Cap. 3 La prima missione
Quando Reilhan terminò
il suo triste racconto, Xera aveva ancora le lacrime agli occhi. <<Non è stata colpa tua>> gli disse
per consolarlo, <<Hila è morta per
mano di una creatura molto pericolosa, forse solo un gran maestro Valvur
avrebbe potuto aiutarla>>.
Il Novizio ringraziò
la sua amica, ma erano ormai anni che portava nel suo cuore quel peso e
probabilmente, avrebbe continuato a farlo per il resto della sua vita.
<<Se ti senti meglio, proporrei di
incamminarci verso la scogliera, il Saggio Murdar era ansioso di conoscerti,
quindi preferirei non rimandare ancora il vostro incontro>> spiegò. I
due ragazzi guardarono un’ultima volta quell’emozionante panorama poi,
rinfrancati dallo spettacolo, raggiunsero Elesya che impaziente, li attendeva
nella sala principale della locanda.
<< Il gruppo di Mihrrina è dovuto ripartire,
sono stati convocati a sud dell’isola per una missione urgente>>
riferì loro la giovane maga, <<Prima
di salutarci però, Mihrrina mi ha pregato di riferirti che le devi una
frusta>> aggiunse guardando Xera e voltandosi in direzione del Novizio,
continuò dicendo, <<Ha lasciato un
messaggio anche per te>>, Elesya allora, alzò la mano e colpì
gentilmente con un buffetto, la fronte del compagno che sorpreso, si commosse
senza darlo a vedere.
In pochi minuti, i ragazzi radunarono le loro cose o
almeno quel che ne restava, fatta eccezione per i vecchi abiti logori di cui ormai
Aldaria si era già liberata. <<Pensavo
che sull’isola fosse consentita solo l’uniforme!>> affermò Elesya
contrariata, ripensando alla sua adorata tunica ormai dispersa in mare aperto.
<<Ed è così, infatti: Sono gli
unici indumenti magici, in grado di oltrepassare la barriera. Diverso è il
discorso per gli abiti tessuti e incantati sulla stessa Horsia. Tutti gli
abitanti di quest’isola, devono indossare soltanto vesti confezionate qui, se
intendono applicarvi degli incantamenti; non fraintendetemi però, sia chiaro
che il commercio di questi, al di fuori dei confini, è punibile con la prigione.
Quando si abbandona Horsia, così com’è stato sulla nave, le Leve devono
bruciare i propri abiti (se magici) o qualsiasi cosa che permetterebbe loro di raggiungere
l’isola. Solo a poche persone è concesso questo privilegio e nonostante tutto,
senza il consenso di Murdar, non possono farvi ritorno>>.
Reilhan fu
molto chiaro a tal proposito, onde evitare lo stesso disappunto, subito, all’inizio
del loro viaggio proprio da parte di Elesya. Prima di lasciare la locanda però,
vollero ringraziare Aldaria per i doni ricevuti e per l’ospitalità, cosa che
commosse la nutrita cuoca. Come una madre premurosa, consegnò ai ragazzi delle
provviste per il viaggio e tre lunghe mantelle di tessuto scuro, invitandoli a
indossarle in caso di pioggia. Riuscì persino a strappar loro, la promessa di
far presto ritorno presso la sua locanda e infine, li salutò agitando il canovaccio
che portava sempre con sé nella tasca del grembiule.
Una volta in strada,
Xera non poté fare a meno di guardare l’armeria di Kowal, tuttavia, ricordando
le parole di Zabora, distolse subito lo sguardo, concentrando la sua attenzione
in direzione della scogliera.
Durante la traversata, Reilhan indicò alle sue
compagne, gli edifici del villaggio che ancora non conoscevano, spiegando loro
quali fossero affidabili e quali no. Dopo diversi minuti giunsero dinanzi a un
bivio da cui si diramavano due strade: una in direzione di un bosco e l’altra
che invece, riconduceva alla piazza centrale. << Se il villaggio finisce qua, perché allora, non ci sono le mura?>>
domandò Elesya. <<E perché mai dovrebbero
esserci, se così fosse separerebbero l’abitazione di Murdar dal resto di
Kodur>> rispose il Novizio perplesso. <<Non puoi negare che dinanzi a noi vi sia un bosco però, non è forse
abitato da creature che potrebbero attaccare gli abitanti del villaggio?>>
replicò la giovane maga. Reilhan sorrise divertito, e proseguendo in direzione
di questo, rispose <<Non farti
trarre in inganno, questo non è un bosco, bensì il giardino del Vecchio Saggio>>.
