Prima di poter restare in piedi senza difficoltà,
dovetti ingurgitare diverse dosi di una medicina stantia che mi avrebbe
permesso finalmente, di intraprendere il mio nuovo viaggio. Zaharra mi donò inoltre, un mantello con un duplice obiettivo: il primo era di nascondere il mio aspetto
al resto della popolazione di Taseth, mentre il secondo, invece, era di
proteggermi dalle raffiche di vento e sabbia che mi avrebbero investito una
volta in marcia. Senza alcuna difficoltà riuscii a rientrare in possesso della
mia bisaccia, nella quale l’anziana donna, ci aveva inserito tutto l’occorrente
per affrontare la mia nuova missione; comprese delle pozioni supplementari nel
caso avessi impiegato più tempo del previsto (sebbene fosse quasi agli
sgoccioli).
Decisi di apportare delle piccole modifiche ai miei abiti affinché
la mia nuova coda potesse muoversi liberamente, senza provocare incidenti imbarazzanti.
Per le orecchie invece c’era poco da fare, ma fortunatamente, il mantello era
munito di cappuccio e quindi non avrebbero costituito un grosso problema … per
ora almeno. Consultando la mappa mi resi conto che per accedere alla fortezza, avrei
dovuto attraversare la giungla alle spalle del villaggio. Non era la prima che vedevo,
ma probabilmente era la sola nascosta in mezzo a un deserto. Camuffato tra alberi e liane, c’era un portale che mi avrebbe condotto sul lato opposto
del deserto di Ashamor: punto peculiare dal quale avrei poi iniziato la ricerca del tempio.
<<Mi sono
presa la libertà di riempire la tua borsa con del cibo, bende e pozioni utili
per qualsiasi circostanza; ho applicato inoltre, un incanto alla bisaccia in
modo tale da permetterle di trasportare il doppio del contenuto attuale>>
spiegò Zaharra porgendomi il bagaglio. La ringraziai per tutto quello che aveva
fatto per me e poco prima di andare, le rivolsi una domanda: <<Perché mi hai aiutato? Sono una straniera
dopotutto e verso di me non avevi alcun obbligo>>.
La donna mi
guardò e sorridendo rispose <<Sei
una ragazza diffidente … proprio come Aseth. Sbagli comunque nel dire che non
avevo obblighi nei tuoi confronti. Non avrei mai permesso alla donna che ha
protetto mia nipote, di morire dinanzi ai miei occhi. Le hai impedito di
affrontare quello sciocco rituale che l’avrebbe sicuramente uccisa>>
Zaharra si sedette affaticata, <<Questo
villaggio e tutti i suoi abitanti sono maledetti e la cosa peggiore è che
questa maledizione è stata auto inflitta. La Dea Aseth un tempo risiedeva tra
noi e noi soltanto potevamo godere della sua presenza. Era venerata e amata ma soprattutto
rispettata. Aseth però fu l’unica divinità a non creare mai prescelti, forse perché
a causa del suo potere ambivalente, il lato oscuro del designato avrebbe potuto
prendere il sopravvento. In seguito alla furiosa caccia agli Dei inoltre,
divenne ancor più restia e dichiarò che mai avrebbe donato i suoi poteri a un
umano. Alcuni di noi non accettarono questa decisione, per cui durante una
celebrazione in suo onore, la più fidata delle sue ancelle le tagliò la gola e
versò il suo sangue in un calice.
Quest’azione condannò il villaggio, poiché
tutti quelli che desideravano i poteri dei prescelti, iniziarono ad attuare, in
modo sconsiderato, il rituale di Raghana. Sarebbe inutile dirti che cosa è
accaduto in seguito. Restarono in vita solo pochi di noi ma sfortunatamente
questa tragedia non distolse i miei sciocchi compagni dall'abbandonare le loro
folli ambizioni. Anzi al contrario, rafforzò in loro il desiderio di generare
il primo prescelto di Aseth. Ogni anno da quel giorno, ci sarebbe stata una
celebrazione in onore della Dea (anche se ormai ci aveva abbandonati per
sempre). Poiché Aseth era nella sua forma mortale, una ragazza assai giovane, si
decise che al rituale avrebbero partecipato solo le fanciulle che le
somigliavano nell’aspetto, con la speranza che questo espediente potesse aumentare
le probabilità di successo.
