Il volto di una donna apparve prepotentemente in tutte
le sue visioni. Sebbene non fosse in grado di metterla a fuoco, riuscì a
farsene un'idea sempre più definita man mano che quelle immagini si susseguirono.
Sofferenza, dolore e paura inondarono il suo cuore, sentimenti che però non
le appartenevano ma che fu costretta a provare suo malgrado. Una fitta pungente
alla base del collo svegliò il suo corpo dal torpore nel quale era restato per
ben tre giorni, benché la sua mente fosse ancora prigioniera di quelle visioni.
Qualcosa di caldo e umido scivolò sulle spalle e quell'odore acre e ferroso che
le inondò le narici, confermò le sue supposizioni: sangue. Istintivamente
iniziò a cercare la ferita ma presto si rese conto che i suoi movimenti erano
lenti e contrastati da una forza che inibiva le sue reazioni. Fu per lei come
essere sott'acqua, pur tuttavia preservando la capacità di respirare. Quando Xera alzò lo sguardo per scrutare la situazione, vide una scena che la fece
trasalire. Il corpo decapitato di una giovane donna giaceva ai suoi piedi,
macchiandole i calzari con il suo stesso sangue. E non era tutto.
La testa, non
molto distante dal corpo, aveva qualcosa di diverso e terribilmente familiare. I
sinuosi capelli corvini incollati al volto smarrito, gli occhi sbarrati dalla
paura e le labbra contratte in una smorfia di dolore, appartenevano alla sua
migliore amica. Elesya, la ragazza con cui aveva trascorso lunghi mesi sull'isola di Horsia, era riversa al suolo priva di vita. Quella visione fu per Xera
insopportabile e mentre le lacrime incominciarono a bagnarle il viso, si ritrovò in
ginocchio con la testa tra le mani implorando di svegliarsi.
<<Ben
fatto!>> le disse una voce che la scosse <<Adesso portami la sua testa>> ordinò con tono freddo e
distaccato. Xera girò il collo a destra e a sinistra ma non vide nessuno.
<<Chi sei e che cosa hai fatto alla
mia amica!>> urlò a squarciagola. Una risata agghiacciante fece
vibrare ogni parte del suo corpo <<Che
cosa ho fatto “io”? Il merito è tutto tuo, proprio quello che mi aspettavo da
un mio subordinato>>. Xera, impietrita dal terrore, negò con forza le
insinuazioni che quella voce continuò a ripeterle <<Non sono un’assassina>> riuscì
soltanto a rispondere, fino a quando ogni suono si placò e le tenebre
iniziarono ad avanzare inghiottendo ogni cosa.
<<Guarda le tue mani; osserva il sangue della tua amica tingere ancora le
tue unghie e smettila di negare quanto hai appena fatto>> replicò con angosciante calma. Xera abbassò lo sguardo e pian piano
il cuore cominciò a martellarle il petto sempre più in fretta. Il sudore freddo
le imperlò la fronte e qualche gocciolina andò a cadere proprio sull’arma di
metallo scuro che stringeva tra le mani. La falce era intrisa del
liquido amaranto che le macchiava anche le nocche. Le forti martellate
cardiache si fermarono di colpo e si fecero sempre più lente fino quasi a
sparire. Neanche un fiato fuoriusciva dalla sua bocca, come fosse stata
tramutata in pietra in un istante. <<Non
è vero>> si ripeté prima una, poi due e infine centinaia di volte, ma
la voce tornò e con sicurezza asserì <<Tu mi appartieni!>>.
<<SVEGLIATI>>
qualcuno continuava a urlare nelle sue orecchie e il rumore divenne man mano
sempre più forte e doloroso. A differenza della prima, quella voce era
rassicurante sebbene il tono usato trasudasse angoscia e paura. <<SVEGLIATI XERA!>> disse ancora
scuotendola con insistenza ma solo il pungente dolore sulla guancia la riportò
in sé. Madame Taròt si massaggiò il palmo fissandola a lungo e allo stesso modo,
i suoi due amici non le scollarono gli occhi di dosso. Ci vollero diversi
minuti prima che la guerriera tornasse lucida e nel momento in cui finalmente prese a
parlare, descrisse le sue visioni occultando però tutto ciò che riguardava Elesya
o la voce misteriosa. Temeva, infatti, che parlarne sarebbe stato come dare credito a
quelle menzogne. Inoltre, non avrebbe mai voluto che i suoi amici la
considerassero un mostro, proprio ora che aveva deciso di riguadagnare il loro affetto.
