<<Forza dannati Yak, fatevi sotto>> disse la giovane donna dai capelli rossi brandendo un bastone come fosse una spada, con il quale punzecchiava ripetutamente gli ormai indifferenti animali, che incuranti continuavano a brucare senza sosta. Erano abituati alle costanti angherie di colei che, ogni giorno, li sfidava a duello.
<<Xera, smettila di tormentare quei poveri animali! Bambina mia ma perché non cominci a comportarti come una donna? Se continui così, non troverai mai un marito>> disse Annabell mentre versava il latte appena munto in una zangola. Era evidente tuttavia che quelle frasi avevano perso di ogni efficacia perché ripetute tutti i giorni.
<<Madre cosa vi fa pensare che abbia bisogno di un marito? Ci penso io a proteggervi con la mia spada”>> disse la ragazza stringendo ancor più forte quel vecchio bastone, un po’ verde e un po’ azzurro, intagliato grossolanamente per dargli le fattezze di una lama.
L’atmosfera di Dalihan non era più come quindici anni prima. Le bestie si erano fatte più feroci e a nord, dietro le montagne, un’oscura presenza si aggirava indisturbata risucchiando la linfa vitale di tutti quelli che incrociavano il suo cammino. Nel corso degli anni, valorosi guerrieri avevano cercato invano di abbattere quella creatura, ma di loro era rimasto solo un corpo senza vita e reso schiavo. Più questi tentavano di debellare il male dal nord di Dalihan e più quell’esercito di non morti diventava forte e numeroso.
Nel corso della sua breve vita, Xera aveva conosciuto solo condottieri, coperti da armature scintillanti e lame affilate poiché spesso erano soliti chiedere asilo presso la piccola dimora, prima di riprendere il viaggio verso il nord. Alcuni venivano dalla potente Nortor: capitale militare costituita perlopiù da caserme poste a protezione del palazzo imperiale; altri dalla maestosa Sihlya, il fulcro di tutta la conoscenza magica e storica, e sede della più grande accademia di magia nel continente orientale. Altri ancora a bordo di bizzarre macchine costruite nell’industriosa Thesla ed armati di sofisticate armi dai nomi impronunciabili. Anche se tutti erano consci di andare incontro a morte certa nessuno si tirava indietro, anzi, questa stessa convinzione rendeva il loro animo ancor più forte. Era questo che Xera aveva sempre desiderato; l’avventura, la forza di difendere chi si ama e il valore dei guerrieri che tanto ammirava. Da quel che poteva ricordare aveva iniziato a brandire bastoni prima che a camminare, utilizzando persino una parte della sua culla dopo averla intagliata a mo di spada; non avrebbe dimenticato tanto presto il viso di sua madre più triste che alterato, poiché era l’ultimo dono di un padre che Xera non aveva mai conosciuto.
Ricordò l’abbraccio di Annabell mentre piangeva ed il forte desiderio di poter riparare a quel disastro. La vita di sua madre era stata piena di sacrifici, aveva rinunciato a tutto per sua figlia e questo Xera lo sapeva bene, ecco perché il suo unico pensiero era di poterle donare, un giorno, tutto ciò che meritava.
<<Madre vi farò diventare una regina, e avremo un castello cosi grande da rischiare di perderci dentro!>> ripeteva ad Annabell ogni qualvolta questa si disperava per i modi discutibili della fanciulla e tutte le volte la donna, guardandola nei suoi profondi occhi verdi, ereditati dal padre, le accarezzava il viso rispondendo <<cantiamo insieme la canzone dei Pillim figlia mia, così che tutti i cattivi pensieri volino via ed il cammino di tuo padre nel mondo eterno possa essere sempre allietato>>.
Un piccolo coro di voci intonava una melodia mentre la terra di Dalihan ascoltava in silenzio.
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