Bastò varcarne l’ingresso per capire che le parole di Reilhan erano vere. Gli
alberi erano molto alti e fitti ma solo all’esterno di questo. Al centro,
invece, la strada di terriccio, lasciava il posto a un morbido prato verde e
rigoglioso. Il sentiero non esisteva più e per proseguire, si doveva
necessariamente, calpestare il manto erboso. Reilhan invitò le due amiche a
sfilare i propri calzari, una piccola cortesia che il saggio chiedeva ai suoi
protetti, per non rovinare il prato. Man mano che proseguivano, solleticati
dalla morbida erbetta, il giardino si estendeva, mostrando loro le sue bellezze
nascoste.
Sparsi senza un preciso ordine, c’erano diversi cespugli di fiori
esotici, probabilmente vi era un esemplare per ognuno di quelli presenti su
Horsia. Persino i più pericolosi non facevano eccezione, anche se protetti da
invisibili barriere, per evitare incidenti durante le passeggiate. Ai margini del
giardino, c’erano inoltre piante di ogni tipo, alcune addirittura, completamente
immerse all’interno di laghetti artificiali, creati per loro. Anche intorno alle
piante che costituivano un pericolo, c’era uno scudo magico, spiegò Reilhan.
Più camminavano e più il giardino s’ingrandiva e ben presto, fecero la loro
comparsa, alcuni animali che incuranti della presenza dei tre amici,
scorrazzavano pacifici tra un cespuglio e l’altro.
Elesya scorse per un
momento, le goffe creature già incontrate sulle sponde del fiume Lille: i Kobay.
Al contrario di quelli però, le bestioline intraviste sembrarono un po’ diverse.
Non erano, infatti, né marroni né nere, ma completamente bianche con una
piccola coda voluminosa. Se non fosse stato per le orecchie ristrette, sarebbero
sembrati dei semplici conigli. Xera, invece, con gran sorpresa, giurò di aver
visto un Hulfùr correre ai margini del giardino, anch’esso diverso però nell’aspetto
poiché, per un attimo, le parve di vedere il simbolo di una runa o qualcosa di
simile, sul suo manto. Per tutto il resto della traversata, le due ragazze
continuarono a scorgere animali di ogni tipo, alcuni di essi già incontrati ma
con peculiarità che li rendevano originali e unici. Persino il Fhian che tagliò
loro la strada, differiva da quelli che popolavano i boschi adiacenti al lago
Biru. Aveva, infatti, un manto argenteo e dei palchi così alti da costringere i
tre amici a indietreggiare per lasciarlo passare.
<<Gli anziani di Kodur narrano che i progenitori di tutti gli animali presenti
sull’isola, popolino questi giardini, ingannando il tempo grazie alla
protezione del Saggio. Se vi sono sembrati
differenti dalle creature che abbiamo già incontrato, è perché probabilmente, tempo
addietro, la loro specie possedeva delle caratteristiche che con l’evoluzione,
sono andate perdute>> disse Reilhan. <<Immaginate che grande onore sia per noi, essere al loro cospetto; ogni
volta che attraverso questo posto, per me è come la prima volta>>. Le
ragazze furono incantate dal racconto del Novizio e mosse dalla curiosità,
prestarono ancor più attenzione, sperando così di incontrare nuove e arcaiche
creature. In men che non si dica però, raggiunsero la fine del giardino, anche
se Reilhan ebbe la sensazione, che il tragitto era stato più breve del solito,
ma del resto nessuno sapeva con certezza, quanto grande fosse quel posto.
Poiché
il manto erboso fu ormai superato, i ragazzi poterono indossare nuovamente i
propri calzari, seguendo questa volta un passaggio lastricato di mattoncini
colorati che Elesya paragonò all’arcobaleno. Giunti finalmente, quasi in cima
alla scogliera, non poterono non soffermarsi davanti all’imponente panorama che
quell’altura permetteva di scorgere. <<Com’è possibile?>> asserì stupita, la guerriera <<Avrei giurato che il giardino fosse
pianeggiante, da quel che vedo, invece, abbiamo addirittura scalato una ripida
e scoscesa falesia>>. Reilhan sorrise, anche lui aveva provato le
stesse sensazioni, anni prima e ritrovarle sui volti delle sue amiche, fu come
sfogliare un album di ricordi.
