<<Yak, Yak e
ancora Yak! Sono stanca di questi dannati animali!>>
Xera
ricordò l’ultima frase pronunciata a sua madre prima di essere scelta, tra i
pochi eletti delle terre di Raifaelia, per partecipare alla competizione presso
l’isola di Horsia per giovani aspiranti leve.
Sembrò
essere passato un secolo dal fatidico giorno e ricordare quelle parole fu per la
giovane paladina come rivangare un lontano ricordo sbiadito, quasi come un
dipinto dimenticato in un angolo della soffitta di casa.
Mentre
affilava la sua amata spada, Spina di Rosa, che le illuminava il viso con il
suo bagliore rosso, con il pensiero tornò alle terre lontane della sua amata
Dalihan sempre verdeggiante e dai cieli azzurri perenni, come se il grigio non
potesse mai toccarla o scalfirla.
Tra quelle
lande incontaminate c’era una piccola e modesta capanna. Quell’alloggio non aveva
troppe pretese, se non il desiderio di riparare i suoi abitanti dal freddo della
notte. Non c’erano fronzoli o ornamenti che avrebbero potuto renderla più
invitante, solo un forte odore di pelle di Yak Selvatico esposta su una delle
pareti della casa come trofeo di qualche caccia passata.
La famiglia
che alloggiava in quella dimora era umile e senza sogni che potessero
scavalcare i monti di Dalihan. Quella vita era stata loro donata dalla dea
Raifhee pensavano, perché desiderare di meglio?
Tutto era
immutabile come se il tempo non esistesse; i soli sorgevano e tramontavano e i
giorni si ripetevano scandagliati solo dal lavoro, almeno sino a quando la
giovane donna dai folti capelli rossi come il sole al tramonto, non scoprì
di attendere un bambino.
La felicità
per quella notizia assai lieta rese quell’abitazione umile, una casa. Un
bambino era il dono della Dea per ricompensare il duro lavoro della famiglia e
la loro devozione alla divinità.
<<Che sia
maschio, mia dolce Annabell, così che possa aiutarmi nel mio duro
lavoro!>> questo era il desiderio del giovane
pastore rivolto più volte alla sua amata, quasi come se lei avesse facoltà di
scelta.
Annabell
invece, sapeva che quella creatura sarebbe stata diversa da ciò che speravano.
Lo sentiva agitarsi nel suo grembo come fosse in costante lotta, così da
costringerla a cantargli la canzone dei Pillim per calmarlo. Solo quelle note sapevano
farlo addormentare. Dolcemente Annabell si accarezzò il pancione
sperando che quelle sensazioni fossero solo i timori infondati di una madre un
po’ preoccupata.
La sua felicità crebbe giorno dopo giorno, poiché il momento tanto atteso si stava finalmente avvicinando; era ormai impaziente di poter
stringere il suo bambino o la sua bambina.
Un angolo
della stanza era stato sistemato alla buona con ciò che la famiglia poteva
permettersi, ossia pelle di Yak cucita e profumata da fiori selvatici,
preparata dalle mani esperte di Annabell. Una piccola culla intagliata a mano
dal giovane pastore occupava tutto il resto di quel modesto angolo,
dipinta di verde come i campi di Dalihan e di azzurro come il cielo e come gli
occhi della giovane madre, anche se Annabell ci vide un chiaro e mal celato
desiderio del marito di avere un maschio. A lei però non interessava, l’importante
era che fosse forte e sano.
A questo
pensò poco prima di mettersi a letto accanto al suo giovane sposo, che la
abbracciava per tenerla al caldo. Sperò che quella sensazione di estrema
felicità potesse durare a lungo; il suo desiderio fu espresso proprio mentre
dal cielo cadeva una stella.
bellissimo estratto
RispondiEliminati ringrazio, spero ti piacerà anche il resto del racconto, lo trovi sul blog :)
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