Cercai in tutti i modi di dissuaderli e per punirmi,
fui bandita dalle celebrazioni. Sostenevano, infatti, che il mio cuore avverso avrebbe
influito negativamente sull'esito del rito. Provai a spiegar loro che senza l’ausilio
di Aseth, il rituale era destinato comunque a fallire, essendo un raggiro, ma
ancora una volta fui derisa e scacciata. Capirai allora che quando il Maestro
ha bussato alla nostra porta, cinque giorni fa, per comunicarci che la mia
giovane nipote sarebbe stata la nuova prescelta, ho fatto l’impossibile per
impedirlo. La mia famiglia però, è tra coloro che sostengono il rituale … forse
perché fu proprio mia sorella a uccidere Aseth nella sua forma mortale.
L’azione
immorale di Sesùa ci ha condannati tutti, ma nessuno se ne rende conto. Quando
avrai abbandonato Taseth, mi accerterò che il calice sia distrutto, così da
liberarci per sempre da questa maledizione. Spero davvero che tu possa convincere
la Dea maìka, a mio avviso sei l’unica che merita di essere salvata. Ora però
non indugiare, parti e fa presto; il tuo tempo è troppo prezioso, non sprecarlo
con una vecchia sciocca>>. Ringraziai Zaharra di nuovo, se nel mio
cuore c’era ancora speranza, era per merito suo.
Attraversai il villaggio velocemente senza che nessuno
si accorgesse di me; fu semplice dopo tutto, considerando che gli abitanti di
Taseth se ne stavano ancora rintanati nelle loro case. Giunta all'ingresso della giungla, mi guardai alle spalle e per un instante notai una vecchia
signora agitare il suo bastone in segno di saluto. Scomparve però, così
in fretta che dubitai di quanto avevo appena visto. La prima parte della
traversata andò liscia come l’olio, infatti, mi limitai a seguire un vecchio
sentiero, tracciato per facilitare il cammino tra gli alberi. Man mano che m’inoltravo
tuttavia, la strada divenne meno visibile a causa della fitta vegetazione che l’aveva
quasi ricoperta del tutto. Ipotizzai che l’ultimo tratto del sentiero fosse il
meno battuto, forse perché nessuno aveva avuto più il coraggio di proseguire
fino al cuore della giungla.
Quando la strada svanì del tutto, iniziai ad
affidarmi alla mappa, distogliendone lo sguardo solo per accertarmi di non
cadere in qualche voragine nel terreno. Dopo un’ora di marcia, pensai di essere
ormai prossima alla meta, sebbene quel paesaggio sempre uguale cominciasse a disorientarmi.
Decisi allora di riposare per qualche istante e approfittai di quei pochi
minuti per rileggermi la mappa. Quando finalmente compresi che la direzione intrapresa
era quella giusta, decisi di rimettermi in cammino. Giunta nei pressi di una
fonte d’acqua però, restai senza parole. Quella sorgente fu l’ultimo punto di
riferimento che la mappa mi fornì. Da lì in poi le indicazioni mutarono e da
disegno, assunsero l’aspetto di una poesia. Non mi persi d’animo tuttavia, nonostante
considerassi assurdo che quattro versi in rima decidessero del mio destino.
Lessi così il primo con attenzione:
“Il sentiero
degli uomini è un ricordo sbiadito,
e d’ora in avanti, ti
sentirai affranto e smarrito.
