmi in un mostro e poi a morire!>> affermai
con tono arrendevole. <<Io non
direi queste parole prima di averci almeno provato, è pur sempre la dea della
dualità, colei che ha il controllo sulle due facce dell’anima. Recati alla fortezza
e combatti per la tua vita. Una sorte avversa è destinata solo a chi non ha il
coraggio di lottare per cambiarla>>. L’anziana donna, si alzò a
fatica e battendo il bastone con energia, evocò una pergamena sulla quale era
tracciata la strada da seguire per raggiungere la dimora di Aseth. <<Sei l’unica persona cui ho donato questa
mappa, non farmene pentire>> mi confessò. Quando strinsi il pezzo di carta
tra le mani, una nuova luce schiarì il buio del mio cuore: era la speranza.
Brava,riesci sempre a lasciarci a bocca aperta.
RispondiElimina