Il panorama era sempre lo stesso, sebbene Xera
continuasse a girare il capo in maniera frenetica. A stento, infatti, riuscì a scorgere
il suolo sul quale erano poggiati i suoi calzari. La mano destra portava ancora i segni dell’ultimo scontro affrontato
così, nel momento in cui sfoderò Rhinvel, sperò di non avere a che fare con i
suoi rovi. La lama tuttavia non sembrò produrre neanche la più piccola
scintilla, benché la stesse agitando in ogni direzione. <<Andiamo! Perché non puoi fare quello che ti
chiedo una volta tanto?>> lamentò fissando l’elsa. Sbuffò contrariata
mentre ripose l’arma nel suo fodero, ma un improvviso brivido la fece
raggelare. La mano si bloccò a metà del suo compito, consentendo alla spada di
essere rinfoderata solo per un terzo.
Una lama di vento la colse alla
sprovvista, però la leva riuscì a bloccarla a un soffio dal volto con il piatto della
spada <<Che diamine …>>, una
seconda giunse subito alle spalle, ma non fu in grado di evitarla. Xera
ricadde con le ginocchia a terra, era esausta e ogni parte del suo corpo
pulsava dal dolore. Qualcosa di caldo iniziò a scorrerle sulla schiena e ben
presto la casacca si tinse di rosso porpora. La lama aveva lacerato gli abiti e
le bende, creando un profondo taglio tra le scapole. Non ebbe il tempo per
comprendere cosa stesse accadendo che un terzo attacco le piombò dall'alto.
La mano sinistra però si mosse in fretta, ergendo Divaahr a protezione della
ragazza. L’attacco nemico s’infranse sul metallo lucente dello scudo senza
produrre alcun suono, quasi fosse stata attaccata dalla stessa aria che stava
respirando con affanno.
La guerriera protese Divaahr affinché solo gli
occhi fossero scoperti, il calore che lo avvolgeva la rassicurò.
<<Chi
sei?>> urlò nella speranza che il suo avversario si mostrasse, ma ci
fu silenzio e nient’alto. Per alcuni minuti la calma parve essere tornata, Xera
tuttavia sapeva che chiunque l’avesse attaccata era in attesa del suo prossimo
passo falso. Non abbassò la guardia, al contrario prese a spostarsi alla cieca
dritto dinanzi a lei, proprio nella direzione da cui era scaturita la prima
lama. Si accorse allora che, sebbene fosse esiguo rispetto a quello di Rhinvel,
anche il calore di Divaahr era in grado di far breccia nella nebbia. Continuò
ad avanzare incurante del fango o degli argini che di tanto in tanto le
apparivano sotto i piedi, ormai era fradicia e il danno era fatto. Giunse così
su di uno spiazzo di terra circondato dalle acque, non era molto vasto ma
abbastanza grande da essere nascosto per metà dalla coltre fastidiosa. Non vi
erano né piante né fiori, soltanto muschio dal sentore acre che impregnò il
vento. La forte umidità si condensò sulla pelle e presto Xera si ritrovò più
zuppa di prima. Con il braccio ripulì il viso alla buona, i capelli appiccicati
alle guance erano ancora carichi del fango con cui aveva celato il suo segreto. Solo in quel momento si accorse che gli effetti della mutazione erano scomparsi. Con la
mano raccolse un pugno d’acqua e tenendo la posizione, prese a bagnarsi il capo
per rimuovere la terra in eccesso.
Le tornarono alla mente gli insegnamenti di Alea,
circa i fattori che determinano l’esito di uno scontro e benché a quel tempo
avesse considerato assurdo il "doversi ripulire" durante una situazione di
pericolo, in quel frangente poté comprendere a pieno le parole della mentore. L’aria
era talmente satura d’acqua da bagnarle gli abiti e gli stessi capelli. Che
cosa sarebbe accaduto se il fango le fosse finito negli occhi durante
la lotta? Perciò si ripulì al meglio delle sue possibilità, pur non abbassando
mai la guardia. Fu allora che comprese una terribile verità. Se anche nessuno
di loro fosse caduto nelle paludi, la nebbia stessa li avrebbe corrotti poiché satura del potere di Lodo.
