Il Luàn si fiondò sul cane
non morto e prima ancora di poterlo raggiungere, la giovane maga lo bloccò al
suolo con spesse catene color pece. La sua evocazione ebbe così la strada
spianata per il suo contrattacco, che gli permise di assestare all'avversario una serie di morsi disseminati su tutto il corpo. I lamenti del Luàn
si propagarono per l’intero cono vulcanico, al pari delle urla stizzite della
Paramal. Madame Taròt allora decise di far nuovamente ricorso ai suoi poteri e
di nuovo, dal mazzo di carte che le volteggiava intorno al corpo, ne scelse una
che tramutò in carne ed ossa con una semplice formula magica. Del vapore sottile
ricoprì all'improvviso la superficie rocciosa del vulcano, che a causa dei
continui sussulti generati dai combattimenti in corso, si fece sempre più
instabile. Il vapore circondò le caviglie della giovane maga e lo stesso fu per
la sua evocazione. Poi a un tratto una figura imponente si materializzò, il cui
aspetto tuttavia fu rivelato soltanto quando il vapore magico si diradò del tutto. Non
era un comune essere umano ed Elesya, per un qualche strano motivo, iniziò a
tremare a tal punto da non essere più in grado di reggere Vheles, che però non cadde a terra, poiché ben piantato nel terreno.
L’essere aveva delle spalle
imponenti, un fisico prestante e dei capelli che ricadevano sul suo corpo,
doranti come il sole del mattino. Il suo viso era pallido e a tratti
rattristato, forse a causa della spessa catena attorno al suo collo e non solo.
Alle sue spalle due ali, anch’esse dorate, erano costrette, dallo stesso giogo,
a restare immobili e serrate.
I suoi abiti baluginavano, sebbene non vi fosse
il sole a illuminarli; di pregiata fattura, la seta dello stesso colore dei
fiumi, si adagiava alla muscolatura esaltandola e rendendo la sua figura quasi
eterea. I suoi occhi erano ancora chiusi, benché fosse stato evocato da alcuni minuti,
ma Elesya non osò innalzare il suo sguardo su di lui, pur non comprendendone il
motivo.
La voce della Paramal
interruppe il silenzio e sorridendo compiaciuta, esortò la sua evocazione a
obbedire ai suoi ordini. Poi, con un gesto inconsueto, spostò la mano come se
stesse stringendo qualcosa d’invisibile. Al movimento si contrappose una strana
reazione dell’essere, che strinse gli occhi a causa della pressione intorno al
suo collo, che per qualche secondo si fece opprimente.
<<Ricordati a chi
appartieni!>> sussurrò la donna, costringendolo ad agire suo
malgrado.
Elesya se ne stava con il
viso basso, fissando per qualche strano motivo il terreno sottostante. Dei
brividi le percorsero la schiena e una strana sensazione di disagio s’impossessò
del suo corpo. Man mano che la creatura si spostava di qualche passo, i brividi
aumentavano e l’aria divenne subito pesante.
A un tratto la creatura si
fermò. Distava pochi passi dal suo avversario e avanzare oltre sarebbe stato
inutile. Elesya allora alzò lo sguardo, temendo un attacco improvviso, ma alla
vista del suo viso, la fanciulla si pietrificò.
Anche l’essere parve vivere lo stesso stato d’animo, ma in balia dei poteri della sua padrona, non poté esternarli.
Anche l’essere parve vivere lo stesso stato d’animo, ma in balia dei poteri della sua padrona, non poté esternarli.
<<Alzati!>>
la esortò. I suoi occhi erano ancora serrati ma Elesya era ugualmente
terrorizzata da quella figura così imponente. Fino a che abbandonandosi ai
sentimenti che albergavano nel suo cuore, perse il controllo delle sue
azioni, << Nithaian>>
farfugliò con groppo in gola. Le lacrime bagnarono le sue guance e il suo visto
sbiancò. L’essere infine aprì gli occhi, rivelando due
iridi color ambra che raggelarono Elesya. <<Benché il tuo sguardo sia
cambiato, lo spirito è rimasto il medesimo … Nephes!>>
proferì il ragazzo in tono solenne. La Paramal rise di gusto dinanzi alla
scena, ma di nuovo esortò il suo schiavo a concludere in fretta la faccenda.
<<Ti presento la carta “dell’Angelo”>> spiegò tra un ghigno
e l’altro. <<Mi dispiace ragazza, ma non è roseo il tuo futuro. È
tempo che la punizione per i tuoi misfatti sia inflitta>>. La Paramal
ripeté il gesto con la mano, ma questa volta l’essere non ebbe alcuna reazione,
impegnato com’era a fissare la fanciulla ai suoi piedi.
