Reilhan diede una
rapida occhiata al giardino ma non riuscì a scorgere nessuno, sebbene la
melodia continuasse a pervadere quel luogo. Xera era ancora addormentata mentre
Elesya, poco distante da lui, si preoccupava di rassicurare la bambina.
<<Chi pensi possa essere?>>
domandò la ragazza bisbigliando ma Reilhan non rispose subito. <<Temo altre guardie. Non avrebbe senso
sorvegliare un solo ingresso del giardino>> disse alcuni minuti più tardi. Il Novizio pose un dito sulle labbra e consigliò all’amica di restare in silenzio, poi
lentamente ripresero a camminare puntando verso l’uscita. L’ingresso divenne
sempre più nitido, al punto che era possibile persino scorgere la dimora del
saggio. Nel momento in cui però, si ritrovarono a pochi passi dalla meta, la
melodia si fece più incalzante. E non solo. L’intensità con la quale era
eseguita si fece man mano più forte, fino a quando i due ragazzi non furono
costretti a pararsi le orecchie. Xera si destò quasi subito. Senza perdere tempo
iniziò a frugare nella bisaccia e smise soltanto dopo aver afferrato i tappi di
cera già utilizzati in passato. Con le orecchie al sicuro, fu in grado di
aiutare i suoi compagni che adottarono la stessa tattica della guerriera. Al
contrario delle tre leve, la bambina non aveva subito alcun danno, suscitando non poche preoccupazioni da parte del Novizio.
<<State tutti bene?>> domandò Xera
<<Sì! Quella musica mi ha distrutto i timpani>> rispose Reilhan massaggiandosi le orecchie.
<<Che maleducati!>> una
voce fuori campo li fece trasalire.
<<Era una melodia così bella!>> aggiunse
una seconda voce. Due ragazzi si fecero largo tra la fitta vegetazione del
giardino. Erano più giovani, a differenza delle guardie incontrate in precedenza. Sarebbero potute essere delle giovani leve, se avessero preso parte
alla competizione. Gli abiti stravaganti indussero il Novizio a pensare che i
due ragazzi provenissero da terre lontane, il che lo rese ancora più guardingo.
La prima guardia era molto alta, tant’è che per passare tra i rami si era piegato più volte. Indossava un completo dai colori sgargianti con un cappello sul capo,
adornato da una lunga piuma azzurra. Tra le mani imbracciava una specie di
liuto di legno e argento, che per tutto il tempo non aveva smesso di suonare.
Era alto a tal punto da non riuscire a indossare i suoi pantaloni.
Non a caso si fermavano sui polpacci, lasciando intravedere una larga porzione
di caviglia che smontava l’eleganza della tenuta. Il suo viso era lungo e
caratterizzato da una folta barbetta scura che gli nascondeva i tratti somatici
quasi fosse una benda. Anche gli occhi erano protetti da un'appariscente paio di
occhiali scuri, che in un ambiente così tetro avrebbero reso arduo qualsiasi
spostamento.