Elesya le confessò che quelle immagini erano simili all’incubo che da giorni la
perseguitava, pur tuttavia aggiungendo che il finale per lei era assai
differente, poiché i suoi sogni terminavano con la morte.
Xera trasalì nell’udire
quelle parole e l’immagine della falce tra le sue mani, le tornò alla mente.
Soltanto la Paramal riuscì a ricacciare quei pensieri, interrompendo
bruscamente la loro conversazione. <<È
chiaro che qualcuno ha intenzione di mandarvi un messaggio e non mi stupirei se
fosse l’artefatto stesso>> spiegò. <<Per il futuro sarebbe meglio che i due marchi non interferissero tra
loro>> aggiunse <<La loro
essenza è completamente diversa e se non controllata, potrebbe provocare l’inevitabile>>,
<<State forse dicendo che …?>> domandò il Novizio, ma la donna
gli impedì di finire la frase. <<Certe
cose è meglio non pronunciarle. La vostra amica dovrebbe essere segnalata al Concilio,
questa è la procedura!>> ribadì, <<Ma scommetto che ci ha già pensato quel ficcanaso di Murdar. Non devo
certo spiegarvelo io, che i marchi delle divinità sono pur sempre delle
maledizioni assolutamente proibite>>. Reilhan scattò in piedi furente
<<Il saggio non lo farebbe mai e ci
ha anche consigliato di tenerlo segreto>> affermò stringendo i pugni.
<<Ah davvero? E dov’era quando la
vostra amica è stata marchiata? Dov'era quando ti ha quasi squarciato il petto?
E perché avrebbe Convocato il Concilio proprio su quest’isola?>>.
Il
curatore avrebbe voluto rispondere a tono, ma la rabbia gli inibì la ragione.
Sin da quando era approdato a Horsia, l’anziano mentore si era dimostrato
sempre gentile e premuroso al pari di un padre e ascoltare simili parole, fu per lui inaccettabile. Inaspettatamente intervenne Elesya
<<Come fate a sapere della ferita
di Rei?>>. Il Novizio fissò la compagna con sguardo incredulo e
subito dopo riposò gli occhi sulla bizzarra donna che sembrò essere stata colta
in fallo. <<Sono una Paramal, io so
sempre tutto!>> si giustificò tornando a respirare. Reilhan però non
si lasciò convincere. <<All’epoca
non ci conoscevi, che interesse dunque avevi nell’osservarci? O forse vuoi
dirmi che ti piace spiare tutte le leve dell’isola?>>. Madame Taròt
divenne paonazza dalla rabbia ma respirando profondamente, si tranquillizzò. La
sua risata fragorosa si diffuse in tutta la dimora e raggiunto il bancone, si
sedette trangugiando la pestilenziale soluzione contenuta nella boccetta.
<<Siete dei bambini troppo
irrequieti!>> affermò tra un sorso e l’altro. <<Sarebbe meglio per voi stare fuori dai miei
affari>>. Elesya si strinse nelle spalle poiché intimorita dalla
veggente, mentre Reilhan invece, preferì insistere <<Murdar potrebbe pensarla diversamente!>> la minacciò, ma la
donna parve stranamente tranquilla, nonostante il tremore del labbro superiore
tradisse i suoi veri sentimenti. <<Ammesso
che prima il Concilio non venga a sapere della tua guerriera>>
annunciò glaciale <<O che io non ti
chiuda la bocca>> e dalla tasca tirò fuori un feticcio malconcio con
un capello vermiglio avvolto intorno al collo.
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