<<P-Perché?>>
biascicò la giovane maga a causa delle lacrime e per tutta risposta l’essere
s’inginocchiò accanto a lei. I suoi occhi profondi la scrutarono sin nel
profondo e per qualche strano motivo, la giovane maga se ne vergognò.
<<Quanta
purezza alberga in questo corpo … e quanta malvagità>> disse senza
distogliere lo sguardo. Elesya sbarrò gli occhi dallo stupore per quell’affermazione e di nuovo perse il controllo delle sue azioni. <<Sono
io la responsabile delle tue pene!>> gemette in tono contrito, ma sul
viso di Nithaian non si palesò alcun sentimento, quasi fosse diventato un
guscio vuoto. <<Sei colpevole, sei impura!>> esclamò con gli
occhi fissi su di lei, <<Le tue mani hanno spezzato delle vite>>
continuò, <<Devo punirti!>> aggiunse infine.
Nephes sapeva che quanto
proferito corrispondeva a verità, ma il tono del ragazzo la ridestò
bruscamente. <<Tu non sei lui>> mormorò a denti stretti,
chinando il capo. <<Sarebbe forse un sollievo per te sapere che questo
corpo è una mera copia di lontano ricordo?>> domandò la creatura,
<< L’essere che tu chiami Nithaian è scomparso ormai da tempo … perché
le tue azioni lo hanno ucciso>>.
Nephes restò immobile, il
giorno della resa dei conti era arrivato e forse in fondo le stava anche bene
cosi. Elesya però non fu d’accordo, <<Ti sbagli!>> proferì
la giovane maga con la sua stessa voce. <<Io ho visto come sei morto!
Non so se quelle immagini fossero il frutto di un sogno o di un’allucinazione,
ma ho visto tutto. Qualcun altro è responsabile della tua morte e se affermi il
contrario, allora vuol dire che non sei tu il vero Nithaian>>.
Fu un
gesto fulmineo quello della giovane maga, che afferrato Vheles, lo utilizzò per
attaccare l’essere angelico. Sebbene il colpo fosse stato assestato da poca
distanza, Nithaian non fece fatica a bloccarlo con l’ausilio del suo braccio,
che respinse la staffa e con lei la giovane maga. Le mani di Elesya iniziarono
a dolerle a causa delle violente vibrazioni dell’arma, ma fu in quel frangente
che comprese cosa fare. Si allontanò allora di qualche passo, piantò Vheles nel
suolo e lo puntò in direzione dell’essere. Le catene si materializzarono dalle
orbite dell’artefatto e si andarono ad avvolgere intorno al corpo
dell’Angelo, ostacolandone i movimenti. La Paramal rise ancora una volta dinanzi
alla semplicità di quelle azioni <<Come se quelle catene potessero
tenere a bada il mio servo>> sospirò riprendendo fiato. <<Sei
ridicola>> aggiunse.
Elesya non badò ai discorsi
della megera e Madame Taròt s’indignò <<Se non vuoi capirlo con le
buone … Uccidila mio prediletto>> ordinò sicura di sé. Per un
solo istante la giovane leva rabbrividì, poi, però, ricordando il suo intento,
ritrovò la concentrazione. L’essere angelico aprì le braccia, bloccate dal
giogo di Elesya e lo allargò man mano che gli anelli incominciarono a cedere.
Infine, con un ultimo gesto, li spezzò del tutto riconquistando la libertà o
almeno parte di essa. Madame Taròt non riuscì più a contenere il suo stato
d’animo e in preda all’euforia, le scagliò contro anche la bestia evocata in
precedenza <<Non hai più alcuna possibilità>> urlò al
culmine della gioia.
Il Luàn le balzò addosso e lo stesso fu per l’essere
angelico, quando improvvisamente Elesya esclamò: <<ADESSO!>>.
Una luce abbagliante
avvolse le due creature: calda e confortante ma allo stesso tempo implacabile.
