I tre ragazzi,
ancora scossi dal nuovo incontro, su suggerimento di Murdar, si accomodarono sul
grande divano di velluto verde, dinanzi al camino. Con tutto quello che era
accaduto, Xera non aveva ancora avuto modo di osservare, le stanze private del
Saggio. Diversamente dal resto della casa, quella camera le sembrò più vissuta.
Le grandi finestre che davano sulla terrazza, la illuminavano in ogni angolo,
rendendola calda e accogliente. Tutti i muri, erano occupati da quadri,
trofei, fotografie e campioni di piante dal nome impronunciabile. Persino l’antica
scrivania, era sommersa di testi di ogni genere, alcuni aperti, altri invece, accatastati fino a formare torrette abbastanza alte, da costituire un pericolo
qualora fossero crollate.
Il camino ardeva, nonostante fosse estate, ma non
produceva calore anzi, al contrario, rinfrescava la stanza come una frizzante
brezza primaverile. Non stupì quindi, che le fiamme fossero di una tonalità diversa.
I toni pastello tendenti al rosa, fecero si che Elesya, ne rimanesse incantata.
Xera ricordò allora, che proprio dal tetto della locanda, aveva già notato del
fumo colorato, fuoriuscire dalla capanna e ricordò inoltre, la spiegazione di
Reilhan, secondo cui, le fiamme si tingevano in base allo stato d’animo del
Vecchio. <<Almeno è di buon
umore!>> pensò la guerriera. Un angolo della stanza era tappezzato di
tomi, ma la fanciulla, ebbe il presentimento che la biblioteca del saggio,
fosse altrove.
Murdar si accomodò
accanto alle Giovani Leve e fingendo di scaldarsi le mani, al freddo fuoco,
sospirò contento per la visita ricevuta. <<Vi
confesso che ero impaziente di conoscere la mia nuova piccola Leva>>
asserì sorridendo, poi prese la mano della guerriera e la strinse; un gesto
affettuoso che sorprese Xera. Aveva già avuto modo di ascoltare innumerevoli
storie sul Saggio Murdar e nonostante tutti lo descrivessero come un uomo
gentile, Xera non aveva potuto fare a meno di immaginarlo, autoritario e
imponente: aspetto tipico di chi ricopre un ruolo così importante. Quando però
si ritrovò seduta accanto a lui, mano nella mano, la tensione provata fino a
poco prima, svanì. Era talmente a suo agio, che se avesse chiuso gli occhi per
un momento, avrebbe giurato di essere a casa.
Murdar apparentemente,
dava l’impressione di essere un comune uomo dall’età un po’ troppo avanzata.
Non aveva tanti capelli, se non qualche ciuffetto argenteo, sulle larghe
orecchie. Indossava tuttavia, un cappello dalla forma irregolare e dalle
cuciture storte, come fosse stato il dono di una bambina per il suo nonnino.
Era vistosamente giallo, con qualche toppa a fiori, stoffa forse appartenuta a
qualche antico arazzo. A guardarlo bene, ricordava lo stesso tessuto delle tende
appese in quella stanza. Il volto era disseminato da solchi e rughe che nel
complesso, ingentilivano il viso del saggio. Le voluminose sopracciglia
grigie, sembrarono a Xera, la ragione per la quale Murdar tenesse sempre gli
occhi socchiusi, quasi fossero troppo pesanti da sorreggere, tuttavia di tanto
in tanto, si potevano scorgere i suoi profondi occhi grigi, colmi d’esperienza
e lungimiranza. La tunica che indossava, era di una sbiadita tonalità verde
acqua e contrastava fortemente, con il cappello sulla sua testa. Al centro
della tunica, appeso al collo, c’era un grande gioiello, blu come le acque del
mare e sferico come la luna. Era un monile insolito per essere indossato e se
fissato a lungo, sembrava quasi che contenesse le stesse acque che circondavano
Horsia, ma perennemente agitate. Quello era l’unico accessorio prezioso, portato dal saggio.