Madame Taròt fissò il viso contrito del Novizio e ne
gioì. Per lei era una magra consolazione poter ripagare i suoi avversari con
la medesima moneta. Per un istante tuttavia, non poté non ripensare a quanto
fosse cambiata nel corso degli anni e a quanto risentimento covasse nei
confronti di un unico uomo. Era proprio quella, infatti, la motivazione che l’aveva
spinta a prendere parte a un simile piano. Da come le era stato spiegato in
principio, il suo compito sarebbe stato marginale, “Avvicina i tre ragazzi” le dissero e così fece, tutto pur di
giungere a quell’agognata ricompensa. E ora, a distanza di un anno, si
ritrovava a dover combattere in prima persona, giacché ogni suo piano era
miseramente fallito. Questa volta però non era la ricompensa a muovere le sue
intenzioni. Nel corso del tempo, infatti, la donna aveva sviluppato un morboso
attaccamento verso chi, nell’ombra, le dava ordini; per questo motivo avrebbe
fatto di tutto pur di rimanergli accanto. Per decenni la Paramal aveva vissuto
una vita solitaria, poiché tutta la sua gente era stata scacciata da Horsia,
ecco perché quando un uomo bussò alla sua porta, le parve insolito e bizzarro.
La ammaliò sin da subito e in men che non si dica, si ritrovò invischiata dei
suoi misteriosi progetti, primo tra tutti: annientare la credibilità di chi l’aveva
ridotta in miseria.
La fortuna tuttavia, le era stata avversa e tutte le sue
azioni avevano portato esiti non desiderati, fino a che lo stesso Signore non
era stato costretto a intervenire personalmente. Non più una missiva era giunta
alla sua porta o comunicazioni segrete che la informassero sul da farsi e
Madame Taròt si era ritrovata di nuovo sola. La sua infatuazione le dava una
certa vergogna, non era più una ragazzina ormai, eppure la sola idea di non
rivedere il volto di quell’uomo non poteva proprio accettarlo; perciò, a
dispetto dei piani, decise di intervenire in prima persona.
Era stato un gioco da ragazzi introdursi nella dimora del saggio, servendosi delle bambole maledette vincolate ai tre ragazzi. In particolare la bambola della guerriera, che le permise di controllare il corpo della fanciulla, per breve tempo, affinché “dimenticasse” di chiudere la porta della sua stanza. Infine le era bastato spingerla nella stanza del Novizio, lì dove poi avrebbe tenuto occupato il resto del gruppo. L’aver udito della prova finale, inoltre, le diede la migliore delle occasioni per portare a termine il suo folle progetto. Si sarebbe impadronita dell’artefatto e di per sé le sarebbe dovuto bastare, ma i tre ragazzi le avevano portato via la fiducia del suo amato Signore e per questo anche loro avrebbero perso tutto, a cominciare dai loro poteri.
Era stato un gioco da ragazzi introdursi nella dimora del saggio, servendosi delle bambole maledette vincolate ai tre ragazzi. In particolare la bambola della guerriera, che le permise di controllare il corpo della fanciulla, per breve tempo, affinché “dimenticasse” di chiudere la porta della sua stanza. Infine le era bastato spingerla nella stanza del Novizio, lì dove poi avrebbe tenuto occupato il resto del gruppo. L’aver udito della prova finale, inoltre, le diede la migliore delle occasioni per portare a termine il suo folle progetto. Si sarebbe impadronita dell’artefatto e di per sé le sarebbe dovuto bastare, ma i tre ragazzi le avevano portato via la fiducia del suo amato Signore e per questo anche loro avrebbero perso tutto, a cominciare dai loro poteri.
Ricreare una pietra che emulasse in tutto e per tutto l’occhio di
Vorantho, fu semplice, la Paramal sapeva che quell’oggetto
avrebbe distratto Murdar quanto bastava per aggirare i suoi sistemi di
sicurezza. Era risaputo, infatti, che quel tipo di magia aveva creato notevoli
problemi all’uomo in passato e che per arginarne gli effetti, si sarebbe chiuso
nel suo studio per giorni. A lei ne sarebbe bastato anche solo uno di giorno, per poi svanire senza lasciare tracce. Con i frammenti dei guardiani era
riuscita ad annullare la volontà dei due Luàn, intercettando così alcuni
discorsi del saggio, secondo cui la prova finale si sarebbe svolta all’interno
di Svaltur. Scoprì inoltre che i tre ragazzi vi sarebbero stati trasportati all’improvviso e che le restava quindi poco tempo per predisporre le sue pedine sulla scacchiera.
Murdar tuttavia non era uno sciocco, perciò aveva gentilmente invitato un
suo compagno d’arme ad assistere alla prova finale. Ed era di certo un caso
che quest’uomo fosse anche un membro del concilio, in particolare colui che,
durante la presa di Nortor, era riuscito a spezzare una fattura
proibita che aveva colpito la figlia del Re. Le sue doti investigative inoltre
erano rinomate in tutte le terre di Raifaelia, tanto da affibbiargli l’appellativo
di: “Segugio del Concilio”. Nel momento in cui Madame Taròt seppe della
presenza del Segugio su Horsia, comprese che il saggio non se ne sarebbe stato
a guardare e i suoi piani erano nuovamente in pericolo. La donna continuò a
fissare il volto del ragazzo, il suo sguardo era perso ora che la sua lealtà
vacillava, non le restava altro che infliggergli il colpo finale e poi avrebbe
rivisto il volto del suo amato Signore.
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