La bestia si dissolse in pochi secondi, mentre l’essere angelico rimase
immobile. I frammenti delle catene di Elesya si erano fusi con il giogo che gli
bloccava il collo e le ali, per poi ridurlo in cenere in sinergia con la luce
che lo aveva avvolto. <<Sei libero, adesso!>> affermò
qualcuno alle sue spalle. L’essere si girò e dinanzi a lui si palesò un ragazzo
che stringeva un Maglio avvolto da fiamme candide. I suoi abiti superiori erano
logori, lasciando così intravedere dei simboli arcani che si erano propagati
sino al polso. Nithaian si tastò il collo e infine spalancò le ali come aveva
desiderato fare da tempo. <<Nithaian!>> gemette Nephes
fissando l’essere, che le corrispose uno sguardo compassionevole, <<Non
farmi aspettare troppo!>> mormorò il ragazzo prima di svanire del
tutto.
<<Tu! Maledetto.
Che cosa hai fatto al mio servo>> inveì la donna. <<Che
domande: io sono un curatore, perciò l’ho guarito … e non solo lui>>. La donna volse lo sguardo più in la e poté scorgere la
fanciulla dai capelli scarlatti, impugnare Rhinvel e nient’altro. Il suo corpo
era incolume e traboccante d’energia, al contrario del suo avversario che parve
provato, ma non sconfitto. Anche Elesya si sentì rinvigorita e pronta ad
affrontare chiunque si fosse parato dinanzi.
Madame Taròt divenne verde dalla
rabbia <<Io vi odio, vi odio>> ripeté fino a restare senza fiato. <<Elesya è il tuo turno>> la esortò
il curatore, <<D’accordo!>> ribatté la fanciulla e di nuovo fece ricorso alla fattura che più di una
volta le aveva salvato la vita. Le catene avvolsero la Paramal dalla testa ai
piedi e per quanto la donna si dimenasse, a nulla servirono le sue azioni.
Dall’altro lato del vulcano
Xera era ancora alle prese con il Segugio, che più volte si dimostrò essere un
avversario al di sopra delle sue possibilità, se non fosse stato per il fatto
che anche le sue energie iniziarono a scarseggiare. Gholja si rese presto
conto che, di lì a poco, gli altri due ragazzi lo avrebbero attaccato e
con la Paramal fuori gioco, i suoi piani avrebbero subito una brusca
deviazione. La battaglia per lui era persa perciò, come ultimo gesto, decise
di tentare il tutto per tutto. Si chinò così su se stesso, concentrò i suoi
poteri nel braccio sinistro e con un’azione repentina, perforò il suolo
roccioso. Un violento sussulto fece vacillare il gruppo e costrinse Xera in
ginocchio. A questo ne seguirono altri sempre più violenti, che permisero al
magma di oltrepassare la coltre rocciosa che proteggeva il cono vulcanico. La
pressione della lava diventò instabile e di lì a poco il vulcano sarebbe
eruttato, privo ormai della barriera che ne avrebbe bloccato l’impeto.
Gholja si sollevò con molta
agilità, si mosse in direzione della statua d’ossidiana e la scalò in un batter
d’occhio. <<Portami con te!>> lo implorò la Paramal inerme ma non riuscì a intenerire l’uomo, che la degnò di una risposta solo quando fu sul punto di abbandonare quel luogo.
<<Non servi più al
nostro signore; per lui sei soltanto motivo di vergogna. La tua fine era stata
già decisa … è strano che tu non l’avessi capito; non sei così brava come
Paramal, dopotutto. Addio!>> le confessò, per poi svanire anch’esso
per effetto della magia di trasporto.
La Paramal continuò a
pronunciare il suo nome dimenandosi dalla rabbia, ma a nulla servirono le sue
azioni. <<Non muoverti!>> esclamò il curatore, <<Ti
porteremo fuori da qui, affinché tu possa ricevere la tua punizione>>
aggiunse il ragazzo, avvicinandosi alla donna per liberarla dalla stretta, ma
la Paramal si ribellò. <<Il mio signore ha bisogno di me; devo andare
dal mio signore>> lamentò in pieno delirio. I suoi movimenti
divennero più violenti, al punto che Reilhan non poté più neanche avvicinarsi a
lei, a causa delle profonde crepe che si vennero a creare sul suolo. La lava
fuoriuscì violenta dai solchi del terreno, generando un'esplosione che
costrinse il curatore ad allontanarsi sempre più dalla Paramal. E mentre la
donna continuava a invocare il suo amato, la lava la avvolse completamente,
risucchiandola nelle profondità del vulcano.
Reilhan costrinse le sue
amiche a voltarsi, per risparmiar loro quella scena assai truce, mentre allo
stesse tempo le esortò ad arrampicarsi sulla statua per non fare la stessa
fine. Elesya assicurò le sue catene al collo del gigante d’ossidiana e ne
distribuì un’estremità a ogni compagno. Soltanto Xera però indugiò di qualche
passo, tornata indietro per riprendersi la sua bisaccia. <<Ti sembra
il momento?>> la ammonì il curatore.