<<Siamo
arrivati!>> affermò, indicando loro la casetta di legno e pietra
sulla cima della scogliera. Elesya ne rimase un po’ delusa, poiché immaginando
la casa di una persona così importante, le venne spontaneo associarla a un
castello o comunque immaginarla abbastanza grande da contenere decine di stanze, una più
sontuosa dell’altra. Il suo rammarico, tuttavia, sarebbe svanito di lì a poco. Reilhan
si pulì le scarpe sul modesto zerbino impolverato che precedeva l’uscio, poi
schiarendosi la voce e sistemando i suoi abiti come meglio poteva, busso con
forza alla robusta porta di legno di quercia. Ci fu un attimo di silenzio, subito
interrotto tuttavia, dal fischiettio di un vecchio chiavistello. La porta così si
spalancò, permettendo alle tre Leve di varcarne la soglia.
Sia Xera sia Elesya,
restarono senza parole. Sebbene all’esterno avesse l’aspetto di una piccola
casa rurale, diroccata dai feroci venti marini, il suo interno lasciava senza
fiato. Si ritrovarono, infatti, all’ingresso di una grande stanza, collegata a
due lunghi corridoi, uno alla loro destra e l’altro a sinistra. Al centro c’erano
invece, delle ampie scale che conducevano al secondo piano della casa. Ad accoglierli,
vi trovarono una bambina, di età indefinita, che indossava una tunica di color
rosa confetto, talmente lunga da coprirle persino i piedi. Aveva i capelli neri
come la notte, legati in piccoli codini ai due lati della testa, mentre una
sottile frangia le nascondeva gli occhi al tal punto, che Elesya si domandò
come potesse vederci. Il suo viso era paffutello e le sue guance rosee come
pesche.
<< È così carina, sembra
una bambola>> bisbigliò la giovane maga per non farsi sentire, ma il
suo commento giunse alle orecchie della bambina che sorridendo, si avvicinò
tendendole la piccola mano. Elesya allora senza pensarci, volle ricambiare la
cortesia ma quando fu sul punto di toccarla, Reilhan la bloccò con il manico
del martello. <<Non devi nemmeno
sfiorarla>> le intimò severo, <<Ti porterebbe via l’anima>>.
Elesya indietreggiò
incredula, allontanandosi di qualche passo dalla bambina il cui sorriso
intanto, si era trasformato in un ghigno spaventoso che lasciava intravedere una
dentatura molto affilata. Fu allora che poté vedere gli occhi rossi di questa,
brillare dietro i sottili capelli scuri, immagine che terrorizzò la giovane
maga.
<<Basta giocare adesso o lo riferirò
a nonno Murdar>> disse Reilhan riponendo il maglio. La bambina allora,
soddisfatta iniziò a ridere e facendo loro una boccaccia, scappò via. <<Che cos’era quell’essere?>>
domandò incredula Xera, <<Bé vi
avevo già detto che il Saggio ama tutte le creature dell’isola, senza alcuna
eccezione; in futuro state più attente a quello che dite, la prossima volta
potrebbe non andarci così bene>> rispose il Novizio. Elesya ancora
scossa, si strinse alla sua amica, temendo che quella casa riservasse altre
brutte sorprese.
I tre amici salirono le scale e una volta in cima, notarono
che il secondo piano era anche più ampio del precedente. Al contrario del primo
però, aveva al posto delle scale, un terzo corridoio centrale, più largo di
quelli laterali, che terminava con due alte e larghe porte tondeggianti di
pregiata fattura. Sulle ante inoltre, erano scolpite le teste gemelle di una
bestia maestosa quanto spaventosa: il Luàn. Il gruppo allora, proseguì e giunti
dinanzi a queste, Reilhan si annunciò. <<Vorremmo incontrare il Saggio Murdar, per favore>> disse
risoluto, <<Con chi stai parlando
Rei? >> domandò Elesya, ma il ragazzo con un cenno, invitò l’amica a fare
silenzio. <<Che bambina maleducata>> affermò la testa di destra, <<Non è maleducata, forse è solo cieca>> aggiunse la testa
di sinistra. Elesya indietreggiò ancora una volta. Le porte avevano preso vita
e in pochi minuti, si ritrovò addosso, lo sguardo di due Luàn di legno, non
molto contenti.
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