<<Lo hai capito troppo
tardi>>. Xera scattò subito in piedi tuttavia non trovò nessuno nelle
immediate vicinanze. <<Sarebbe
stato meglio per voi tornare indietro>> di nuovo la guerriera
rabbrividì pur non comprendendone il motivo. La voce misteriosa era fredda e
priva d’emozioni, acuta ma non troppo e stranamente familiare. <<Fatti vedere se hai il coraggio>> lo provocò.
All'inizio tutto tacque, poi però una risata ironica riecheggiò da ogni direzione. <<Sei così banale e scontata. M’imponi di mostrarmi per dar prova del mio coraggio, eppure non puoi fare a meno di tremare senza neanche avermi vista>>. Xera girò su se stessa con lo scudo ben saldo al suo braccio <<è evidente che la nebbia giochi brutti scherzi, non sto per nulla tremando. Ora fatti vedere codarda o penserò che tu sia in grado di colpire il tuo avversario soltanto alle spalle>>.
All'inizio tutto tacque, poi però una risata ironica riecheggiò da ogni direzione. <<Sei così banale e scontata. M’imponi di mostrarmi per dar prova del mio coraggio, eppure non puoi fare a meno di tremare senza neanche avermi vista>>. Xera girò su se stessa con lo scudo ben saldo al suo braccio <<è evidente che la nebbia giochi brutti scherzi, non sto per nulla tremando. Ora fatti vedere codarda o penserò che tu sia in grado di colpire il tuo avversario soltanto alle spalle>>.
Xera non percepì alcun suono come se in quella palude la vita non esistesse,
quando un respiro calmo e lento le risuonò nelle orecchie. Alzò Divaahr e con
forza ruotò il corpo per conferire impeto al colpo di scudo diretto al suo
avversario. Il tonfo fece vibrare il metallo ma si bloccò a metà del movimento
a causa della lama candida che le impedì di portare a termine la sua mossa. Una
fanciulla la fissava con i due occhi privi d’espressione. Erano tetri al pari di una
notte senza stelle e circondati da profonde occhiaie risaltate dal pallore
innaturale della pelle. Fu come guardarsi in uno specchio per la guerriera, sebbene
i capelli dell’avversaria fossero completamente bianchi e lunghi abbastanza da ricoprirle la schiena e buona parte delle gambe. Alcune ciocche argentee si mossero danzando nel
vento. Indossava una veste di seta candida a tratti trasparente e impugnava una
lama d’argento lunare intrisa di sangue, il suo sangue. <<Boo>> la schernì la fanciulla. Xera sospinse lo
scudo con veemenza tale da costringere la ragazza a indietreggiare,
conquistando una discreta distanza che le consentì di osservarla da capo a
piedi. <<Chi diamine sei?>>
proferì terrorizzata. La fanciulla allora si voltò quel tanto che bastava per
ostentare la spalla destra, <<Io ti
mostro il mio, se tu mi mostri il tuo>>, sollevò la spada canuta, la
fece scorrere sulla pelle e con il filo della lama innalzò i lunghi capelli,
esibendo così un vistoso sigillo che fece trasalire la guerriera. Xera sbarrò
gli occhi dal terrore poi, in risposta al gesto della sua avversaria, portò
la mano sulla spalla da cui strappò le bende utilizzate per nascondere il marchio.
Senza ombra di dubbio era il medesimo. <<Forza … chiedimi di nuovo “chi sono”>> disse la fanciulla,
<<Chi sei?>> biascicò la
giovane leva con lo sguardo perso, <<Io
sono Xera, ora però fammi il favore di morire!>>.
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