Un altro sussulto generò
una nuova crepa, che separò i due amici dalla guerriera. Xera restò così
bloccata in un angolo del vulcano, mentre i suoi compagni furono costretti a
intraprendere la scalata per non finire nel magma. <<Xera!>>
urlò il curatore tendendole la mano. La distanza che li separava era molta, per
non contare l’altezza. Elesya provò allora a lanciarle una delle sue catene, ma
la posizione instabile e il forte calore non le consentirono di esercitare i
suoi poteri al meglio. Reilhan invocò di nuovo il nome dell’amica, rifiutandosi
di andare oltre senza di lei e ancora una volta le tese la mano <<Xera,
fai quello che ti riesce meglio …>> urlò, <<improvvisa,
Testa Calda!>>. La guerriera sorrise, <<Non chiamarmi
Testa Calda>> ribatté
fingendosi indignata. Ripose la spada nel fodero, assicurò la bisaccia e con un
movimento preciso, colpì il suolo con il piede. La forza della guerriera
costrinse la terra a sollevarsi a mo di passerella e guadagnata una certa
rincorsa, si mosse in direzione dei suoi amici, mentre sotto di lei un lago di
magma conquistò man mano il cono vulcanico. Alla fine del passaggio spiccò un salto, che le consentì di superare la crepa sottostante e a pochi centimetri da Reilhan, gli tese il braccio. La distanza
percorsa tuttavia non fu sufficiente e la fanciulla cadde in basso chiudendo
gli occhi. <<Xera>> urlò
il curatore terrorizzato, quando una catena scura come la notte avvolse prima
il suo braccio e poi i suoi fianchi, impedendole così di finire nella lava.
Reilhan sollevò gli
occhi in direzione di Elesya, che gli sorrise facendo l’occhiolino <<Non siete gli unici ad apprezzare le azioni ad
effetto>> disse la fanciulla, invitandoli ad accelerare il
passo. I tre ragazzi scalarono la scultura, sopportando il calore della lava, che
divenne man mano più intenso. Un violento terremoto però destabilizzò le
fondamenta della statua, che improvvisamente prese a sprofondare, assorbita anch'essa dal
vulcano. I tre ragazzi si mossero più in fretta che poterono per non perdere
l’unica possibilità di abbandonare il vulcano, ma il calore iniziò a bruciare i
loro corpi e rese le azioni quasi impossibili. Xera poté così raggiugere i due amici,
riguadagnando terreno grazie al suo corpo temprato e resistente. Quando infine
riuscì a toccarli, prese a spingerli dal basso per aiutarli a salire
e così sia la giovane maga, sia il curatore riuscirono raggiungere il capo del
gigante d’ossidiana. La cima tuttavia si fece sempre più distante, man mano che
la statua sprofondava. Xera allora invitò l’amica a utilizzare le sue catene
per scalare la parte superiore di Svaltur ed Elesya non se lo fece ripetere due
volte. Legò il giogo ai corpi dei suoi amici e poi con tutta la forza
che aveva, si protese per lanciare Vheles oltre il cono vulcanico. Il tentativo
fallì ma non tutto andò perduto. La sua evocazione, infatti, fu abbastanza
rapida da afferrare la staffa con le fauci e infine balzare oltre il vulcano,
così da realizzare i progetti della sua padrona. Essendo però in sintonia con
la fanciulla, una volta fuori da Svaltur, il cane non morto continuò ad
accusare il forte calore che lo impietrì allo stesso modo di Elesya. La maga
tirò più volte la catena per accertarsi che fosse ben ancorata, ma il rapido
abbandono della base che li sosteneva, le fece dimenticare ogni altra
assicurazione, decidendo di affidarsi alla fortuna. La statua sprofondò ma
i tre ragazzi restarono appesi alla catena, che presero a scalare fino a che
con le mani non sfiorarono la cima del vulcano. La lava, tuttavia divenne più
irruente con il passare dei minuti e priva di controllo, esplose in
direzione dell’unica uscita investendo tutto ciò che si parò dinanzi.
niente male la descrizione... e poi dal caos nasce tutta la bellezza, dall'abisso l'universo... continua a incasinarti la vita... io sono Mimmo, appena possibile ti spio... ciao woman
RispondiEliminaciao a te Mimmo e grazie per il commento :)
Eliminagrazie a te x la tua arte semmai... ciao caos
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