Ma non indugiare oltre,
oh mio sprovveduto,
poiché la meta che adesso
ti ho appena taciuto,
appare soltanto a chi abbonda
d’astuzia tale,
da giungere a occhi
chiusi, fin dentro il Portale”
<<Perfetto!>>
pensai, << sarà una passeggiata
allora, se tutti i versi sono così dettagliati, troverò il tempio entro
stasera>>. Cominciai a calciare per la rabbia un sasso che ebbe la
sfortuna di capitarmi a tiro. Il mio unico indizio era completamente inutile:
non una coordinata, né tanto meno un punto di riferimento. <<Astuzia!>> gridai furente,
<<Perché non ci ho pensato prima, è
così logico alla fine>> ancora una volta continuai a calciare tutto ciò
mi intralciava il mio “astuto” camminare avanti e dietro. Quando sgombrai il
terreno dalla più piccola roccia, mi tranquillizzai ma non prima di un ultimo
gesto di stizza. Afferrai quindi un sasso un po’ più grande e con forza lo
lanciai nella fonte.
Inaspettatamente generai un’onda tale da bagnarmi tutto il
mantello e non solo. Anche la terra attorno alla piccola fonte s’inzuppò, ad
eccezione di una parte di questa che al contrario, rimase asciutta. Mi
avvicinai incuriosita e notai allora che delle gocce stavano scorrendo
via da una superficie inesistente. Servendomi dell’acqua della fonte quindi,
decisi di bagnare tutta l’area circostante e notai lo stesso fenomeno per
diversi metri. Senza esitare allora, allungai le mie mani in direzione delle
gocce sospese e quando giunsi a sfiorare della roccia bagnata, fui investita da
una luce intensa che mi costrinse a ripararmi la vista per non rimanerne
abbagliata. Quando il bagliore si affievolì, tolsi le mani dal viso e dove
prima c’era uno spiazzo vuoto, era comparso il tanto agognato portale.
Sopraffatta dall'emozione, mi accasciai al suolo ammirando l’antica struttura
con soddisfazione. Rilessi allora il primo verso della poesia e finalmente lo
compresi. Così come il villaggio di Taseth, anche il Portale era nascosto da
una barriera che lo rendeva invisibile, per cui affidarsi alla sola vista
sarebbe stato inutile. Premesso questo, avrei potuto, senza far ricorso all’acqua,
notare che la vegetazione era minore in alcune zone dello spiazzale e se non
fossi stata travolta dalla rabbia, lo avrei trovato facilmente senza
inzupparmi. Mi ripromisi di prestare più attenzione ai dettagli che i versi mi
avrebbero fornito e rialzandomi, preparai l'offerta da versare come tributo per
la transizione. <<Due
monete d’argento, pensavo mi sarebbe costato molto di più>> dissi a
voce alta, poi arrotolai la pergamena e mi disposi al centro dell’antica porta.
<<Con la protezione della Dea Abheon e con cuore sincero,
Alea Yanglea ordina che il tempo e lo spazio si pieghino al suo volere;
con una mano porgo l’offerta e con l’altra la pergamena>>.
Quando la formula finì, le rune impresse sulla carta si illuminarono e nello
stesso modo anche il portale. Ancora una volta mi parai la vista per il
bagliore accecante, poi come da manuale, abbandonai le monete stando invece, ben
attenta a non mollare la presa della pergamena. Quando il senso di vertigine
svanì e così la luce intensa, compresi che il trasporto magico era terminato e
mi decisi a riaprire gli occhi. Ci volle un po’ per riabituarmi alla luminosità
dei due soli, essendo stata fino a quel momento, riparata da fitti alberi.
Senza aspettare oltre mi coprii il capo con il cappuccio e per i miei occhi fu
un sollievo non essere più torturati dalle correnti di vento e sabbia da cui poi fui
investita. Ero nel bel mezzo del deserto di Ashamor e la mia unica guida sarebbe
stata una poesia.
ancora una volta ci hai lasciati in sospeso, aspetto con ansia il seguito. Brava.
RispondiEliminasuspense è il mio secondo nome ;)
RispondiEliminaSempre più avvincente!
RispondiElimina
Eliminagrazie :)