Xera alzò gli occhi al
cielo e subito cadde in ginocchio sullo spesso strato di terreno che li
proteggeva dalla lava sottostante. Le pareti di roccia scura convergevano tutte
verso l’alto, superando persino un’enigmatica barriera luminosa, generata da
potenti rune. Queste ultime erano state incise sulle mura del vulcano, per impedire alla lava di abbandonare Svaltur. Oltre la barriera, il cielo del
mattino; quasi una beffa per i poveri malcapitati, costretti a fissare un’uscita
impraticabile. La guerriera si asciugò la fronte madida di sudore con la manica
della camicia, mentre con l’altra continuò a stringere la ferita nella speranza che
il sangue, alla fine, smettesse di defluire.
Elesya si rialzò servendosi
della fida staffa che ne sostenne il peso del corpo; con la caduta si era
slogata una caviglia e per lei restare in piedi divenne molto doloroso. Con lo
sguardo, allora, cercò Reilhan che da qualche minuto si era allontanato per
perlustrare la zona.
Il curatore percorse l'intero
perimetro della circonferenza, ipotizzando che, a differenza della loro
precedente visita, si trovassero oltre il soffitto di rocce luminose. Era uno spazio caldo e
opprimente, benché il soffitto non esistesse. Sfruttando una parete gremita di
sporgenze, attribuite a un antico getto di magma solidificato, Reilhan provò a
raggiungere la vetta, <<Sta
attento!>> urlò la guerriera non troppo distante da lui, ma il
Novizio la ignorò, ancora risentito per l’impulsività delle sue azioni. Reilhan
giunse così in prossimità della cima: a separarlo dal terreno, circa tre metri
d’altezza.
Spostò quindi una mano sull’ultima sporgenza visibile dalla sua
angolazione, con il viso appiccicato alla parete vulcanica, ne percepì il calore che
iniziò a farlo sudare. Quando la presa fu abbastanza stabile, una breccia gli
consentì di sollevarsi con la gamba sinistra, fino quasi a sfiorare la barriera
magica con il capo. Reilhan poté osservare soltanto una delle numerose rune
incise attorno al perimetro della vetta e subito ne dedusse che non si trattava
di una comune iscrizione magica. <<Rei
…?>> Elesya domandò speranzosa se quella fosse una fattura alla loro
portata, ma la complessità della runa, lo lasciò senza speranza alcuna. Spinto
allora dalla curiosità, distaccò la mano dalla sporgenza e facendo leva col
busto, sfiorò l’incisione con le dita. Non accadde nulla ma il cuore fece un
brusco balzo in petto, per poi martellargli la cassa toracica con violenza. La
mano prese a tremare e all’improvviso si rese conto di quanto in alto si fosse
arrampicato. Guardò giù e le gambe si fecero molli, <<Tieni la testa ben in alto>> suggerì la guerriera, dopo aver notato degli strani movimenti dell’amico. Reilhan
non se lo fece ripetere due volte, ma essendo arrivato tanto in alto, sarebbe
stato sciocco non studiare anche la barriera magica. Chiuse gli occhi e ritrovò
la calma e la concentrazione, infine con la mano libera sfiorò lo scudo sulla sua
testa. Una luce abbagliante gli fece ritrarre l’arto per proteggersi il viso;
le rune divennero rosse e illuminate dalla stessa magia della barriera,
interagirono con le pareti del vulcano.
Il forte calore che Reilhan aveva
percepito sino a quel momento andò man mano svanendo, per poi essere sostituito da
un innaturale gelo. Reilhan comprese allora quale fosse lo scopo di tale magia,
ossia raffreddare in fretta il vulcano, affinché la lava si solidificasse prima
di eruttare. Il freddo si fece insopportabile per il corpo del curatore, che
spinto dalla disperazione, si stacco dalla parete cadendo nel vuoto. Elesya
reagì all’istante: innalzò Vheles e pronunciò la formula a menadito ma delle spesse
catene, nessuna traccia. L’orrore si fece strada sul volto della giovane maga,
quando il corpo dell’amico cadde a terra in una nuvola di terra e zolfo.
Elesya aveva il viso rigato dalle lacrime, ma non un
suono riuscì a uscire dalla sua gola. Nel momento in cui i detriti si furono diradati, la
giovane leva cadde in ginocchio irrompendo in un pianto liberatorio: dinanzi a
lei Xera stringeva tra le braccia il corpo dell’amico, dopo averne attutito la
caduta. Reilhan si riprese poco dopo, al contrario della guerriera che invece giaceva a terra svenuta. Aveva perso molto sangue poiché la ferita si era allargata e lentamente
aveva perso i sensi.
Senza indugiare allora, il Novizio frugò nella bisaccia dell’amica, afferrando tutto ciò che potesse essergli utile. Elesya invece si allontanò dai suoi compagni perlustrando, passo dopo passo, ogni anfratto di quel luogo. <<Se solo potessi usare i miei poteri>> mormorò il curatore, mentre con ago e filo cercò di ricucire la ferita alla buona; per fortuna la guerriera era ancora svenuta e così le fu risparmiato lo strazio della medicazione.
Senza indugiare allora, il Novizio frugò nella bisaccia dell’amica, afferrando tutto ciò che potesse essergli utile. Elesya invece si allontanò dai suoi compagni perlustrando, passo dopo passo, ogni anfratto di quel luogo. <<Se solo potessi usare i miei poteri>> mormorò il curatore, mentre con ago e filo cercò di ricucire la ferita alla buona; per fortuna la guerriera era ancora svenuta e così le fu risparmiato lo strazio della medicazione.
Elesya
tornò subito dopo che il curatore ebbe completato la procedura e tra le mani
stringeva della polvere color azzurro scuro. <<Spargila sulla ferita, la cauterizzerà in fretta>>, <<Che
cos’è?>> domandò il ragazzo, <<Polvere di Lapis>> rispose la giovane maga, porgendo il
pugnale di Xera dalla punta intrisa di polvere. <<è una fortuna averla trovata, sebbene sia
una pietra molto comune delle zone vulcaniche. Ne ho presa abbastanza
anche per le nostre ferite>> spiegò porgendo un altro pugno di Lapis
al curatore. Reilhan non volle indagare oltre; era noto, infatti, che l’amica
avesse una vasta conoscenza in merito a piante e minerali, perciò se ne affidò
senza discutere. Una parte della polvere azzurra fu sparsa sulla ferita della
fanciulla, per poi essere fasciata con le bende presenti nella bisaccia. Lo
stesso fu per i graffi sulle mani, che Reilhan ripulì dai detriti della statua
ancora incastrati nella pelle. E furono proprio quei detriti a riportargli alla
mente l’accordo saltato. Ogni speranza di entrare in possesso dell’antidoto,
che avrebbe restituito a Xera il controllo della sua anima, era ormai svanita
nel nulla. Elesya si sedette sconfortata, la caviglia le doleva e neanche la
polvere di Lapis ne riuscì a lenire il bruciore. <<Che cosa facciamo adesso?>> disse sospirando, mentre con lo
sguardo fissava la gigantesca statua d’ossidiana al centro dell’antro. Fu in
quell’istante che un’ombra sulla spalla della scultura attirò la sua
attenzione. <<Chi c’è?>>
urlo tentando di rimettersi in piedi ma con scarsi risultati. <<Hai visto qualcuno?>> ribatté il
Novizio, Elesya annuì <<A quanto
pare non siamo soli>>.
Ancora una volta suspance.
RispondiEliminaè il mio secondo nome :D
Elimina